Il
cerchio magico è un rituale di origini molto antiche, suo obiettivo era di
creare con l'energia della mente uno spazio immaginario che dividesse il mondo
del soprannaturale da quello materiale, in modo da avvicinarsi il più possibile
al primo. Un cerchio magico, ma capovolto di funzione, è quello che crea
Prospero-Binasco, mago regista di
questa Tempesta “dellarte”,
artigianale e artigiana. Il cerchio della Popular
Shakespeare Kompany è immanente e crea uno spazio di riflessione sulloggi,
teatrale e sociale. Se il mondo soprannaturale del rituale diventa,
metaforicamente, la misteriosa opera shakespeariana – con tutti i suoi aspetti
dialettici tra magico e terreno – e se il mondo materiale è il teatro, fatto di
attori, corpi, scene, spazio, allora lo spazio immaginario che si crea è uno
spazio di riflessione al centro della testa dello spettatore; il quale non si
concentra però sul teatrale, che assapora con gusto, ma sulla società,
sull umanità delle relazioni e sugli invisibili equilibri e forze che la
regolano: potere e amore, sopraffazione e amore paterno, vendetta e amore
filiale. Su
queste linee, rette più che circolari, si struttura il macro cerchio che
racchiude incipit e explicit della Tempesta di Valerio Binasco.
Limmagine iniziale è quella di Prospero che fabbrica la sua vendetta/tempesta:
solo, in ginocchio, in una scena a prima vista essenziale – in realtà
inevitabilmente essenziale – arida, desolata, sanguigna in quelle pareti che
danno forma ai luoghi dellisola inospitale nella quale ha trovato rifugio il
duca spodestato di Milano con la figlioletta Miranda (Deniz Ozdogan). Alla fine, circolarmente, quello stesso
mago-naufrago, di nuovo duca, in ginocchio, ingrazia i venti prima di salpare
alla volta di una vita ormai dedicata al rimpianto; la socialità umana si salva
forse solo illusoriamente, mentre lo spiritello-clochardAriel (Fabrizio Contri, in maglia da Superman
e soprabito) disegna in aria dei cerchi con il bastone della magia che adesso sospinge
un sacchetto di plastica, simbolo del degrado cittadino. In
mezzo, lintreccio. La vicenda, a tutti nota, di cui questo allestimento
riattiva gli aspetti di più urgente contemporaneità e cattiveria,
sottolineandoli attraverso un linguaggio originale e regionalmente connotato: è
di Binasco il lavoro di traduzione che sostituisce una prosa pop alla lirica
shakespeariana. Gli attori, spiritelli e regnanti compresi, vestono abiti contemporanei.
La corte diventa classe dirigente in giacca e cravatta, cinque personaggi
sudati, stanchi e volgari, che rimandano allo stato di degrado della società,
mostrano, lasciati così allo sbaraglio, il peggio di loro stessi, per poi
fomentare leffetto comico e terribile sullesclamazione di Miranda, fanciulla
“naturale”, che li osserva estasiata: “che meraviglia questa umanità!”. Ai ricchi fanno da contraltare, ma poi mica
tanto, i componenti dellequipaggio che si esprimono in pugliese e napoletano e
che smorzano laria tesa della vendetta nei siparietti comici di cui sono
protagonisti con Calibano, aulico e scurrile, figlio di strega o ragazzo di
vita, interpretato da Gianmaria Martini
che, costretto in posizioni “deformi”, suscita un senso di faticosa costrizione. Binasco
risolve il suo Prospero attraverso caratterizzazioni multiple: misurato e
ironico quando interagisce con Ariel e Calibano, si fa amaro e cupo nei
confronti dei “naufraghi”, per poi perdersi nel passionale e “materno”
attaccamento nei confronti della figlia. Prospero-Binasco tocca, stringe,
sposta, abbraccia Miranda; lo stesso regista afferma: «Prospero è un mago, ma
ha fatto da madre ad una bimba di tre anni, lui lha accudita, lei gli ha insegnato
a sorridere». Il
distacco dalla figlia pesa più della rinuncia alla vendetta, riottenere il
Ducato di Milano non può bilanciare il fatto di
accettare lamore della figlia per Ferdinando (Roberto Turchetta dalla “r” aristocratica). E tuttavia rinuncia al
suo “pulcino”, si attarda in scena e viene accompagnato alla nave da Calibano,
probabilmente unico bastone di una triste vecchiaia. Deniz Ozdogan regala
invece a Miranda uno splendido e sostenuto disequilibrio del corpo, non ha sovrastrutture, non conosce le convenzioni ed è
istintivamente portata ad amare. Nella rovina dellumanità in tempesta è questa
istintiva predisposizione allamore lunico segno di lieve ottimismo.
Il
cerchio si spezza, lo spettatore esce da teatro, ma quella busta sospesa dal
vento lo insegue al parcheggio, davanti al portone di casa, per strada mentre è
distratto… piccola coincidenza fortuita che si inserisce in quello spazio di
riflessione che le immagini del teatro, così contigue alla vita, hanno ancora
la forza di stimolare.
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