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Rabin, The Last Day

di Sara Mamone
  Rabin, The Last Day
Data di pubblicazione su web 07/09/2015  

Il 4 novembre di vent’anni fa il premier israeliano Yitzhak Rabin veniva ucciso da un giovane estremista di destra, fanatico religioso imbevuto di odio per colui che, dopo essere stato capo di stato maggiore del vittorioso esercito israeliano nella guerra che aveva annientato l’armata egiziana, era diventato un deciso assertore di una politica di pace che avvicinasse gli ebrei ai palestinesi e, eletto per la seconda volta primo ministro, aveva poi firmato nel 1993 insieme al leader palestinese Arafat il trattato di Oslo, che prevedeva il riconoscimento dell’Olp come interlocutore privilegiato per la composizione dei dissensi territoriali e quindi avvicinandosi al riconoscimento della Palestina. Patrocinato dall’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton l’accordo era stato siglato con una stretta di mano immortalata da quella che sarebbe diventata poi una delle foto simbolo del secondo dopoguerra.

Stretta di mano tra Arafat e Rabin alla presenza di Clinton

L’anno dopo Rabin riceveva il premio Nobel per la pace, rafforzando quindi ancora più il suo ruolo di mediatore. L’indiscusso prestigio mondiale era un elemento di grande ansietà per gli estremisti e i coloni; in Israele partì una violentissima campagna di odio della cui pericolosità Rabin non volle tener conto. Presentatosi praticamente senza scorta (e avendo sempre rifiutato giubbotti protettivi) fu ucciso alla fine di un oceanico incontro pacifista. L’assassino fu immediatamente catturato. Il processo non fu esemplare, così come non fu esemplare la condanna dell’assassino. La commissione incaricata di indagare ebbe poteri limitatissimi, e pure quelli usati con grande sobrietà. Sì che i veri mandanti dell’assassinio non furono mai rivelati. A distanza di vent’anni (e proprio a celebrazione dell’uomo e a monito per i suoi concittadini) il regista Amos Gitai decide di celebrare quel processo montando un docufilm accuratissimo che ripercorre, come non seppero e non vollero fare le autorità del tempo, tutti gli errori, le approssimazioni, le colpe che portarono alla tragedia epocale, allontanando (per sempre? certo fino ad oggi) le prospettive di una pace che pareva vicina, se non proprio a portata di mano.  


Una scena del film.
Una scena del film

Intrecciando straordinari documenti d’archivio, stupefacenti testimonianze di coloro che non seppero o  non vollero fare il loro lavoro di protezione del premier e poi non seppero o non vollero aprire gli occhi nella ricerca dei colpevoli, il regista scava nel territorio oscuro dell’estremismo religioso e anche di quello politico, indagando, più ancora che alla ricerca dei colpevoli, alla ricerca delle cause di quella campagna d’odio che portò al delitto di quella sottocultura che intrecciava interessi dei coloni a fanatismi ancestrali (la condanna a morte di Rabin vista come una prescrizione talmudica), a spregiudicatezze politiche. Due anni dopo, alla fine della “reggenza” del vice primo ministro Shimon Peres, la destra di Netanyahu vinse le elezioni democratiche. Ma ad Amos Gitai non interessa condurre lo spettatore a condanne sommarie, al contrario gli importa che alla fine del percorso di conoscenza, che guida con ferma maestria, non prevalga il verdetto ma lo sgomento della coscienza individuale.



Rabin, The Last Day
cast cast & credits
 



La locandina del film.
La locandina del film



 
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