Fabbrica Europa, il festival fiorentino dedicato alle scena contemporanea tra teatro, danza e arti performative, con questa XXI edizione assume un preciso carattere itinerante partendo dalla storica sede della Stazione Leopolda per inglobare luoghi simbolo come il Nuovo Teatro dellOpera di Firenze, Cango Canteri Goldonetta, il Teatro Goldoni, il Teatro Cantiere Florida, fino allEx Chiesa San Carlo de Barnabiti in Oltrarno e al Teatro Era di Pontedera.
Una ramificazione urbana e extraurbana che tra maggio e giugno fotografa gli umori della creatività odierna sempre più incline ad accogliere le ultime tendenze e i nomi culto del panorama artistico dei nostri tempi.
In particolare anche la nobile arte della danza trova un suo specifico spazio nella programmazione della Fabbrica con la presenza di artisti legati alla ricerca coreografica o interessati a cogliere la teatralità della performance in sé. Nel primo caso la prima europea di As If To Nothing del tibetano Sang Jijia con la CCDC, City Contemporary Dance Company di Hong Kong allOpera di Firenze, nel secondo la prima assoluta di Singspiele della francese Maguy Marin con David Mambouch al Teatro Goldoni. Entrambi in collaborazione con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e presenti nel cartellone del 77° omonimo Festival.
Singspiele di Maguy Marin. Foto di Benjamin Lebreton
Due applauditi spettacoli lontani dal punto di vista artistico ed etnico eppure vicini nellessere accumunati dal culto della visione. Ovvero una cura tutta speciale per la resa visiva della mise en espace indipendentemente dal modus operandi scelto e perseguito.
Singspiele di Maguy Marin, figura di rifermento del teatrodanza doltralpe, firma una creazione in cui apparentemente lunico protagonista è lattore David Mambouch ma in realtà diventa “uno, nessuno e centomila” grazie ad una serie di singolari accorgimenti scenici e fotografici di Benjamin Lebreton e costumistici di Geyres.
Su di un palcoscenico delimitato da una parete che serve da attaccapanni, cui corrispondono dei grossi cubi, David Mambouch, accompagnato dalle luci di Alex Bènéteaud e dal suono di Antoine Garry, via via si trasforma infilandosi abiti dalle fogge più diverse sia maschili sia femminili, diventando uomo, donna, ragazzo, ragazza, anziano, anziana, in un pullulare di presenze rese reali da maschere-volti che lui indossa e che celano la sua identità. Uno straniante trasformismo metateatrale che colpisce per la visone in “slow motion” con individui e figure che lentamente prendono vita e stimolano la curiosità dello spettatore, tutto preso a cercare di indovinare come David adatterà la maschera allabito o labito alla maschera in un contrasto forma-vita di pirandelliana memoria.
Per Singspiele non si può certo parlare di danza nel significato etimologico del termine, in quanto la resa della pièce è teatrale, cè però uninsita ‘coreuticità nel modo fluido e morbido con cui il protagonista è chiamato a muoversi sulla scena, passando da un personaggio allaltro e dando una precisa armonia al gesto singolo e alla gestualità complessiva. Un modus exprimendi che ha radici nella formazione della Marin, cresciuta alla scuola di Maurice Béjart, diventata ballerina del leggendario Ballet du XX siècle e poi accreditata coreografa con May B del 1981 e Cinderella del 1984. Successi per i quali è stata insignita di prestigiosi premi e sulla scia dei quali ha fondato la tuttora attiva e carismatica Compagnia Maguy Marin.
Anche in As If To Nothing di Sang Jijia con la formidabile City Contemporary Dance Company, fondata da Willy Tsao nel 1979, è possibile rintracciare il culto della visone nella particolare attenzione per laccadimento visivo.
Vincitore dellHong Kong Dance Awards 2010 per “la rilevanza come produzione di danza” e “per lo straordinario risultato coreografico”, As If To Nothing si sofferma sul tema del ricordo per sviscerarne linconsistenza e sottolineare, come sosteneva Eugenio Montale, limpossibilità per la memoria di riannodare i fili di un passato da cui attingere conforto e consolazione.
As If To Nothing di Sang Jijia. Foto di Ringo Chan
Linutile e disperato tentativo è coreograficamente e visivamente raffigurato da Sang Jijia con unanimazione di stampo cinematografico attraverso la simultaneità tra ballerini in azione e video proiezioni, doppi e primi piani, sovrapposizioni di immagini vere e virtuali in un gioco poliprospettico visionario, allucinato e allucinante, accentuato dalla cangiante scenografia dello stesso coreografo, dalle proiezioni live di Adrien Yeung, dai morbidi costumi grigi e dalla musica elettronica dal vivo di Dickson Dee.
In un allestimento geometrico fatto di pannelli mobili, tavoli e case finestrate, i quattordici elementi della CCDC rincorrono inutilmente i ricordi in un concitato turbinio di sequenze parossistiche nei momenti corali, liriche nei delicati passi a due, stranianti nelle immagini di una macchina da presa che fissa come in un fotogramma lattimo del ricordo per poi vederlo dissolvere.
Sang Jijia si rivela un dancemaker che sa amalgamare più registri espressivi e a cui certo non è estranea la frequentazione artistica con il grande maestro William Forsythe nella Forsythe Company, di cui ha fatto parte come ballerino e assistente coreografo. Un apprendistato decisivo per capire limportanza dellutilizzo della multimedialità come modalità compositiva e far tesoro del tipo di movimento maturato da Forsythe nellultima fase creativa. Un movimento lontano ‘parente del postclassicismo e ‘figlio della più ricettiva espressività contemporanea, che ha consentito a Sang Jijia di mantenere le radici orientali e sviluppare gli apporti occidentali in nome di un cosmopolitismo coreutico e coreografico.
La qualità della danza contemporanea di Sang Jijia è potente, ma al tempo stesso libera e leggera nellalternare uno stile aereo ad uno greve nelle pose à la seconde, nel reiterare sinusoidali prese en dedans, nellestremizzare loff balance, nel perseguire la verticalità delle linee subito interrotta da inviluppi e sviluppi sempre controllatissimi. Un calibrato dosaggio di energia tutta occidentale unita ad una gestione dei tempi tutta orientale evidente anche nei guizzi, negli improvvisi cambi di direzione, nelle pause e nelle riprese.
Una poetica del movimento e una cura della visone che restano impressi come impressi restano i favolosi danzatori della City Contemporary Dance Company di Hong Kong, presente nei teatri e nei festival di tutto il mondo, e la cifra stilistica di Sang Jijia, già ballerino della Guangdong Moden Dance, della stessa CCDC e oggi fra le più interessanti menti ‘visive e visionarie della coreografia internazionale.
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