La Bella addormentata nel bosco
di Alexei Ratmansky, una nuova
produzione del Teatro alla Scala in coproduzione con lAmerican Ballet Theatre,
è un spettacolo “di grande bellezza” che trasporta lo spettatore nelluniverso
magico della fiaba di Charles Perrault.
Un viaggio meraviglioso con il corpo di ballo scaligero e la musica di Čajkovskij a cui si partecipa per
assistere a un balletto non “da museo” ma vicino alla sensibilità di noi
moderni che amiamo la tradizione e proviamo insofferenza per i noiosi
rifacimenti. Ratmansky non cade in questa trappola e firma una versione de La Bella addormentata fedele
allarchetipo di Marius Petipa, rappresentato
al Teatro Mariinskyij di San Pietroburgo nel 1890, e innesta nellimpianto
ottocentesco di un ballet féerie (grandioso)
lo spirito innovativo delle scene e dei costumi ideati da Léon Bakst per la ripresa londinese dei Balletti Russi di Diaghiev
nel 1921. Una duplice ricostruzione che dimostra come classici stilemi
ballettistici siano ancora attuali a patto che siano rivitalizzati dal gusto
odierno per il ritmo, leleganza e limmancabile “colpo docchio”. Tutti
requisiti di questa Bella “ratmanskyana”,
che nonostante le tre ore affascina il pubblico, riscuote applausi a scena
aperta e ovazioni nel finale.
Un momento dello spettacolo
© Marco Brescia e Rudy Amisano - Teatro alla Scala
Il modus operandi con cui
Ratmansky si muove fa di lui un “coreofilologo” in quanto le ricerche compiute
e la scoperta di importanti documenti gli permettono di risalire al disegno
coreografico originale di Petipa. Una partitura caratterizzata da una danza
contenuta, piccola, veloce, in cui contano lestrema leggerezza dei passi, la
delicata morbidezza delle braccia e laggraziato épaulement. Una levità esaltata dal netto contrasto con limponente
magnificenza delle scenografie e la sorprendente ricchezza dei costumi,
ricreati da Richard Hudson sui
bozzetti di Bakst, unite allaccorta
regia delle masse divise tra figuranti, protagonisti e coprotagonisti. Ratmansky mostra infatti di essere un
abile regista nellevitare le sovrapposizioni sceniche delle parti
pantomimiche, nellarieggiare le entrate delle singole variazioni e degli ensembles, nel valorizzare i pas de deux e gli assoli. Tra luci
cangianti, sfavillanti colori, tutù corti e al ginocchio, parrucche, crinoline,
ghirlande floreali, cappelli, maschere, fastosi abiti settecenteschi, compresi
un cocchio trainato da topi e un letto a baldacchino, il Corpo di Ballo
interpreta la favola di Perrault accompagnato dallimmancabile Orchestra della
Scala diretta con maestria da Vladimir
Fedoseyev.
Fino dal prologo con la scena del battesimo della principessa Aurora,
per proseguire nel primo atto con la festa del compleanno della ragazza e poi
terminare nel secondo con il risveglio di Aurora grazie al bacio del principe
Désiré e le fastose nozze, a “colpo docchio” non sfugge la bravura degli
allievi della Scuola di Ballo dellAccademia Teatro alla Scala diretta da Frédéric Olivieri. A loro va un plauso
particolare per il modo professionale con cui interagiscono con i ballerini, la
sicurezza che mostrano nelle danze di corte, dei contadini o nellesilarante
scena della fiaba di Pollicino e dellOrco e dellOrchessa. Un vero fiore
allocchiello che conferma la validità di questa Scuola che ha sfornato, sforna
e sfornerà ottimi danzatori. Tra le parti di rilievo Maia Celeste Losa è una Fata dei Lillà delicata, misurata,
attorniata dalle aggraziate Fate Martina
Arduino, Stefania Ballone, Agnese Di Cemente, Marta Gerani. Carabosse, la malvagia strega che lancia la
maledizione di morte su Aurora, è un Mick
Zeni en travesti che con estro
accentua la pantomima trasformando la vecchia in un essere diabolico e
mefistofelico. Nel divertissement conclusivo
dello sposalizio sono convincenti le performances
dei personaggi delle fiabe di Perrault come il Gatto con gli Stivali,
Cappuccetto Rosso, Cenerentola e soprattutto lUccellino Azzurro di Nicola Del Freo e la Principessa
Fiorina di Vittoria Valerio. Lei una
ballerina briosa e leggiadra, lui un ballerino con un innato ballon e brillanti batterie.
Un momento dello spettacolo
© Marco Brescia e Rudy Amisano - Teatro alla Scala
Attorniati dallintero corpo di ballo in perfetta forma grazie alla
direzione di Makhar Vaziev,
debuttano Lusymay Di Stefano, nei
panni di Aurora, e Claudio Coviello
in quelli del principe Désiré. Lusymay, classe 1993, è una ballerina dalle
indubbie doti e capacità che si esprimono a pieno con la rassicurante presenza
di Coviello. Di Stefano, premio Danze&Danza 2013, appare nel primo atto un
po tesa, specie nellAdagio della Rosa, anche se ha dalla sua una tecnica
potente e una forza interpretativa che traspare ma resta soffocata. È nel secondo
atto e nel grand pas de deux che la
giovane danzatrice scaligera offre il meglio di sé sfoderando il giusto carisma
per fare proprio il ruolo di Aurora.
Si ha una metamorfosi evidente con lentrata in scena del primo
ballerino Coviello, classe 1991, premio Danza&Danza 2011 e premio
Positano-Léonide Massine 2013. Un danseur
noble dalle linee eleganti e morbide, unite a una tecnica smagliante e a
una piacevolissima presenza scenica, come richiesto da questa Bella addormentata. Un ballet féerie petipatiano in stile
“diaghileviano” e dal ritmo “ratmanskyano” che segna il ritorno di Alexei alla
Scala dopo Concerto DSCH nel 2012 e Serata Ratmansky del 2013, e consente di
apprezzare laccurato e rigoroso lavoro di chi “sa fare il suo mestiere”. Un
“coreofilologo” che ha alle spalle unaccreditata carriera di interprete del
repertorio classico e moderno, vanta il Benois de la Danse 2005, la direzione
del blasonato Bolshoi dal 2004 al 2008 e la nomina ad “Artista residente”
dellAmerican Ballet Theatre dal 2009. Un palmarès
da fare invidia che porta questo dancemaker
a riproporre con sorprendente grazia e semplicità una favola scritta per i
piccoli ma adatta ai grandi.
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