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Pietre preziose in scena

di Gabriella Gori
  Jewels
Data di pubblicazione su web 27/03/2014  

 

I gioielli, si sa, più si guardano e più si resta abbagliati. E’ così anche per Jewels di Balanchine in scena la Teatro della Scala di Milano con il Corpo di Ballo e ospiti del calibro di Polina Semionova, Friedemann Vogel e Ivan Vasiliev.   

Un cast stellare che impreziosisce ancora di più questa cascata di Emeralds (Smeraldi), Rubies (Rubini), Diamonds (Diamanti), esalata dagli imponenti drappeggi di Peter Harvey e dagli splendidi costumi di Karinska. Un tripudio di luci e colori che, riflettendosi nel rosso e nell’oro della tappezzeria dello storico Piermarini, lo trasformano nello scrigno ideale per accogliere questo capolavoro del Novecento.

 

Un trittico accompagnato dalle musiche di Gabriel Fauré, Igor Stravinsky, Pëtr  Il’IČajkovsij, eseguite dall’Orchestra del Teatro alla Scala, diretta con maestria da David Coleman, che ancora oggi attira il pubblico e costituisce un banco di prova per le più accreditate compagnie internazionali, desiderose di rendere omaggio al ‘padre’ del neoclassicismo coreutico.

 

Un ‘padre’ che, vuoi per l’origine caucasica, vuoi per sua stessa ammissione, non nascose mai la sua passione per le pietre preziose che si concretizzò in danza dopo aver visto la collezione dei preziosi della gioielleria “Van Cleef & Arpels” di New York. Una folgorante intuizione che lo portò a creare nel 1967 per il New York City Ballet Jewels. Un ‘cesello’ coreografico che incastona nell’essenzialità della forma, la purezza di una danza accademica ispirata alla lucentezza degli smeraldi, al bagliore dei rubini e allo splendore dei diamanti. Pietre grezze che si trasformano in meravigliosi gioielli.   

 


Foto di Brescia e Amisano


E se è vero che tutto nacque da una collezione di bijoux, assai interessante risulta anche l’ipotesi di Elisabeth Kendall che propone come altra possibile fonte di ispirazione il ciclo medievale di arazzi “La Dama e l’Unicorno”. In particolare il sesto, intitolato À mon seul désir, che Balanchine  vide al Musèe de Cluny di Parigi e in cui la nobildonna, alla presenza dell’unicorno, riceve da un’ancella una cofanetto nel quale adagia la sua collana.

 

Una suggestiva congettura iconografica che avvalora sempre di più l’idea che la danza e il balletto non sono avulsi dal contesto socio-culturale ma lo rispecchiano al pari delle altre arti nobili, figurative e letterarie.

 

In questo ‘cesello balanchiniano’ i primi preziosi ad essere mostrati sono gli smeraldi e tutto, dalla scenografia ai costumi, è verde, poi è la volta del rosso dei rubini e infine del bianco dei diamanti in un cromatismo che abbaglia e si riflette in una ‘macrocoreografia’ tripartita, che consente al pubblico di identificare visivamente la pietra e cogliere nella tripartizione un preciso disegno. Disegno con cui Balanchine da un lato rende omaggio alla grande tradizione ottocentesca di Marius Petipa e dall’altro accoglie le godibili e spensierate atmosfere di Broadway. Un connubio tra tradizione e modernità che rappresenterà per la danse d’école  una svolta epocale e aprirà la strada a quelli che saranno gli sviluppi del postclassicismo di William Forsythe.

 


Foto di Brescia e Amisano


Le tre coreografie astratte di Jewels  mettono in luce il livello qualitativo dei ballerini del Corpo di Ballo, che le riprendono dopo tre anni, e a distanza di tempo quello che colpisce è il comparto maschile fra cui si distingue il giovane e promettente Claudio Coviello, mentre in quello femminile le ballerine, seppur brave, risultano non sempre a loro agio in una creazione che richiede quella particolare disinvoltura che nasce dalla confidenza interpretativa ed esecutiva.   

 

In Emeralds, su musica di Fauré, Balanchine non nasconde di richiamarsi alle atmosfere tipiche del ballet blanc e crea una coreografia classicamente strutturata con due coppie principali attorniate da  tre solisti e un rosa di dieci ballerine che inanellano pas de deux, pas de trois, variazioni, puntando al lirismo dei passaggi e alla grazia della braccia à couronne.

 

Vittoria Valerio se la cava bene, nonostante una certa rigidità del collo e delle braccia, come pure superano la prova Antonino Sutera e Mick Zeni, mentre un plauso particolare merita Virna Toppi.

 

In Rubies, su musica di Stravinskij, a farla da padrona è la verve ‘jazzata’ richiesta alla coppia principale che guida il corpo di ballo, alternandosi con il solista in un effervescente divertissement  ‘stile musical’. E se Marta Romagna, Vittoria Valerio (chiamata a sostituire all’ultimo momento Natalia Osipova) e il gruppo scaligero danno il meglio di sé, l’attesa star di Rubies, Ivan Vasiliev, étoile del Bol’šoj e Principal Dancer dell’American Ballet Theatre, non colpisce come ci si aspettava.

Pur riconoscendogli un ballon fuori dal comune e una tecnica strepitosa, questo russo-americano non sembra “entrato nella parte” in quanto non ha molto dell’allure balanchiniano e appare più adatto ad altri ruoli del repertorio, nei quali figura senz’altro  meglio.   

 


Foto di Brescia e Amisano


Ultimo pezzo della serata Daimonds su musica di Čajkovsij è un plateale omaggio di Balanchine al maestro Petipa e ai suoi Lago dei cigni, Bella Addormentata, Raymonda. Echi palesi sono evidenti nei passi a due, nelle pose in attitude e in arabesque, nei virtuosismi liberati però dal peso della narratività ballettistica ottocentesca e diventati veicolo delle potenzialità espressive del corpo in sé.

Polina Semionova, Principal Dancer dell’American Ballet Theatre, e Friedemann Vogel, Primo Ballerino Solista del Balletto di Stoccarda, al suo debutto in Daimonds, sono “entrati nella parte”. Vogel è un danzatore elegante che si muove con naturalezza nei ‘meandri’ neoclassici incarnando il danseur noble  ’alla Balanchine’ ma la sorpresa è Polina, una ballerina che al suo apparire fa subito capire di far parte della rosa delle “elette” della danza e del balletto odierni.

 

Fantastica e sicura la Semionova ha il fascino della  vera étoile e gli audaci e ardui enchaînemets di Diamonds per lei diventano l’occasione di divertirsi e divertire il pubblico, che resta abbagliato dalla nonchalance con cui li esegue.

 

Un’artista che trascina e stimola Vogel e i ballerini scaligeri ad essere all’altezza di una fuoriclasse e nella regale semplicità dimostra di essere il gioiello più prezioso di Jewels  confermando quanto Balanchine ebbe a dire sull’arte tersicorea. “La danza non è spiegabile a parole e nulla di quanto se ne possa dire potrà sostituire ciò che alla fine si vedrà sul palcoscenico”. E vedere Polina è stato capire fino in fondo il senso delle parole di “Mister B.”.


Jewels
cast cast & credits
 



 
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