, motivato anche dalla collaborazione
stretta fra il musicista e attore genovese
e la
Fondazione Stravinskij di Ginevra, il Teatro Carlo Felice di Genova
ha offerto un programma in due parti sul grande compositore russo.
Significative partiture
cameristiche hanno preparato gli spettatori a unoriginale,
appassionata e travolgente versione dellHistoire du soldat
(1918). In apertura, lesecuzione dellOttetto (1922-1923)
mostra un complesso strumentale di virtuosi, condotti da René
Bosc (responsabile della Sezione Nuova Musica presso Radio
France) con sensibilità estetica e adesione fisiologica ai tre
movimenti costitutivi: in forma di sintetica Sonata, il primo
(Lento/Allegro moderato); un Andantino con variazioni (il secondo)
mosso da alternanze cattivanti e netti contrasti; e un Finale, il cui
“tempo giusto” sta nellequilibrio della giocosa tessitura
polifonica bachiana.
I Tre pezzi per
clarinetto (1919) trovano in Valeria Serangeli dolcezza e
raffinatezza di fiati, in echi di jazzistici fraseggi. Il suo
linguaggio corporeo arricchisce unespressione musicale di
nitidezza singolare. Segue al preludio pertinente, la strana,
affascinante invenzione dellHistoire, opera da camera o
piccola forma di teatro in musica, di ardua collocazione (forse
melologo o Kammerspiele), comunque capolavoro despressione
musicale e teatrale del Novecento.
Un momento dello spettacolo
© Marcello Orselli
Non ci si stanca di
riascoltare e rivedere la storia del soldato Giuseppe, che
partito in licenza per tornare al suo villaggio dalla madre e dalla
fidanzata, viene sviato e irretito dal Diavolo, in peripezie
fiabesche, secondo unamara apologia della supremazia del Destino,
vincente sulla volontà e le aspirazioni umane. Disposizioni che
nelledizione originale erano messi alla prova nel confronto con la
Guerra mondiale.
Dopo diversi pregevoli
precedenti (anche unedizione in cd: Amadeus, AMJ 005-2, 2005),
Maio ripropone un evento di Teatro Totale, in cui la creatività
compositiva di Stravinskij e la poesia drammatica di Charles
Ferdinand Ramuz sono attraversate da uneclettica, travolgente
energia espressiva. Il «musicattore» (così si autodefinisce Maio)
si rende convincente interprete unico di tutti i personaggi:
Narratore, Soldato, Diavolo, Vecchia mercante (e ruffiana),
Principessa e le tante comparse della pièce popolare e raffinata.
Economia estremamente funzionale, eppure aderente allo spirito
dellimpresa originale, creata a Losanna nel settembre del 1918 e
subito sospesa.
Un momento dello spettacolo
© Marcello Orselli
Come drammaturgo, Maio
incarna inoltre la prospettiva del Doppio, riassunta nella coppia
Faust/Mefistofele: sarà infatti sia Faust (Soldato, in cappotto
verde) sia Mefistofele (quando il pastrano aperto mostra la veste
rossa). Musicalmente, sottolinea lelemento ritmico (caratterizzato
in riconoscibile rap), col quale viene connotato il
protagonista diabolico nella sua azione foriera dinganno e di
lutto.
Fedele allidea
genetica degli autori, Maio rivive la favola concepita per essere
«parlée, jouée, dansée». Richiama fonti, strutture e scopi
dellopera (nata per auspicate rappresentazioni itineranti in
Svizzera) seguendo il progetto drammaturgico iniziale (Ed. Ramuz,
Lausanne, 1920). Fusa la recitazione (nella sua traduzione italiana,
in versi percussivi in rima) con le consonanze e i contrasti della
partitura, per organico ridotto (clarinetto, fagotto, tromba,
trombone, violino, contrabbasso e percussioni), ne fa scaturire una
narrazione continua, in cui le arie, le suites, le marce e gli
intermezzi costituiscono ununità compatta e drammaticamente
avvincente. È un flusso di riflessioni elementari e profonde
sullesistenza, in registri dalla comicità stridente, resa
favolistica o espressionista dallintonazione vocale, dal dettaglio
visivo accentuato. Così sgorga lamarezza profonda dellapologo,
in cui la cessione del violino (lanima) in cambio del libro, che
promette preveggenza e ricchezza, non sopisce il bisogno di libertà
e damore.
Un momento dello spettacolo
© Marcello Orselli
Leffetto è di
straordinaria concordanza fra le voci dei personaggi e i suoni degli
strumenti, a volte emergenti quali altrettanti personaggi,
individuali testimonianze in un coro. Così il violino di Elisabetta
Garetti e le percussioni di Lorenzo Malacrida, in
particolare, dialogano coi protagonisti.
Fra i momenti di maggiore
godimento visivo, oltre che uditivo, i duelli metamorfici e verbali
fra il Diavolo e il Soldato; la danza con la Principessa, raffigurata
da un manichino che fa coppia deliziosamente patetica col povero
soldato ballerino. Con anacronismo dattualità il Diavolo infine
vincitore abbatte a colpi di pistola tutti gli orchestrali.
Il direttore partecipa
con tensione ritmica danzante allintera prestazione, nel compitare
con esattezza ginevrina incastri di ritmi eterogenei, impasti
timbrici imprevedibili. Con una misura in complesso rigorosa e agile,
che il pubblico, soprattutto giovanile, ha dimostrato di apprezzare e
di gustare con gioia.
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