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Mate-me por favor

di Raffaele Pavoni
  Mate-me por favor
Data di pubblicazione su web 11/09/2015  

Il bairro di Tijuca, periferia settentrionale di Rio de Janeiro, è funestato da una serie di efferati delitti ai danni di giovani ragazze inermi. Per Bia (Valentina Herszage), quindicenne inquieta e impulsiva, la scoperta della morte coinciderà con quella della propria sessualità, in un percorso condiviso, seppur con dinamiche diverse, con le sue coetanee. L’attrazione per i cadaveri e per il misterioso serial killer si trasformerà per la protagonista in una sorta di morbosa ossessione.

Il primo lungometraggio della brasiliana Anita Rocha Da Silveira, già presente al Festival di Cannes 2012 con il cortometraggio Os mortos-vivos, ci presenta un mondo, il suo mondo, in cui la morte è banalizzata e trasfigurata. Gli schemi tradizionali del thriller paranoico vengono svuotati di ogni paranoia: «c’è un altro morto» ripeteranno senza pathos i personaggi a ogni delitto, come se l’esclamazione perdesse il punto esclamativo per farsi pura informazione.

 

Una scena del film
Una scena del film

L’attenzione dell’autrice devia dai fatti narrati per soffermarsi sulla cornice, su un contesto che non viene indagato, ma solo percorso. L’intero film riassembla materiali visivi e sonori dalla borghese periferia brasiliana, in un carosello di situazioni, personaggi, clichés che evita ogni simbolismo. Si pensi alla messa, in stile funky carioca, davanti a una croce al neon, o all’opulenta festa di compleanno della reginetta della classe, con tanto di gigantografia appesa alla parete. Ancora, si pensi al bacio saffico dato da Bia nel bagno delle femmine a una ragazza che non rivedremo mai più; o, infine, al fratello computer-dipendente che cerca di ricucire una storia fallita, non si sa perché, con un’altra ragazza mai vista. Il tutto è spesso mediato dall’estetica audiovisiva con la quale la società di oggi si autorappresenta: dai baci appassionati al ralenti sul tappeto di una zuccherosa musica romantica (le telenovelas brasiliane), ai balli di gruppo a camera fissa e frontale (i video amatoriali su YouTube).

Rocha Da Silveira esplora l’immaginario visivo della provincia brasiliana nella sua più piatta ed esibita patinatura, in una sorta de Il tempo delle mele in salsa pulp che lavora prevalentemente sulla superficie dell’immagine cinematografica. La logica narrativa, onirica, evita ogni tipo di psicologia, lasciando in secondo piano la catena di omicidi in atto. Una delle ragazze cercherà di connettere tali eventi alla leggenda di una vecchia studentessa uccisa nel college, ma sarà immediatamente contraddetta dalle amiche: il genere horror viene decostruito e cancellato nel momento stesso della sua formulazione. Lo stesso avviene con il vampire movie: l’attrazione per il sangue e per la morte da parte della protagonista resta inesplorata.

Nessuna spiegazione o indagine, nessuno svolgimento narrativo. Un non-sense apparente che però non placa la morte, la violenza, la misoginia. La pellicola pare ispirarsi all’innovativo Spring Breakers di Harmony Korine (2012), nel quale convivevano, sotto la stessa “pasta” visiva, i desideri di emancipazione adolescenziale con quelli del crimine da strada. Ma se in Korine la narrazione ha la funzione di far coincidere i due piani, per la regista brasiliana essa ha lo scopo di allontanarli, di renderli non comunicanti. La vita da college non è intaccata dalla escalation di violenza, né la violenza trova ostacoli: banalizzati, gli assassinii hanno per le protagoniste (come per la cinepresa che li racconta) lo stesso peso di un herpes o di una pallonata sul naso.


Una scena del film
Una scena del film

La violenza, ignorata, si autoalimenta nella speranza di essere notata: da qui l’invocazione del titolo, che compare sullo schermo dopo una sorta di gonzo porn iniziale in cui lo spettatore è chiamato perfino a identificarsi con il maniaco stupratore. Rocha Da Silveira crea provocazioni e poi le lancia coscientemente nel vuoto, spostando il baricentro dalle prime al secondo. In un panorama contemporaneo in cui la tendenza generale sembra essere il gioco al rimpiattino tra realtà e finzione, l’autrice interpreta la finzione con un’altra finzione, artificiale a tal punto da appiattire e svuotare quella originaria.

Mate-me por favor è un unico grande sogno, in cui la narrazione “verticale” delle singole immagini frantuma qualunque potenziale sviluppo “orizzontale” delle stesse, anche laddove la narrazione cerchi di farsi notare con continui e sanguinosi picchi di violenza. Dopo Neon Bull di Gabriel Mascaro, arriva a Venezia un altro prodotto brasiliano complesso e affascinante, che affogando la drammaturgia nelle immagini ci racconta l’adolescenza molto meglio di tanti film-inchiesta sul disagio giovanile, connettendo gli impulsi di morte delle protagoniste ai loro impulsi ormonali, invocando la morte e baciandola in bocca. Provocatorio e disturbante, ma mai distruttivo o intellettualizzante, lo sguardo di Rocha Da Silveira è uno dei più interessanti visti al Lido in questi giorni.



Mate-me por favor
cast cast & credits
 

La regista Anita Rocha da Silveira
La regista Anita Rocha da Silveira



 
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