Dopo i drammaturghi «arrabbiati», guidati da John Osborne con Look Back in Anger nel 1956 e i fautori del «rifiuto» giunti ventanni dopo, Ronald Harwood dedicava nel 1980 nostalgie e ricordi affettuosi e ironici a un mondo teatrale scomparso. I moventi più evidenti dellautore, di cui questanno si rappresenta anche La torre davorio, stanno nel gusto per il gioco teatrale e nellaspettativa di un po di complicità in risposta dallo spettatore. Con il suo Servo di scena (più letteralmente, il vestiarista) componeva abilmente gli ingredienti per ricreare una situazione nota e comune a tanta parte del pubblico britannico in tempo di guerra. La commedia si svolge appunto a Londra durante la guerra, dove un teatro soggetto agli allarmi e alle incursioni, prosegue le rappresentazioni come segno di resistenza a oltranza alle intimidazioni dei bombardamenti e di solidarietà con la popolazione. Il capocomico insiste nella sua missione dinterprete shakespeariano e si mantiene fedele alla nobile tradizione dattore che gli ha valso la fama. Ora la sua arte appare scaduta, le sue prestazioni compromesse dalla malattia e dalle circostanze. La compagnia è rabberciata, le più giovani leve sono partite per il fronte e i superstiti hanno perso con letà il physique du rôle. Sir Ronald (Franco Branciaroli) saffida al factotum Norman (Tommaso Cardarelli), figura dalla totale devozione e sottomissione al maestro, sua spalla e vestiarista, suggeritore e soprattutto confidente, nei momenti in cui la stanchezza e i vuoti di memoria riducono lartista alla depressione e allo sconforto disperato. Un ruolo da protagonista, col quale lautore recupera la propria esperienza di apprendistato in una compagnia teatrale. La vicenda si svolge quasi in tempo reale. Mostra Sir Ronald in piena crisi, tanto da consigliare la sospensione dello spettacolo. Segue la preparazione e il conto alla rovescia che portano alla recita programmata di Re Lear. Lo spettacolo attraversa lallarme aereo, supera la sequenza avventurosa della «tempesta» e conquista un finale coperto dagli applausi. In tale clima, persino favolistico, gli stati danimo personali degli attori affiorano e svelano le loro radici di disagio e di compromesso inevitabile.
Franco Branciaroli (Sir Ronald) in un momento dello spettacolo.
Foto di Umberto Favretto
Attorno al rapporto privilegiato fra il servente e lartista despota, si compongono i vari ruoli. Milady (Lisa Galantini) è la compagna di Ronald, impigrita dalla routine, appesantita dai dolciumi, insofferente alla parte della moglie affettuosa e dedita ai compiti assistenziali, che demanda volentieri a Norman. Nella gestione organizzativa, è perentoria e scrupolosa Madge, la direttrice di scena, una Melania Giglio di rattenuta emotività e millantata sicurezza. Ha sempre amato in silenzio lartista carismatico e alla sua morte simpossessa dellanello che lui le aveva offerto per riconoscenza e lei aveva rifiutato per orgoglio. Terza presenza femminile, Irene (Valentina Violo), graziosa comparsa, che blandisce il Patron, ne riceve le galanterie, ma pure suscita interesse per un impiego da attrice giovane più consono al ruolo di Cordelia, ora affidato a Milady. Nel vecchio caratterista Geoffry, Daniele Griggio riveste un Fool di patetico candore, nella goffaggine delletà avanzata. Sir Ronald è Franco Branciaroli, atteso a uninterpretazione gigionesca, superlativa per vocalità esuberante e invadenza mimica. Molto contenuta invece la potenza demissione e meno generosa del solito lenfasi gestuale. Nella parte dellattore stanco e spaventato dalle amnesie, nella frustrazione dei cedimenti espressivi e la prospettiva del fallimento, il senso del divario fra ambizione e risultato reale, Branciaroli spiega i suoi registri magistralmente misurati. La sua comicità deriva dallabnormità della situazione, sottolineata dal pesante trucco regale assunto e mantenuto lungo quasi tutto lo spettacolo. Anche declamando interiorizza le paure e la fierezza nel suo personaggio contraddittorio. Le necessità pratiche del palcoscenico lo costringono agli espedienti più biechi del mestiere, come quando deve sostenere nella figlia Cordelia, il fardello troppo pesante della paffuta Milady. Momenti in cui la coralità sesprime in unazione di mutuo soccorso concitato e caotico, con effetti di prevedibile ilarità. Legocentrismo del personaggio prevale, se anche nella pagina di memoria autobiografica testamentaria, nei ringraziamenti e le menzioni a tutti non compare il nome del suo dresser. Tommaso Cardarelli appare in costante sovraeccitazione, controllata comunque dalla sapienza del rito a cui sadatta e lungo cui conduce il suo eroe delezione. Vero regista della parabola emblematica del grande attore al tramonto, paga la sua dedizione non tanto allincomprensione quanto alla dismisura del suo sentimento di dipendenza e disponibilità gratuita. Si dispera alla morte silenziosa, non spettacolare dellamato tiranno in camerino, sua unica ragione di vita e sprofonda in una delusione irrimediabile.
Una scena dello spettacolo diretto da Franco Branciaroli.
Foto di Umberto Favretto
La scena, sintetica di due luoghi, è costruita su due livelli, in verticale. Bella nel suo verismo simbolico: accumulazione caotica di suppellettili, nei sottostanti camerini; stilizzazione e sproporzione nel soprastante palcoscenico, con sipario e macchina dei rumori a vista. I costumi sono quelli del tempo e dal tempo consunti. Una prova convincente di memorabile autentica compagnia inglese condita con i sapori di una compagnia, un po allantica, italiana.
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