Allinizio del
suo ultimo spettacolo, intitolato Numero
Primo. Studio per un nuovo Album, Marco
Paolini mostra una voce ferma e uno sguardo accorto. Il luogo prescelto per
lesordio veneziano di un racconto ancora “rozzo” è il Teatro Busan di Mogliano
Veneto, una cittadina che si trova sul confine tra Mestre e Treviso, la cui
stagione, curata dal regista Giuseppe
Emiliani, offre al pubblico un interessante cartellone di preziose novità,
sostenuto esclusivamente dalla contribuzione privata.
Lavvio di Paolini si svolge lungo le tracce
della memoria, recuperando il personaggio di Nicola, il protagonista degli Album storici, che hanno costituito una
vera e propria “biografia collettiva” dellItalia degli ultimi trentanni. La
pista è segnata, dunque, dalle indimenticabili cronache di Adriatico, Tiri in porta,
Liberi tutti, Aprile 74 e 5, Stazioni di
transito, Miserabili,
rappresentazioni realizzate tra il 1987 e il 2003. Nicola è stato lattento
testimone delle trasformazioni del mondo contadino e dellarea del nord-est,
dapprima sotto la spinta attrattiva della civiltà del benessere e poi entro la
voragine del degrado morale e dello scempio territoriale. Pertanto, non
meraviglia il fatto che le sue considerazioni subiscano un decisivo cambio di
ottica generazionale. In mezzo ai boschi alpini, in quei luoghi che rimangono
ancora unoasi incontaminata della purezza naturale, un bambino, giudicato
dagli altri eccentrico e stravagante, affronta le prove della vita facendosi
guidare da una sorta di candore “scientifico”. È attratto, ad esempio, dal
fuoco e dal suo potere distruttivo; eppure non esita a sdraiarsi immobile sopra
un immenso formicaio per impedire ai suoi coetanei di bruciarlo. È a questo
punto che sintravede già la scelta tematica di Paolini, nel momento stesso in
cui il genitore angosciato corre nel buio tra gli alberi in cerca della propria
creatura; e quando la ritrova, scopre lintensità dellamore, nonostante i
comportamenti del figlio siano dettati da una logica anomala, che coniuga
slancio esistenziale e curiosità sperimentale.
Un momento dello spettacolo © Roberto Serena Una volta
concluso il prologo, lattore si siede alla ribalta di un palcoscenico vuoto,
se si eccettuano un tavolo, una strana capra “bionica” e un seggiolino delle
giostre, appeso in alto; dichiara ai presenti che si tratta di una
rappresentazione grezza, utile a verificare dal vivo la consistenza delle sue
intuizioni drammaturgiche. Una volta fissato il punto di snodo, Paolini viaggia
deciso verso una dimensione che pare attrarlo particolarmente: savverte,
infatti, la necessità di riflettere sullidea di paternità, come una verifica
necessaria da sviluppare entro il laboratorio dei sentimenti.
Nel tratteggiare
la fisionomia dei nuovi protagonisti, Paolini affonda lo sguardo nella
coscienza di un uomo, estraneo allatto di procreare, preoccupandosi di
rivelare le sfaccettature di uninteriorità smarrita e fervida: sembra che
nellanimo del personaggio si stia svolgendo una lotta silenziosa tra
legoismo, spacciato per libertà, e il senso di responsabilità. Ettore,
fotografo freelance, viene a sapere dellesistenza di Numero Primo, il ragazzo
non-nato che ha già compiuto cinque anni, da una donna virtuale, Hechné. Costei si
presenta come la
voce di una siriana malata terminale, una madre virtuale, appunto, una donna
contattata attraverso il filtro di un computer, mai vista eppure desiderata
fino allo spasimo. Da una relazione impalpabile scaturisce un interrogativo pressante sulla solidità
degli affetti e sul significato della
paternità.
