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Le sofferenze di un moderno Giobbe armeno.

di Sara Mamone
  The cut
Data di pubblicazione su web 02/09/2014  

Pieno di buone intenzioni e di generose ambizioni The cut del turco-tedesco Fatih Akin (pluripremiato e qui, forse, un po’ allargatosi) soffre di entrambe. Lodevolissimo e mai sufficientemente praticato, l’esercizio di ripristino di una verità storica qui si incentra sul tremendo olocausto degli armeni ad opera dei turchi del morente impero ottomano. Più che comprensibile quindi che la piaga di un passato non elaborato perché non ammesso, sia un tema affascinante, direi quasi doveroso, per un artista di origine turca che si misura con la cultura tedesca da tempo impegnata non nella rimozione bensì nella revisione del suo tragico passato. Se però le ambizioni sono sproporzionate e il filo narrativo si tende troppo nel tempo  e nello spazio, prevale su tutto un senso di sazietà, una stanchezza nel seguire la vicenda e, in definitiva, un calo di attenzione che rende ogni cosa opaca. E così la storia del fabbro armeno Nazaret Manoogian, bello e amato, marito felice e padre amorevole, inserito armoniosamente nella sua comunità e brutalmente strappato in una notte alla sua vita dalla violenza cieca dei soldati ottomani, assume le forme di un calvario a episodi in cui la classicità dell’impianto narrativo non è sufficiente a mantenere vivo l’interesse per il tema e la vicenda non riesce a fare del personaggio quasi un esempio biblico di sofferenze.

Una scena del film
 

Non è mai stato compito dell’arte cinematografica (anche la più realistica) rappresentare le vicende per intero eppure qualcuno ci casca sempre perdendo nella presunzione di interezza ogni forza narrativa. Tanto più le sofferenze del moderno Giobbe sono continue e reiterate, tanto meno lo spettatore ne è coinvolto e se la prima parte (quella armena), è in qualche misura accettabile per una certa grazia narrativa e per il sincero sgomento di alcune scene (si veda il campo profughi in cui il protagonista incontra la cognata morente per stenti), la seconda, quella nel mondo nuovo in cui il protagonista va a cercare le figlie miracolosamente sopravvissute e incongruamente sposate a Cuba (Oh,yes!) è francamente priva di ogni emozione. Merito anche di un protagonista, Tahar Rahim (feticcio de Il profeta di Jacques Audiard e poi interprete de Il passato di Asghar Faradi) immutabile nella sua bellezza, nonostante il tempo che passa e le tragedie che la sua vita accumula.

 

 

The cut
cast cast & credits
 

La locandina del film
The cut
di Fatih Akin


 
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