Van Morrison & Tom Jones alla O2 Arena
Tom Jones ha settantacinque anni. Ma ha una voce che molti giovani
colleghi vorrebbero possedere. Van
Morrison ne ha cinque di meno. Anche la sua voce sa interpretare il soul come pochi, specialmente tra i
cantanti di pelle bianca. Insieme fanno quasi un secolo e mezzo di storia della
musica.
Una storia che continua per
entrambi. Lo sapevano bene gli organizzatori del Prudential BluesFest di Londra
che dalla Royal Albert Hall hanno deciso di spostare la rassegna nella O2 Arena, con una capienza di quattordicimila
spettatori. Scommessa vinta facilmente, dato che gli altri appuntamenti (Dave Matthews Band, Derek Trucks & Susan Tedeschi, Jamie Cullum) non potevano avere lo
stesso appeal.
Ad aprire la serata è stato Van
Morrison che ha presentato un repertorio da club, basato su un jazz blues
raffinato e mai sopra le righe. La
voce, alternata a sax, chitarra e armonica, ha regalato perle come Close Enough
For Jazz, Days Like This, I Cant Stop Loving You e i
classici del blues Sometimes I Feel Like A Motherless Child e Baby, Please Dont Go.
Molto più estroverso e “animale da palco” si
dimostra Tom Jones con un set in cui dominano i pezzi del suo nuovo album Long
Lost Suitcase dedicato a brani country e blues: quindi Til My Back
Aint Got No Bone, Tomorrow Night, Bring It On Home, Take
My Love, Elvis Presley Blues di Gillian
Welch, oltre a Run On (che
Jones ha detto essere amata da Elvis
Presley) e Didnt It Rain. E poi i suoi cavalli di battaglia
come Sex Bomb in versione swing e Its Not Unusual. E ancora i
duetti: tre canzoni dopo il set di Morrison e quattro dopo quello di Jones.
Delle prime citiamo Sticks And Stones di Ray Charles, delle altre una splendida versione di Goodnight Irene
di Leadbelly e una commovente Sometimes
We Cry di Morrison stesso. In sostanza due modi diversi di conquistare il
pubblico che si sono uniti nel segno del blues.
“The Joy of Living” al
Barbican
“La prima volta che ho visto il
tuo viso” (The First Time Ever I Saw Your Face) è un brano portato al successo tanti anni fa da Roberta Flack, ma poi ripreso da altri
musicisti quali Celine Dion e Johnny Cash. Lo aveva scritto nel 1957
il cantautore gallese Ewan MacColl
dedicandolo allallora giovane moglie Peggy
Seeger. È stata proprio questultima, splendida ottantenne, a interpretare il
pezzo sul palco del Barbican di Londra.
Loccasione era una serata
tributo a MacColl dal titolo Blood and Roses (“sangue e rose”) a
simboleggiare linteresse del musicista – era anche ricercatore di musica
popolare e attivista politico – per argomenti sociali e di soggetto amoroso. I
figli Calum e Neill MacColl hanno organizzato questo tributo anche in occasione
delluscita dellalbum Joy of Living, antologia di brani del padre
interpretati da vari musicisti. A partecipare a questa festa musicale esponenti
del folk britannico quali Martin &
Eliza Carthy, The Unthanks, Seth Lakeman, Ben Nichols, Chaim Tannenbaum,
Damien Dempsey.
Una
serata durata oltre due ore durante le quali tutti gli ospiti si
sono succeduti sulla scena chiamando sul palcoscenico lartista
successivo in un clima quasi familiare. Unoccasione per ascoltare le doti di
violinisti e cantanti quali Eliza Carthy (Space Girl, The Fitters Song) e Seth Lakeman (The Shoals of Herring, The Death of A Nobody), la
classe immensa di Martin Carthy (Champion At Keeping ‘Em Rolling), le voci di Rachel e Becky Unthanks (Cannily Cannily, Terror Time), il lavoro dei fratelli MacColl. A questi ultimi
è stata affidata anche la guida della parte finale di primo e secondo
set, rispettivamente con i canti dei marinai (Sea Shanties) e con Joy of Living con
una musica ispirata a una villanella napoletana (Madonna tu mi fai). I bis conclusi con Manchester Rambler hanno sancito il clima
festivo di un omaggio molto apprezzato dal pubblico.
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