Alberi stecchiti su fondale livido, librerie di
scartoffie e registri come quinte; a sinistra, la stanzetta di Akàkij; a
destra, la bottega del sarto Petròvic cieco da un occhio; al centro, lufficio
del ministero. Qui Akàkij Akàkievic fa il copista, il più bel lavoro del mondo
perché non occorre pensare, bisogna solo mettere in bella quello che hanno
scritto gli altri. Akàkij non reclama nulla; sogna
lettere maiuscole scritte con inchiostro
rosso; ama cose già successe, pronte ad essere copiate. Quando cammina per via conosce a memoria ogni
buca del percorso, sempre lo stesso da venticinque anni; sul lavoro mai un
ritardo, dieci ore ogni giorno; dopo cena ancora unoretta con penna doca e
carta protocollo a copiare elenchi di morti e denunce anonime. «Il mondo è
pieno di infelicità, ma grazie a Dio e alla mia calligrafia...io vivo una vita
davvero molto molto molto emozionante!» sospira.
I suoi colleghi
al ministero nemmeno lo salutano; con quel cencio addosso che sembra una
vestaglia, ridono. Braccio morbido…gomito
flesso… ogni volta Akàkij Akàkievic
sguscia via dal suo vecchio cencio come in un balletto. Non si ricuce una
marcia reliquia, occorre un cappotto nuovo!- gli fa il sarto.
Il mondo sarebbe
un paradiso se si copiassero i cappotti come si copiano le parole, con tutti i
bottoni ed i colletti! E col misero stipendio,
per fortuna cè la gratifica… Ottanta rubli, color marroncino kaki e collo di gatto di Parigi. Col suo cappotto nuovo Akàkij Akàkievic non ha più freddo ed in ufficio sembra
guadagnare il rispetto di quei colleghi che prima lo infastidivano. Ora
nobilita non solo la sua persona, ma il Ministero tutto e la Patria stessa, la
grande madre Russia! Applausi, champagne.
Ci fosse almeno un po di luna...
Alluscita dalla
festa un omone gli tasta il colletto, un altro gli mette il pugno davanti alla
bocca. Un cappotto così, in mano ai ladri! Akakij
Akakievic è beffato dai
colleghi e dal destino. Torna a casa mentre il vento sinfila nel
colletto e dentro gli stivali; si stende sul letto, delira. La vita lo
costringe ad una prova e lui ne è sopraffatto. Fino a morirne.
Vittorio Franceschi affronta da autore
il mondo russo che gli è tanto caro e riscrive con garbo il capolavoro di Nikolaj Vasil'evič Gogol', storia del riscatto impossibile di un «copista
della vita» la cui unica
evidente condizione è quella dellinesistenza. Colbacchetto spelacchiato
e cappotto sdrucito, Franceschi disegna un Akakij
candido e stupito fra i sogni ed i naufragi di una vita anonima, sopraffatto
più che dal freddo inverno dalle convenzioni sociali e dallarbitrio di
corrotti mezze calzette. In una società che rottama uomini e cose, il vecchio
cappotto, che «fra toppe e rammendi era tutta una piaga» come la casacca di
Geppetto, alla fine sventola come una bandiera- riflette Franceschi.
Il regista Alessandro
DAlatri imprime levità e ritmo allo spettacolo. La scena è di Matteo Soltanto, la musica di
ispirazione klezmer di Germano Mazzocchetti. Accanto al
protagonista Umberto Bortolani è il
sarto burbero e ubriacone, Marina Pitta la
moglie scostante che mangia aglio ogni giorno per tenerlo lontano; Alessio Genchi è
il divertente mercante sul carretto carico di stoffe damascate, Federica Fabiani la padrona di casa dal
cuore tenero, Giuliano Brunazzi
lubriaco poeta.
12 - 13 novembre a Budrio (BO) - Teatro Consorziale
14 - 15 novembre a Correggio (RE) - Teatro Asioli
19 - 24 novembre a Genova - Teatro della Corte
1 dicembre a Rimini - Teatro Novelli
3 - 8 dicembre a Napoli - Teatro Mercadante
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