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Lettera da Londra

di Michele Manzotti
  Lettera da Londra
Data di pubblicazione su web 11/01/2016  

Van Morrison & Tom Jones alla O2 Arena

Tom Jones ha settantacinque anni. Ma ha una voce che molti giovani colleghi vorrebbero possedere. Van Morrison ne ha cinque di meno. Anche la sua voce sa interpretare il soul come pochi, specialmente tra i cantanti di pelle bianca. Insieme fanno quasi un secolo e mezzo di storia della musica.

Una storia che continua per entrambi. Lo sapevano bene gli organizzatori del Prudential BluesFest di Londra che dalla Royal Albert Hall hanno deciso di spostare la rassegna nella O2 Arena, con una capienza di quattordicimila spettatori. Scommessa vinta facilmente, dato che gli altri appuntamenti (Dave Matthews Band, Derek Trucks & Susan Tedeschi, Jamie Cullum) non potevano avere lo stesso appeal.

Ad aprire la serata è stato Van Morrison che ha presentato un repertorio da club, basato su un jazz blues raffinato e mai sopra le righe. La voce, alternata a sax, chitarra e armonica, ha regalato perle come Close Enough For Jazz, Days Like This, I Can’t Stop Loving You e i classici del blues Sometimes I Feel Like A Motherless Child e Baby, Please Don’t Go.

Molto più estroverso e “animale da palco” si dimostra Tom Jones con un set in cui dominano i pezzi del suo nuovo album Long Lost Suitcase dedicato a brani country e blues: quindi ’Til My Back Ain’t Got No Bone, Tomorrow Night, Bring It On Home, Take My Love, Elvis Presley Blues di Gillian Welch, oltre a Run On (che Jones ha detto essere amata da Elvis Presley) e Didn’t It Rain. E poi i suoi cavalli di battaglia come Sex Bomb in versione swing e It’s Not Unusual. E ancora i duetti: tre canzoni dopo il set di Morrison e quattro dopo quello di Jones. Delle prime citiamo Sticks And Stones di Ray Charles, delle altre una splendida versione di Goodnight Irene di Leadbelly e una commovente Sometimes We Cry di Morrison stesso. In sostanza due modi diversi di conquistare il pubblico che si sono uniti nel segno del blues.


“The Joy of Living” al Barbican

“La prima volta che ho visto il tuo viso” (The First Time Ever I Saw Your Face) è un brano portato al successo tanti anni fa da Roberta Flack, ma poi ripreso da altri musicisti quali Celine Dion e Johnny Cash. Lo aveva scritto nel 1957 il cantautore gallese Ewan MacColl dedicandolo all’allora giovane moglie Peggy Seeger. È stata proprio quest’ultima, splendida ottantenne, a interpretare il  pezzo sul palco del Barbican di Londra.

L’occasione era una serata tributo a MacColl dal titolo Blood and Roses (“sangue e rose”) a simboleggiare l’interesse del musicista – era anche ricercatore di musica popolare e attivista politico – per argomenti sociali e di soggetto amoroso. I figli Calum e Neill MacColl hanno organizzato questo tributo anche in occasione dell’uscita dell’album Joy of Living, antologia di brani del padre interpretati da vari musicisti. A partecipare a questa festa musicale esponenti del folk britannico quali Martin & Eliza Carthy, The Unthanks, Seth Lakeman, Ben Nichols, Chaim Tannenbaum, Damien Dempsey.

Una serata durata oltre due ore durante le quali tutti gli ospiti si sono succeduti sulla scena chiamando sul palcoscenico l’artista successivo in un clima quasi familiare. Un’occasione per ascoltare le doti di violinisti e cantanti quali Eliza Carthy (Space GirlThe Fitter’s Song) e Seth Lakeman (The Shoals of Herring, The Death of A Nobody), la classe immensa di Martin Carthy (Champion At Keeping ‘Em Rolling), le voci di Rachel e Becky Unthanks (Cannily CannilyTerror Time), il lavoro dei fratelli MacColl. A questi ultimi è stata affidata anche la guida della parte finale di primo e secondo set, rispettivamente con i canti dei marinai (Sea Shanties) e con Joy of Living con una musica ispirata a una villanella napoletana (Madonna tu mi fai). I bis conclusi con Manchester Rambler hanno sancito il clima festivo di un omaggio molto apprezzato dal pubblico.



Lettera da Londra


cast cast & credits
 
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The Joy of Living
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