drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Spleeping Beauty al Ravenna Festival

di Gabriella Gori
  Foto di scena
Data di pubblicazione su web 04/07/2013  

 

Spleeping Beauty. A Gothic Romance di Matthew Bourne, andato in scena con meritato successo al Teatro Alighieri per il Ravenna Festival, è una rivisitazione sui generis del celeberrimo balletto creato nel 1890 da Marius Petipa su musica di Čajkovskij. Frutto di un modus operandi registico e coreografico cha ha permesso a Bourne di affrontare con disinvoltura i capolavori della trilogia petipatiana nata dalla collaborazione con il compositore russo. Il Lago dei cigni nel 1997, lo Schiaccianoci nel 2002 e ora questa Bella Addormentata che ha debuttato al Salder’s Wells di Londra nel 2012 per festeggiare i venticinque anni della New Adventures, la pluripremiata formazione di teatro-danza diretta da Bourne.

 

Ballerino, coreografo e regista formatosi e diplomatosi al Laban Center di Londra ma appassionato di balletto classico, di cinema, di musical, Bourne è artefice di un modo di fare e intendere lo spettacolo di danza che punta sul taglio registico e teatrale della messinscena lavorando sulla coralità e sugli effetti scenografici e costumistici. Una particolare predilezione che si realizza grazie all’imprescindibile supporto narrativo che sostiene le sue ricreazioni di storie famose come la Bella Addormentata.

 

E se è vero come lui dice che ha tenuto conto dei precedenti letterari di Perrault e dei fratelli Grimm, di quelli cinematografici di Walt Disney e naturalmente coreografici di Petipa e Ninette de Valois, senza dimenticare la versione contemporanea di Mats Ek con un’Aurora vittima della droga, in realtà poi ci ha messo del suo privilegiando la spettacolarità e godibilità dell’opera. Un’opera che si caratterizza per la coerenza del plot, la capacità con cui lo spettatore viene affascinato dalla magia delle trovate sceniche, la ricchezza del décor, la leggibilità della coreografia, non disgiunte da un gusto dello spettacolo musicale in grado di intrattenere e soddisfare il pubblico.

 

Un sogno ad occhi aperti che amalgama con maestria riconoscibili richiami alla danza colta, dissacranti tocchi kitsch, ariosi spunti pop, spumeggianti scene da musical, utili didascalie da cinema muto, in un pot-pourri che non disturba e rappresenta il tratto peculiare di una danza teatrale o meglio ancora di un teatro danzato volutamente “nazional popolare” che costituisce un genere da ascrivere a Bourne e ad altre sue pièces come Cindarella e Dorian Gray.

 


Fotografia di Simon Annand ©

 

Fedele ma non troppo all’aucoritas petipatiana Bourne fa iniziare il suo gothic romance nel 1890, data in cui avvenne il debutto de La Belle au bois dormant di Petipa al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo. Un appiglio storico che diventa il pretesto per dare avvio ad una favola in cui Aurora viene data in dono dalla malefica fata Carabosse ad una sterile coppia reale di epoca vittoriana. La piccola, una bambola meccanica animata da esperti marionettisti, rivela subito un carattere ribelle che impensierisce il padre, assai somigliante allo Zar Nicola II, e la madre, una esile ed elegante zarina, rendendo vane le amorevoli cure della governante, la signorina Maddox.

 

In occasione del battesimo arrivano le madrine, Fate buone che Bourne trasforma in creature gotiche, tre maschili e tre femminili (Ardor, Hibernia, Autumnus, Feral, Tantrum) al seguito del Conte dei Lillà, versione virile della Fata dei Lillà e Re delle Fate, che offrono doni alla capricciosa Aurora e disegnano un cerchio di candele intorno alla culla che non servirà a proteggerla da Carabosse. La megera, indignata per non essere stata adeguatamente ringraziata dai genitori, in una notte di tempesta piomberà nella regale dimora con un seguito di indemoniati esseri neri metà uomini e metà bestie e pronuncerà la sua maledizione. Alla maggiore età Aurora si pungerà il dito con la spina di una rosa nera e morirà. Un funereo destino trasformato in un sonno lungo cento anni dall’intervento del Conte dei Lillà e delle Fate che profetizzano la salvezza grazie ad un bacio d’amore.

