Al suo secondo lungometraggio si potrebbe dire che Alix Delaporte ha rifatto il suo primo film Angèle e Tony, col quale condivide anche lattrice protagonista, la ruvida e fascinosa Clotilde Hesme. E invece questa somiglianza non denuncia una ripetitività ma rivela uno stile, un tratto personale riconoscibile e autentico che non nasce da furbizie e presupposti ma dal respiro sincero del proprio talento. Certo un nume tutelare è ben riconoscibile in entrambi i lavori, ed è la leggerezza un po flaneuse di Eric Rhomer, però prosciugata dalleccesso di narcisismo verbale della nouvelle vague. Il tempo di Rohmer consentiva spazi al compiacimento, loggi è più duro ed essenziale. I personaggi sono dunque più solidi, le situazioni meno edulcorate, la ricerca di sé più essenziale perché coincide a volte con la sopravvivenza.
Una scena del film
Non per caso gli ambienti sono periferici, come periferiche sono le vite dei personaggi: una giovane vedova uscita dal carcere che cerca coraggiosamente un padre per il proprio figlio e lo trova in un pescatore generoso e semplice nel primo film, un adolescente che vive con la madre in una specie di campo nomadi in una roulotte nel sud della Francia nel secondo. Piccole creature apparentemente senza grandi destini ma scrutate con amore e attenzione, per giungere con passaggi piccoli e sfumati a definire il quadro delle loro vite e la forza della loro irripetibilità: una quotidianità fatta affetti profondi e non detti, o meglio, in cui lo sguardo conta molto di più della parola. Lo sguardo, lincrocio degli sguardi sono a ben guardare i protagonisti di questopera leggera che si banalizza nel racconto della trama: un ragazzo quattordicenne vive con la madre molto malata in una roulotte sulla spiaggia con lunica amicizia di una famiglia ispanica vicina di abitazione; il ragazzo è bravo a calcio e forse verrà selezionato per uno stage in una squadra importante, i suoi giorni sono però turbati dallarrivo nel teatro della città di un direttore dorchestra che la madre gli rivela essere suo padre.
Siamo in pieno mélo? Niente affatto, la mano registica è delicatissima e la bravura degli interpreti (primo tra tutti il protagonista Romain Paul) esprime con pochi tocchi significativi il definirsi della vicenda e il riposizionarsi degli affetti: nessuno domina, nessuno si lascerà dominare. Sarà per Victor, adolescente grezzo ma di buon materiale, unestate straordinaria in cui conoscerà il padre, conoscerà la paura della morte, conoscerà il primo amore, conoscerà la musica. Ma anche per gli altri sarà unestate formidabile in cui le rispettive vite potranno cambiare radicalmente. O forse no. Lequilibrio del finale è ammirevole, tutte le strade che si sono delineate potranno essere percorse.
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