Mentre lattore
interagisce con gli spettatori, numerosissimi e attenti, senza mai nascondere
la scelta di verificare il testo, scritto insieme ai suoi collaboratori e
recitato in modo diretto, a costo di esitazioni e di pause tecniche, emerge
chiara la tessitura di unepifania sul futuro dellumanità, proiettata in
unatmosfera alla Blade Runner, oltre
la catastrofe che ha stravolto i normali modelli sociali. Il mondo che un padre
e un figlio percorrono, alla stregua di prototipi assoluti e predestinati, è un
luogo altamente tecnologico, che ha seppellito le antiche vestigia di Venezia,
la città ideale che riecheggia attraverso le voci della sua gente mentre tifa e
scommette sulla funzionalità delle paratie del Mose, e che ha archiviato il
cimitero industriale di Marghera, ora tramutata in una fabbrica di neve
artificiale. Su entrambi si staglia la smisurata massa del centro commerciale
“Balocchi”, che ha la forma di una nave contenuta dentro una “mezza” bottiglia.
Lì, tra le spire labirintiche di uno spazio illusorio, elaborato senza sosta
dagli algoritmi e dai frattali, si materializzano i sogni e viene travolta ogni possibilità di pensare. Nella
storia, allora, accade che, per smaltire i fagioli in scatola scaduti, Ettore e
Numero Primo chiedano di dare forma a una capra, modellata sul filo della
fantasia.
Un momento dello spettacolo © Ivana Sunjc Il paesaggio è
popolato da un magma multietnico, che sfrutta la contaminazione delle lingue e
dei dialetti: dal racconto affiorano tante figure ben intagliate che fanno da
cornice alle sorprendenti imprese di Numero Primo. Anche la geografia del nuovo
Album sonda i percorsi più svariati,
ripercorrendo talvolta luoghi conosciuti; ad esempio, la via Piave di Mestre si
presenta come una strada che “mormora” in cinese, mentre svela i contorni di
uno smisurato suk entro cui palpita
un brulicante condominio di non-stranieri. Cè, poi, uno squarcio scenico su
Trieste, dove compare abbozzato in controluce, oltre le aule di una scuola
infestata dai pidocchi, il paese delle giostre e dei giostrai, su cui si
riversa la pronta creatività di Numero Primo che, insieme a qualche altro
piccolo genio simile a lui, analizza e inventa soluzioni utili a migliorane le
prestazioni dei seggiolini del “calcinculo”. Infine, accade limprevisto che
travolge il figlio, trascinandolo nelle spire di un coma profondo, dallesito
incerto; è stato causato da un incidente tecnologico che serve allautore per
esprimere con particolare efficacia la difficile coesistenza di sentimento e
virtualità.
È tempo per
Marco Paolini di liberare le pulsioni più profonde del proprio pensiero
creativo, sia pure sotto la forma duna prima esecuzione pubblica soggetta a
successive modifiche. La tensione emotiva, generata dallattore-narratore che
attraversa con insuperata maestria una pluralità di piani espressivi, tocca le
corde dellangoscia, persino del dolore, corde che esaltano la relazione
inscindibile della verità con la sfera del riso e dellallusività. Se, da un
lato, il monologo di Numero Primo
prosegue lindagine sulla matrice primaria della nostra civiltà, dallaltro,
archiviando una volta per tutte la barriera delle diversità, sospinge lazione
evocativa del teatro nella zona della sensibilità affettiva. E Paolini,
guardando fisso la capra nata da una stampate 3D, si sofferma in modo toccante
lungo la linea di confine che separa la disperata reazione di un padre,
travolto dalla paura di veder svanire la presenza di un figlio venuto dal
nulla, dalla rassicurante razionalità dellistinto materno. Leco della voce di
una madre lontana, sempre presente, segnala la simbiosi con ciò che ha generato,
indipendentemente dal fatto che si tratti di un essere vitale o di un
assemblaggio dimpulsi elettronici. Mentre risuonano le strofe di una tenera nursery rhymes e il sedile della giostra
inizia a dondolare, in un attimo di silenzio, prima dei prolungati applausi,
seleva lintramontabile certezza della persistenza di
uninfinita vitalità universale.
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