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Pantomima d’ombre, scena della vita

di Gianni Poli
  Pirandello/Beckett
Data di pubblicazione su web 10/11/2014  

 

Inizia in pantomima e finisce in affettuosa parata di burattini di legno, lo spettacolo ideato e diretto da Guido De Monticelli. Il programma s’annuncia con All’uscita di Pirandello (testo del 1916, pubblicato dapprima come novella e rappresentato nel 1922), ma si apre in effetti con Atto senza parole di Beckett (scritto nel 1956 e rappresentato nel 1957). Non tutto m’è parso d’evidenza convincente, nel disegno ideale ed estetico perseguito dagli artisti di questa rappresentazione, colta e popolare insieme. E inoltre, che l’atmosfera rarefatta propria a Beckett e alla sua compressa, silenziosa gestualità, avrebbe dovuto seguire alla calda, appassionata perorazione discorsiva e raziocinante di Pirandello. Personaggi i suoi che mi sembrano provenire da fantasie remote, ancestrali, sorte al tempo in cui l’autore era sensibile alla teosofia e allo spiritismo. Risultano incarnazioni di riflussi e di passioni violente, covate e irrefrenabili, che nell’esigere un giudizio e il relativo castigo, sollecitano nel lettore e/o spettatore tanta umanissima pietà. Con l’Irlandese francofono, posteriore al Siciliano di mezzo secolo, si entra attraverso la sequenza di gesti e tensioni delusi, nella sua drammaturgia votata alla paralisi e al silenzio. La scena qui allestita è dominata da un emblematico albero, articolato in rami che si piegano e si muovono artificialmente. Sarà ricordo del luogo ove aspettare Godot o allusione all’elemento naturale che richiama il cimitero di All’uscita? Certo è il luogo in cui s’incontrano i fantasmi di morti recenti (che il narratore-drammaturgo definisce «apparenze»): Il Filosofo e l’Uomo grasso. Il primo, intento a formulare un bilancio significativo delle occasioni mancate nella vita; il secondo, ancora tormentato dai comportamenti della moglie, traditrice e del suo amante, imbelle e vendicativo.

 

Lo spazio, a fondale di cielo neutro, è attrezzato con dei fili e una corda. Così possono calarsi e sollevarsi tre cubi di diverse dimensioni a costituire i moduli del piedistallo usato dal protagonista per raggiungere la brocca d’acqua sospesa, le forbici per il taglio delle unghie e una lunga corda. Corda che non servirà né a scalare l’altezza che lo separa dall’oggetto desiderato, né quale strumento per impiccarsi. Un colpo di fischietto scandisce gli istanti ripetitivi e monotonamente cangianti dell’azione, centrata sul tentativo di raggiungere la brocca. Minimi, gli scarti dal testo originale. Minuziosa, la partitura di Beckett e calibrata l’esecuzione dell’attore-mimo Edoardo Demontis nel sottolineare le sequenze e gli stacchi con ostinato stupore e le emozioni più intime con sguardi retti da moti di marionetta. Il suo è un movimento coscientemente geometrico, a linee spezzate nette, a ritmo rallentato o accelerato, nell’impegno fisico che misura l’adesione, anche emotiva, all’impresa, traduzione del bisogno o desiderio di bere. L’operazione drammaturgica  complessiva comporta l’individuazione di “situazioni” autonome, ma non omologhe negli stili, che restano diversi. In cerca di plausibili, significative analogie, il regista le coglie forse nella parvenza fuori del tempo dell’Uomo di Atto senza parole, accostata alle «apparenze d’apparenze» sperimentate dal Filosofo nei fantasmi fluttuanti degli interlocutori, prima della dissoluzione definitiva nell’oblio. De Monticelli apparenta dunque direttamente il formalismo nichilista e radicale di Beckett alla reviviscenza fantasmatica delle figure pirandelliane. Allo spettatore non resta chiaro e conseguente il parallelismo, così fiducioso nel valore simbolico conferito ai burattini dal regista. Sono Contadino, Contadina, vecchio Asino e Bambina (qui sostitutivi dei personaggi, definiti «aspetti della vita» dal loro creatore), che dovrebbero risultare «le uniche figure realmente vive e legate alla terra». Come Pirandello valutava la consistenza delle proprie creature, «forse meno reali di noi, ma più vere», così lo spettacolo promuove i burattini lignei a veraci modelli dei viventi.

 

Alcuni passi emergono comunque pregnanti, fra gli altri, come immagini originali e compiute: nella prima parte, i momenti del contrasto fra la persona e gli oggetti, vera lotta esistenziale; nella seconda, l’irruzione nell’aldilà della Donna uccisa, venuta a esporre il seno vistosamente straziato dallo sparo omicida e il suo colloquio col Bambino immaginario, a cui offre la melagrana sgranata: esempi di efficace trasmutazione dell’archetipo della novella in suggestione fantastica, proiettata e quasi verificabile dai sensi.

 

 

Pirandello/Beckett
cast cast & credits
 

Foto di scena di Daniela Zedda


 
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