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Tharlo

di Raffaele Pavoni
  Tharlo
Data di pubblicazione su web 07/09/2015  

Tharlo (Shide Nyima), pastore tibetano dalla memoria di acciaio, viene chiamato dalla polizia locale a registrare il proprio documento di identità, di cui è privo. Sceso in città, incontra una giovane parrucchiera (Yangshik Tso), la quale, venuta a conoscenza del valore economico del suo allevamento di pecore, cerca di sedurlo e di convincerlo a vendere tutto per partire con lei alla volta di Pechino. Innamoratosi della donna dopo una canzone d’amore in un bar-karaoke, il pastore vende il bestiame e raggiunge l’amata, andando incontro a un drammatico quanto preannunciato epilogo. 

Impossibile non provare simpatia per il personaggio di Tharlo, montanaro naïf alieno ai rituali e alle regole della città, espressione di quel piccolo mondo neanche tanto antico la cui difficile integrazione con quello urbanizzato e (relativamente) tecnologizzato della giovane parrucchiera è uno dei principali temi sociali che la Cina contemporanea è chiamata ad affrontare. Pema, regista e scrittore tibetano, mette in scena tale contraddizione riadattando un proprio racconto, pubblicato in una raccolta dal titolo Neige (Editions Philippe Picquier, Arles, 2012), e lo fa attraverso un’estrema dilatazione dei tempi scenici, risolvendo tutta la narrazione in una trentina di long-takes. A una maniacale quanto minimale costruzione delle immagini, in bianco e nero, fa da contrappunto una ostentata stratificazione dei piani sonori, funzionale non solo a evidenziare la centralità della musica nelle vicende narrate, come vedremo, ma anche e soprattutto a espandere l’universo visivo, disegnando un complesso fuori campo attraverso la sovrapposizione di effetti audio. Oltre ai confini dell’immagine sentiamo il rombo dei motori, il ronzio delle zanzare, il soffio del vento, il ticchettio dell’orologio, e soprattutto la musica, terreno ignoto per il protagonista, in cui cresce il sentimento amoroso per la ragazza.


Un'immagine del film
Una scena del film

In città, al contrario, la musica è onnipresente, rumore di fondo costante e indistinguibile dal brusio in cui essa è inserita. «Andiamo al karaoke, ho imparato tre nuove canzoni per te!», proporrà Tharlo alla giovane amata la prima sera dopo la sua sciagurata decisione di vendere tutti i suoi averi. La ragazza, però, ha altri piani: andare al concerto di un celebre rapper cinese. La calca di fan che si frappone tra i protagonisti e il performer occuperà non solo il primo piano visivo, ma anche e soprattutto quello sonoro: il suono, da compimento dell’immagine, diventa qui elemento drammatico del film, allo stesso tempo oggetto, causa e fase dinamica dell’azione, fagocitando l’ex pastore in una massa indistinta di voci e rumori, appiattendo e neutralizzando la sua “musica interiore”.

Tharlo è un personaggio per molti versi simile al Dersu Uzala di Akira Kurosawa. La sua inadeguatezza alla vita urbana non è di natura antropologico-culturale, bensì puramente percettiva: non sono tanto le innovazioni tecnologiche (il microfono, la fotografia), modaiole (il lavaggio a secco dei capelli, il rap) o sociali (la carta di identità) a sconvolgere il protagonista, che pur non afferrandone veramente il senso non vi si oppone; si tratta, piuttosto, della sovrabbondanza e della banalizzazione del sentimento, dell’emozione, di quella musica “sgranata” con la quale tutti i personaggi (la parrucchiera, il bullo, la fotografa, il commissario) convivono con indifferenza.


Un'immagine del film
Una scena del film

Quello di Tseden è un cinema di poesia, che arriva a esprimere con i suoni ciò che l’immagine taglia, appiattisce, nasconde, per lasciare spazio al vuoto, all’inconsistenza, al decentramento (si pensi al volto decentrato dell’immagine della fototessera, che sembra ammiccare all’Ida di Pawel Pawlikowski e al cinema di Michelangelo Antonioni). Vuoti e pieni visivi e sonori: questi gli elementi con cui l’autore compone quello che è, restando all’interno della metafora musicale, un canto disperato, un’evocazione dell’amore e del suo potere distruttivo; un romanticismo solo apparentemente in sordina, che esprime la propria potenza in maniera lenta ma inesorabile, sfruttando proprio il contrasto con il rigore formale delle immagini filmiche.




Tharlo
cast cast & credits
 

La locandina del film
La locandina del film



 
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