Per
la sua universalità la tragedia euripidea si presta ancora oggi a nuove traduzioni
e versioni teatrali e attira lattenzione di registi fra i più innovatori del
panorama italiano. Ricordiamo lAlcesti
di Massimiliano
Civica, andato in scena a settembre-ottobre 2014 nellex Carcere delle
Murate di Firenze (Premio Ubu 2015 per la migliore regia), e quello di Cesare Lievi, che ha debuttato il 14
maggio 2016 in occasione del 52° Ciclo di rappresentazioni classiche al Teatro
Greco di Siracusa.
Il
nuovo spettacolo (direzione drammaturgica di Elisabetta Matelli, regia di Christian
Poggioni), rappresentato il 24 maggio al Teatro alle Colonne di Milano,
conferma la qualità del lavoro di traduzione e riflessione sul testo di
Euripide condotto dal Corso di Alta Formazione Teatro Antico in Scena
dellUniversità Cattolica di Milano.
Un momento dello spettacolo
© Mario Mainino
Alcesti fu recitato
alle Grandi Dionisie di Atene nel 438 a.C. nellambito di una tetralogia che
comprendeva Le Cretesi, Alcmeone a Psofide, Telefo. Ultima in tale sequenza, Alcesti occupava il posto in genere riservato al dramma satiresco e
nella tragedia euripidea si rintracciano spunti comici quali la figura di
Eracle simposiasta, lo scontro generazionale tra il figlio Admeto e il padre
Ferete (tipico della commedia) e soprattutto il lieto fine. La questione dello
statuto drammatico di Alcesti è
aperta: drammaturgia tragicomica o prosatirica o, invece, τραγωδία sulla linea
delle tragedie a lieto fine dellultimo Euripide?
Nello
spettacolo di Christian Poggioni è soprattutto lelemento tragico che emerge
con forza. Nella dimensione verbale e visiva vengono evocati in scena i segni
tradizionali del lutto: i capelli tagliati, le vesti nere, le lacrime copiose,
le mani delle donne che si percuotono i petti, i lamenti. Sono ripercorse in
modo solenne le diverse operazioni rituali: la preparazione della salma, il
compianto, il trasporto nel luogo di sepoltura, lallestimento della tomba.
La
componente tragica è legata soprattutto ad Alcesti (Federica Gurrieri), che trascina nella disperazione il marito
Admeto (Vito Marco Sisto) e i
personaggi a lei affettivamente legati quali la Nutrice (Federica Scazzarriello) e il figlio Eumelo (Vincenzo Politano), nonché al Coro che constata più volte: «La
morte è un debito che tutti dobbiamo pagare». Alcesti muore in scena, secondo
un espediente drammaturgico inusuale nel teatro greco (solo nellIppolito è praticata la stessa soluzione).
Un momento dello spettacolo
© Mario Mainino
È
soprattutto laspetto emotivo del lutto che viene espresso in palcoscenico
nelle sue molteplici componenti: il dolore della perdita, il senso di
solitudine e di abbandono, lincapacità di continuare a vivere, la rabbia, le
vane parole consolanti. Il coro, composto da nove elementi, esprime in modo
coinvolgente le tante sfumature del dolore. Gli attori indossano abiti grigi e
trucco nero che evidenzia gli occhi piangenti. Nel momento della prothesis (esposizione della salma) si
coprono con una veste nera. Struggenti le musiche dal vivo di Adriano Sangineto. È il momento massimo
del pathos che suscita éleos (pietà) nel pubblico, in assoluto
silenzio.
Il
tono cambia repentinamente con larrivo festoso di Eracle (Davide Salvucci), riconoscibile dalla leontè, che entrando in scena dalla platea canta Chi vuol esser lieto, sia, di doman non vè
certezza. La scelta della canzone del Magnifico, piegata ai topoi della produzione letteraria greca
dambito simposiale, esprime lesuberanza di Eracle in netto contrasto con
latmosfera luttuosa. Eracle, ingannato dalle parole reticenti di Admeto,
accoglie con entusiasmo lospitalità e la mensa imbandita, assumendo le vesti
comico-satiresche del simposiasta. Salvucci è convincente sia nellutilizzo
della voce che nella gestualità enfatica, e strappa la risata.
Segue
la rhesis del servo (Matteo Magatti) che in modo contrariato
riferisce il comportamento inopportuno di Eracle ubriaco. La rhesis “leggera” del servo si
contrappone a quella “seria” della nutrice di Alcesti (Federica Scazzarriello
in un brano di straordinaria bravura), la quale allinizio della tragedia racconta
in modo simpatetico il comportamento eroico della sua padrona e la sua sofferenza.
Notevole labilità degli attori che interpretano ruoli secondari (Apollo e
Thanatos duellanti nel prologo; il padre Ferete che rivendica il senso della
vita anche in età matura).
Un momento dello spettacolo
© Mario Mainino
Nel
dialogo in cui il servo svela ad Eracle lidentità della defunta, si
contrappongono non solo nei toni ma anche nei costumi (a lutto quello del
servo, da simposiasta con la corona di fiori sul capo quello delleroe) il
genere tragico e il genere satiresco. «In sostanza il Servo sta dicendo a
Eracle: “Qui non stiamo recitando un dramma satiresco, in cui si ride e si fa
baldoria: hai sbagliato genere”» (M.P. Pattoni, Dakruoen ghelasai. Sorridere
tra le lacrime nellAlcesti di Euripide, in P. Mureddu-G. Nieddu, Comicità e riso tra Aristofane e Menandro,
Amsterdam, Adolph Hakkert, 2006, p. 206).
Il
finale della tragedia euripidea, con il ritorno di Alcesti dal regno dellAde
grazie allintervento di Eracle, offre allo spettatore sia il sollievo del
lieto fine che lingenerarsi del dubbio. Alcesti tace fino alla fine del dramma
e sembra ad Admeto un phasma (v.
1127). Si tratta della moglie in carne e ossa oppure di unillusione o di un
fantasma? Una conclusione enigmatica che è stata interpretata in modo diverso
dai registi moderni (si veda M. Giovannelli, Tutto è male quel che finisce bene: il finale di Alcesti sulla scena
italiana contemporanea, in «Stratagemmi. Prospettive teatrali», 2015, 32,
pp. 45-58). Nel finale dello spettacolo di Poggioni la ritrovata unione dei due
coniugi è suggellata prima dal rito di purificazione, poi dallevocazione di un
secondo “rito nuziale” in cui Alcesti indossa un velo bianco da sposa.
Originale la scelta registica di far tornare la protagonista dal regno dellAde
a capo scoperto. Admeto, non guardandola, inizialmente non la riconosce. Dopo
lagnizione e il ricongiungimento col marito, la donna si vela. Nellultima
scena leroina velata e il marito Admeto, tenendosi per mano, si dirigono verso
una nuova vita matrimoniale.
I
colori dei costumi, limitati al nero e al grigio (morte), al bianco della veste
di Alcesti (amore), allarancione di Eracle (vita),
evocano i grandi misteri dellesistenza umana. La tragedia euripidea ancora una
volta non offre risposte ma focalizza il dubbio.
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