Basse
colonne con candelabri vuoti delimitano il luogo dellazione scenica. Un tavolo
rotondo, con relativa coppia di sedie, tutto in stile Settecento e qualche
libro ingombrano il suggestivo cortile del Museo del Bargello. Stili ed epoche
diverse si fondono e si confondono, al suono delicato di due xilofoni, per dar
vita a Il ritorno di Casanova. La
raffinata e decadente cornice coglie alla perfezione la crisi alla base del
testo, tradotto e adattato dal regista Tiezzi,
dellaustriaco Arthur Schnitzler.
Il
racconto, composto nel 1918, descrive i profondi mutamenti europei alla fine
del Primo Conflitto mondiale attraverso la travagliata vicenda personale del
protagonista. Il disfacimento dellImpero Asburgico è reso dal decadimento
fisico di Casanova. Giunto al cinquantatreesimo anno di vita, con laffermarsi
delle idee illuministe, il libertino è smarrito e affranto. In preda allo
sconforto, ricorda un triste episodio del passato.
A
Mantova, dilaniato dalla nostalgia per Venezia e impegnato nella stesura di un pamphlet contro Voltaire, Casanova simbatte nel vecchio conoscente Olivo. La
giovane nipote di questultimo, Marcolina, solletica a tal punto la fantasia
del protagonista da spingerlo ad accettare linvito nella residenza di campagna
dellamico.
In
un alternarsi continuo di sentimenti, il vecchio veneziano si dibatte fra la
pulsione sessuale e un desiderio latente di morte. Lo sconcerto per il
disinteresse della ragazza lo spingerà ad architettare un losco piano pur di
possederla. Scoperta la liaison di
Marcolina con il giovane e prestante sottotenente Lorenzi, Casanova ne
approfitta proponendosi di saldare un debito di gioco del militare. Lorenzi,
prossimo a partire per la guerra, accetta e concede al protagonista di
accedere, sotto mentite spoglie, alla camera da letto della ragazza. Da Venezia
intanto giunge il perdono per il protagonista, a patto di infiltrarsi come spia
al servizio del Consiglio dei dieci.
Il
tragico epilogo non si lascia attendere. Marcolina, scoperto limpostore alle
prime luci del mattino, inorridisce di fronte al corpo vecchio del veneziano. Casanova,
consapevole ormai della propria fine, lascia la casa e parte per Venezia, simbatte
però nel sottotenente. I due uomini si affrontano in un duello allarma bianca.
Contrariamente ad ogni previsione Casanova ferisce mortalmente lavversario
sancendo irrevocabilmente la propria fine.
Foto di scena di Luca Manfrini.
Tiezzi
ha deciso di rendere il racconto di Schnitzler sotto forma di melologo, affidando
a Sandro Lombardi il ruolo del
protagonista. Nel buio della notte solamente il luogo dellazione rimane
illuminato. Una misteriosa figura mascherata, avvolta in un lungo mantello, con
un tricorno in testa si accomoda, muta, su una delle sedie. Arriva
Casanova-Lombardi, trafelato, tossendo; ha la parrucca in disordine. Il volto
dipinto di bianco mostra i segni impietosi del tempo, la bocca tinta di nero è
un ghigno mobile simile ad un taglio che riprende le sopracciglia pesantemente
dipinte con un angolo innaturalmente appuntito. Langoscia e il peso delletà
vengono magistralmente resi da Lombardi con una gamma variegata di timbri e
modulazioni vocali. Nei momenti di maggior trasporto emotivo scivolano,
nellimpeccabile dizione del protagonista, alcuni termini in veneziano. Lattore
si dilunga nostalgicamente nel ricordo per calcare latteggiamento senile del
personaggio.
Casanova
è come preso dalla stesura delle sue memorie, si rivolge a se stesso in un
dialogo muto; non sembra accorgersi dellimmobile interlocutore che lo
fronteggia. Lindividuo mascherato è come unimmagine speculare del
protagonista, un riflesso della sua mente, una statua di cera che incarna il
senso di colpa, gli spettri di un passato ormai soltanto ricordo agrodolce,
rimpianto, rimorso, pentimento. I piani temporali si moltiplicano e si
sovrappongono nellamara consapevolezza dellinutilità del presente.
I
gesti di Lombardi sono misurati, minimi, servono a rompere la staticità della
posizione seduta. Lattore si destreggia
con disinvoltura tra pochi ricercati oggetti: un ventaglio quadrato di stoffa,
uno specchio rotondo da tavolo, libri, carte da gioco e piuma doca per
scrivere. La mimica facciale è accentuata, esibita, forte.
Grazie
allestrema vicinanza, il pubblico riesce a cogliere tutte le variazioni nel
volto del protagonista. Il violoncello e le percussioni accompagnano
accuratamente laltalena demozioni: dal trasporto per la giovane Marcolina, «il
suo sorriso ringiovaniva il mio volto»; alla delusione dellanonimato durante
lincontro con Lorenzi, «il mio volto in Lui non evocava nessuna avventura,
nessun segreto». Le emozioni più forti e contrastanti il personaggio le esprime
pensando a Venezia. Il trasporto con cui Casanova descrive la città è quasi di
natura carnale. Venezia diventa «Venusia» amante anelata e lontana.
Il muto interlocutore
mascherato, sul finire della messinscena, si scopre rivelando il volto del
giovane sottotenente (Corso Pellegrini).
Il contrasto tra Casanova e Lorenzi è forte, il primo è vecchio e vestito di
nero, il secondo è giovane, fresco, indossa uno sgargiante completo verde. Unico
neo di uno spettacolo ben diretto e ben recitato è proprio il divario enorme
che separa la classe di Lombardi e la poca esperienza di Pellegrini.
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