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«Amor omnia vincit»

di Elisa Uffreduzzi
  Sorrow & Joy
Data di pubblicazione su web 12/11/2013  

Il dolore e la gioia sono quelli di Nils Malmros che, giunto al suo dodicesimo film, neurochirurgo di professione e cineasta autodidatta, conferma anche in questo caso la vena autobiografica caratteristica della sua filmografia, realizzando un film doloroso che è anche una sorta di percorso terapeutico.

 

Sorrow & Joy narra infatti del tragico episodio realmente accaduto al regista stesso nel 1984 - quando la moglie, da tempo sofferente di una grave forma di depressione, uccise la loro figlia nata da pochi mesi - e del difficile cammino di ritorno alla normalità. Il film si pone dunque come una sorta di atto conclusivo, chiamato a certificare il superamento di un episodio di vita traumatico per entrambi i reali protagonisti.

 

Tralasciando qui le ovvie implicazioni metalinguistiche che comporta una trama che ruota attorno alla figura di un regista, Sorrow & Joy è innanzitutto la storia di un amore che si dà nella nobile forma della condivisione di una colpa, come sottolinea Nicolas Bro, interprete dello psichiatra Birkemose. «Amor omnia vincit», chiosa Malmros, ma c’è di più: in un riuscito atto di sublimazione, egli riesce nel difficile intento di andare oltre il proprio vissuto, ragionando in termini cinematografici, artistici. Quello che poteva essere l’ennesimo - per quanto tratto da una storia vera - saggio sulla Medea del caso, si trasforma in un film nel senso più compiuto del termine, grazie soprattutto all’ironia, inaspettatamente disseminata qua e là lungo tutto lo svolgimento al pari dei momenti tragici. È questa la dialettica tra gioia e dolore sottesa al film perché tale è anche la dinamica naturale della vita, nella quale trova spazio tutto lo spettro delle emozioni. 

 

Regia minimalista e un cast di attori notevoli, a partire dai protagonisti Helle Fagralid (la moglie Signe nella finzione scenica) e Jakob Cedergren (interprete di Johannes, alter ego del regista), assolvono mirabilmente al difficile compito di trasporre sul grande schermo un vissuto così problematico, senza eccessi. Ciò è vero soprattutto nella seconda parte del film, mentre in un primo segmento filmico, quando ancora il pubblico deve per così dire “familiarizzare” con i personaggi, le loro reazioni alla tragedia appaiono un po’ surreali per l’apparente freddezza che le caratterizza. Poi, a poco a poco, appare chiaro che non si trattava di assurda indifferenza ma di un del tutto comprensibile stupore e se è il regista, che quelle reazioni le ha realmente vissute, a dircelo…

Sorrow & Joy
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