ST/LL Shiro Takatani è considerato
uno dei video-artisti più visionari del panorama mondiale. Così descrive nel
programma di sala il suo lavoro andato in scena al Teatro Politeama: «Come
Spinoza lucidava una lente per vedere meglio il mondo, così oggi le nuove
tecnologie ci permettono di catturare ogni più breve momento e di osservare
ogni più piccolo dettaglio». Lo spettacolo si pone lobiettivo di rompere la
«pigrizia dellocchio» attraverso stimoli visivi che sfalsano la percezione del
pubblico in sala; protagonista della scena, quindi, è «la sorpresa dello
sguardo» provocata dalle gigantesche proiezioni video che in qualche modo alterano
la realtà.
Un momento dello spettacolo © Yoshikazu Ionoue In
scena una lunga tavola apparecchiata, oggetti immobili ripresi da una
telecamera che ripropone su uno schermo-specchio ogni singolo elemento,
procedendo da una estremità allaltra della stessa tavola. Il tempo è scandito
in modo ossessivo, mentre rumori delicati e ripetuti accompagnano i gesti
stereotipati degli artisti sul palco (Yuko
Hirai, Mayu Tsuruta, Misako Yabuuchi, Olivier Balzarini). Ben presto il grande schermo proietta i loro
corpi in movimento come in un triplice gioco di specchi dove anche lacqua, che
copre tutto il palcoscenico e bagna i piedi dei danzatori, recita la sua parte
in un panta rei eracliteo.
Improvvisamente la percezione visiva muta, ogni cosa o persona appaiono sospese
in aria, in un tempo che non è più e non è ancora. Con
questo spettacolo Takatani indaga le possibili declinazioni del concetto
espresso dal termine inglese still
(silenzioso, immobile, ancóra), dando origine a un poema visivo in cui
limmobilità e la leggerezza sono sovrane. Lo zoom della telecamera mette in
evidenza ogni particolare del quadro scenico, ma al movimento lento dei corpi
intrappolati in spazi circoscritti si alternano rumori forti e stridenti, a cui
segue, ogni volta, il suono pacato e armonioso dellacqua che scorre. Una
sorta di riscoperta dellessenza della natura e della sua dimensione
spazio-temporale fa da contraltare alle ombre proiettate sul telo in fondo alla
scena, immagini replicate e danzanti degli interpreti sul palco, sintesi di
realtà, immaginazione e art media.
La danse des amants La sera del solstizio destate tutti gli abitanti di Mirnastorno, paesino di provincia di cui non cè traccia sulle carte geografiche, si riuniscono per la grande festa. È lunico momento dellanno in cui tutto è concesso, in cui la quotidianità dei giorni sempre uguali viene interrotta dalleuforia dei giovani che, finalmente, possono lasciarsi andare alle danze e ai corteggiamenti.
Un momento dello spettacolo © Salvatore Pastore «Lamore in tutte le sue forme, diviene catalizzatore del bene così come del male» – afferma la regista Sara Sole Notarbartolo – perché sotto le sembianze dellamore tutte le emozioni e i sentimenti possono essere finalmente espressi. Ma latmosfera è tesa. Esistono rancori segreti, pensieri repressi, verità mai svelate ma che tutti sanno. È la regola dei piccoli paesi: tenere la bocca chiusa e sperare che gli equilibri, seppur precari, non si spezzino. Il ritorno improvviso di Amilcare sembra rompere questo stato di pace apparente. Rita, la moglie, rimasta per lungo tempo sola, si è consolata con Tony. Gli animi si scaldano in una escalation di esasperazione collettiva, la festa si trasforma in unoccasione unica e irripetibile per poter dare sfogo allinsoddisfazione di ognuno e svelare che tutte le coppie, in fondo, vivono rapporti consumati dal tempo e dalla noia, in unangosciante abitudine.
Un momento dello spettacolo © Salvatore Pastore Lo spettacolo di Notarbartolo, in scena nella suggestiva cornice della Villa Pignatelli, è frutto di un lavoro di improvvisazione attoriale. Esso appare ancora incompleto. Il testo non presenta una drammaturgia consistente, né una costruzione accurata dei personaggi; il pubblico entra solo per brevi istanti nelle loro vite, ne assaggia il dolore, ne percepisce la frustrazione, comprende linutile disperato tentativo di cambiamento. La separazione della quarta parete, seppur in un luogo aperto come la villa, rimane costante, tanto che lidea di richiamare gli spettatori a ballare, mangiare e bere alla fine della rappresentazione, come in un continuum di festa-spettacolo, risulta forzata.
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