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La vita in movimento di Sylvie

di Gabriella Gori
  Life in Progress
Data di pubblicazione su web 20/04/2015  

È proprio così? Davvero Sylvie Guillem lascerà le scene dopo il tour mondiale dello spettacolo Life in Progress? L’étoile parigina lo ha dichiarato apertamente e sembra non avere ripensamenti; anche se lascia aperta la porta per altre esperienze nel mondo del cinema, del teatro e dei video. Chissà, magari deciderà di ballare ancora perché, come dice Orazio nell’ode del celeberrimo Carpe diem, «scire nefas». Ovvero non è lecito sapere cosa ci riserverà il futuro e forse neppure Sylvie ha in mano le chiavi del suo destino di danseuse.

Fatto sta che allo scoccare dei suoi “primi cinquant’anni” – è nata il 25 febbraio 1965 – osannata in tutto il mondo e con un bagaglio di ricordi e successi invidiabili come stella dell’Opéra di Parigi, “étoile ospite” del Royal Ballet di Londra e “signora” della danza moderna e contemporanea, eccola presentarsi al Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena nella prima italiana di Life in Progress con cui dà avvio alla sua ultima tournée, che terminerà in Giappone a dicembre.

Uno spettacolo applauditissimo pensato da lei che ha scelto coreografi, pezzi e interpreti per lasciare una testimonianza indelebile di sé come ballerina, artista e donna. Una donna dal fascino carismatico, un’artista di grande intelligenza e cultura, una ballerina dalle doti fisiche e interpretative eccezionali, ancora adesso sorprendenti.



Foto di Rolando Paolo Guerzoni

Vedere danzare Sylvie Guillem è capire il profondo significato di un’arte, la danza, che non può prescindere dalla bellezza, dall’eleganza, dallo stile, a loro volta frutto di un intenso lavoro, di una ferrea disciplina, di un’estrema sensibilità, con cui si raggiunge quella meravigliosa difficilis facilitas, quella nobile “sprezzatura”, quell’autentica nonchalance che rifugge la superficialità, la faciloneria e il pressapochismo di tanta danza odierna e di tanti interpreti dell’ultima ora.

In Life in Progress Sylvie dà una lectio magistralis e per farlo non eccede nel protagonismo ma si contorna di colleghi-amici per vivere un’esperienza unica ed esprimere il suo e il loro personale sentire in una serata piena di poesia.

Life in Progress è costruito sull’alternanza di soli e duetti al femminile e al maschile e Sylvie apre l’atteso evento con la prima assoluta di Techne del coreografo anglo-indiano Akram Khan, vestita con un leggero abitino corto di Kimie Nakano e capelli rossi taglio carré.

Sotto le luci di Lucy Carter e sul lato destro del palcoscenico striscia a terra come un ragno muovendo le lunghissime braccia “artigliate” dalle affusolate mani. Poi si alza e inizia a relazionarsi con uno strumento posto a sinistra della scena che emana incomprensibili suoni gutturali, proietta una luce verde tipo laser e sfugge ai tentativi della ballerina di bloccarlo. Inizia così una sorta di agone umano-tecnologico sottolineato dalla musica di Alies Sluiter eseguita dal vivo e sullo sfondo da Prathap Ramachandra, alle percussioni, da Grace Savage al beatbox, e dallo stesso Sluiter al violino. E mentre il ritmo del kathaki si fa sempre più incalzante, la danza contemporanea diventa sempre più aggrovigliata consentendo a Sylvie di mostrare tutta l’energia e la potenzialità del suo corpo e l’incredibile fluidità del dettato coreografico di Akram Khan.

Quasi a riposare la vista e l’udito arriva il secondo pezzo, un affascinate duo maschile di William Forsythe con i formidabili Brigel Gjoka e Riley Watts in maglietta e pantaloni da ginnastica e musica di Thom Willems. Duo, un lavoro del 1996 di cui Forsythe cura scene, luci e costumi, è un inno alla danza al maschile in cui i protagonisti fondono linguaggio classico e contemporaneo e danno origine a una nuova koinè che esprime la forza e la dolcezza dell’uomo. Forza nella potenza della gambe di Brigel e Riley quando eseguono con nitore tecnico i legati, dolcezza nel modo con cui le loro braccia passano velocemente dalla terza alla quarta posizione e la testa si atteggia in aggraziati épaulements.

E se in Duo è l’elemento maschile a trionfare in Here & After di Russell Maliphant è quello  femminile a colpire lo spettatore che assiste a una sfida, priva di complicità e frenetica, tra la cinquantenne Guillem e la giovane Emanuela Montanari, solista del corpo di ballo della Scala di Milano, avvolte dalle calde luci di Michael Hulls, esalate dalle tute di Stevie Stewart e accompagnate dalla musica di Andy Cowton.



Foto di Rolando Paolo Guerzoni

Messo in scena en première, Here & After è un passo a due atipico in cui la veterana della scena coreutica travolge e costringe a tenere il passo la più che brava Emanuela che si cimenta in un linguaggio a lei, di formazione accademica, non usuale. Eppure guidata e spronata dall’étoile, la Montanari è all’altezza della situazione e insieme danno vita a una rutilante sequenza di dinamici virtuosismi contemporanei, compresa un’incursione nella Contact Improvisation, di grande impatto visivo ed emotivo. Una sorta di iperuranio di bellezza ed eleganza in cui Maliphant sonda tutte le capacità espressive e tecniche di questi due corpi per poi alla fine vanificarle con l’olala idi del canto alpino, che cancella con ironia la magia creata dalle due antagoniste.

In chiusura Life in Progress ripropone Bye di Mats Ek sull’Arietta dalla Sonata in do minore di Beethoven, creato da Ek per la Guillem nel 2011 e presentato per la prima volta in Italia al Pavarotti di Modena nell’aprile 2012 nel trittico 6000 miles away e poi nel giugno seguente alla Biennale Danza di Venezia, quando Sylvie fu insignita del Leone d’Oro alla carriera.

Terza coreografa firmata da Ek per la tersicorea francese e dal titolo fortemente allusivo,  Bye è una sorta di monologo interiore di una donna abbrutita dalla quotidianità, sciatta anche nel modo di vestire con golfino, gonna ampia, scarpe pesanti, capelli tenuti da una treccia disordinata, sguardo perso nel vuoto e proiettato su uno schermo gigante. Schermo che diventa parete posta come ostacolo da superare e porta da passare per iniziare una vita diversa in mezzo alla gente.

Vestita da Katrin Brännström, illuminata dalle Luci di Erik Berglund, ingigantita e rimpicciolita dalle video proiezioni di Elias Benxon, Sylvie mette a nudo la psicologia femminile riflettendo su se stessa e sul rapporto con gli altri per trovare nella danza il modo più congeniale di raccontarsi.



Foto di Rolando Paolo Guerzoni

Con uno stile centrato sulla gravità del corpo che affonda in generosissimi pliés, su scatti nervosi e nevrotici della gambe e della braccia, su linee spezzate e dégagées, la Guillem diventa in Bye figura di riferimento di una danza contemporanea dal volto umano e persa nella folla virtuale saluta congedandosi con il savoir-faire di chi cerca altri lidi su cui atterrare. 




Life in Progress


Techne
cast cast & credits
 


Duo
cast cast & credits
 


Here & After
cast cast & credits
 


Bye
cast cast & credits
 



 
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