 

Il secondo atto si apre nel 1911 in epoca edoardiana con il compleanno di Aurora allietato da una sontuosa festa in giardino tra eleganti gentildonne e gentiluomini che giocano a tennis, ballano il valzer e il maxixe e assistono alle effusioni tra Aurora e Leo, il giardiniere amico d’infanzia perdutamente innamorato della ragazza. Un idillio troncato sul nascere dall’apparizione sinistra di Caradoc, il bello e dannato figlio di Carabosse che, venuto per vendicare la madre ormai defunta, regala ad Aurora una rosa nera. La ragazza si punge e il maleficio si compie. Aurora cade esanime tra le braccia disperate di Leo che non riesce a rianimarla. Caradoc scappa e Leo viene accusato dal Re di essere responsabile di quanto è accaduto ad Aurora.

L’arrivo del Conte dei Lillà fa sì che Aurora venga trasportata nella Terra dei Sonnambuli e rinchiusa per cento anni in un palazzo protetto da enormi cancelli mentre Leo sconvolto per la perdita non sa darsi pace. Mosso a compassione il Conte dei Lillà, in realtà vampiro, con un morso dà al ragazzo la vita eterna.

 

Con un salto temporale vertiginoso spiegato dalla didascalia, ci ritroviamo con il terzo atto nel 2011 davanti al giardino incantato con turisti che scattano foto e Leo, in abiti contemporanei e un paio di salvifiche ali bianche, è accampato in una canadese davanti all’entrata. Tra i turisti riconosce il Conte dei Lillà che gli comunica che è arrivato il momento di aprire i cancelli e realizzare il suo sogno d’amore. Anche Caradoc cerca Aurora e una volta attraversato il bosco di betulle arriva nel palazzo e la bacia ma non riesce a svegliarla perché il suo non è vero amore. La ragazza si risveglierà solo grazie al bacio di Leo ma verrà portata via dal figlio di Carabosse.

 

Nell’atto quarto si celebra il matrimonio di Caradoc e Aurora che si muove come un automa. Alla festa si intrufolano il Conte dei Lillà e le Fate mentre Caradoc rivela il sinistro progetto di ammazzare la sposa estraendo un coltello. Viene provvidenzialmente fermato dal Conte dei Lillà che lo uccide, mentre Aurora resta a terra inerte. Leo la bacia di nuovo e per incanto lei riprende i sensi tra le braccia dell’uomo che non ha mai smesso amarla.

 


Fotografia di Simon Annand ©

 

Corollario dell’happy end è l’epilogo fiabesco di Leo e Aurora che, rifiutando la modernità, scelgono di vivere nella foresta a contatto con le fate e la natura, allietati dalla presenza della figlia Dawn. Una piccola Aurora in miniatura anch’essa meccanica e per giunta volante che, a cornice, si richiama all’inizio della pièce e chiude questa nuova Spleeping Beauty. Una Spleeping Beauty  di cui restano impressi i ricchi costumi e le sontuose scenografie di Lez Brotherston, la bravura degli interpreti della New Adventures, prima fra tutti Hannah Vassallo nel ruolo di Aurora, ma soprattutto la dimensione teatrale e la cura registica che Bourne imprime alla sua versione. Un Bourne che si diverte ad autocitarsi quando Carabosse appare con uno stuolo di uomini-bestia in una versione in nero di quelli in bianco del suo famoso Lago dei cigni immortalati dal film Billy Eliot, richiama Twilight nel trasformazione di Leo in vampiro, rende omaggio a Petipa alludendo chiaramente all’”Adagio della Rosa” nel party in giardino tra Leo e Aurora ma in chiave moderna a piedi nudi, alle variazioni delle Fate o al divertissement del terzo atto sostituito da un sabba satanico in sensuali abiti rossi e luci soffuse, che non servirà a Caradoc per compiere la sua vendetta.

 

Uno spettacolo “nazional popolare” che diverte, convince e può rappresentare una valida alternativa a tante Belle Addormentate di tradizione non sempre rese come si deve e spesso in tono minore.

 

 

Spleeping Beauty. A Gothic Romance
cast cast & credits
 



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013