Lallestimento di opere classiche del repertorio italiano moderno comporta ormai una motivazione o giustificazione necessaria, alla luce della sensibilità attuale. Questanno appaiono quasi contemporaneamente in cartellone due titoli di Pirandello. Tutto per bene conferma, nello stile di Gabriele Lavia, una variazione significativa attorno alla tematica più profonda e originale dellautore, come mostra la recensione di Adela Gjata (pubblicata sulla nostra rivista). Ledizione di Trovarsi diretta da Vetrano e Randisi (ripresa in lunga tournée e vista al Teatro Duse di Genova) ricorre alladattamento per fare emergere costanti e sorprese di unopera tardiva e meno celebre. La novità consiste principalmente nellimpaginazione insolita, con un Prologo e un Epilogo inventati e lapertura a spazi imprevisti rispetto al testo originale. Per il resto, con leliminazione di quattro personaggi minori (Salò, il Dottore e i due Camerieri) lattenzione si concentra sul rapporto fra attore e personaggio, realtà e finzione, arte e vita comune. Il palcoscenico resta il luogo del dibattito sullidentità mutevole e inafferrabile della persona, divisa fra la coscienza di sé e limmagine rinviatane dal consorzio civile.
Lautore dedicava a Marta Abba, sua interprete delezione e daffezione, codesto dramma dalle allusioni biografiche, tortuoso viaggio nei labirinti della personalità. Lo spettacolo non semplifica, nei dialoghi, le formulazioni concettuali della visione pirandelliana della conoscenza e dellarte e anzi rafforza con proiezioni e segni simbolici le situazioni emblematiche dei protagonisti, in particolare delleroina, la cui vicenda attraversa tormentose verifiche della propria coscienza divisa e frustrata. Indagine psicologica (o rovello), piuttosto che metafisica ricerca di un senso dellesistenza. Lattrice Donata Genzi, che si è offerta («donata», appunto) interamente alla sua Arte, si sente realizzata recitando, ma sperduta (non «si trova») fuori dal palcoscenico. Tantè che quando si innamora del giovane Elj e crede di potersi completare e riconoscersi finalmente, lamato reagisce inducendola nuovamente al dilemma insolubile: lamore per lui presuppone labbandono del teatro. Infatti, vedendola recitare con sublime immedesimazione una situazione amorosa, il ragazzo deluso e indignato fino alla gelosia, la disprezza e la insulta. Inoltre, in questa convenzione drammaturgica, sconfinante nella visione del teatro nel teatro e nellesplicitazione dei rapporti deformati o turbati dal gioco sociale, i registi propendono per la testimonianza diretta e sconvolgente della protagonista. Non tanto con un verismo recitativo e unambientazione storicizzata, ma mediante la motivazione psicologica dellattrice di fronte al bivio decisivo della vocazione. E ancora, tra felicità propria e soddisfazione dellamato, per cui anche pulsioni sessuali e preoccupazioni relative affiorano, nel cercare il senso e lautenticità del sentimento neonato. Soluzioni che appaiono sottolineature interpretative in un testo evasivo al riguardo.
Angelo Campolo (Elj) e Mascia Musy (Donata).
Foto di Tommaso Le Pera
In apertura, la sorpresa è data dalla figura in tailleur, giacca bianca e pantaloni grigi, dellattrice Donata Genzi, che compare scendendo una scala su uno sfondo marino. La donna stanca e dolente, si ritira davanti allo specchio del suo camerino. Trova un biglietto con un messaggio: «Soffro troppo a vederti recitare», del quale restano oscuri sia il senso sia il mittente. Forse è il rammarico e il rimpianto dellautore, nel ricordo della sua musa reale. Poi, dal palco di un teatro (immagine in proiezione), un gruppo di spettatori commenta il personaggio dellattrice, prima di spostare lazione nella villa della signora Elisa Arcuri che ospita la sua amica ritrovata. Qui savvia la conversazione sulla problematica della condizione teatrale, che Donata conferma con le sue prime battute. Poi lincontro con Elj, nipote del conte Mola, scatena la passione reciproca. Nella progressione rivelatrice delle difficoltà per «trovarsi» (progettata in tre atti e ora divisa in due tempi, con interpolazioni e integrazioni), linterprete trova pronuncia e intonazioni sincere, mentre i momenti di confronto con lo specchio, ad esempio, gravano sul senso già evidentemente simbolico del testo. Un bellepisodio risulta lo slancio spontaneo e felice col quale Elj abbraccia Donata, le offre il «mare infinito» e scherzando la trasporta nel suo mondo più libero e naturale.
La recitazione è precisa e sicura, anche se la Compagnia offre qualche squilibrio di distribuzione, con i comprimari ridotti a funzionali comparse. Ester Cucinotti interpreta Elisa, lamica delladolescenza, signorile e sobria, fiera dellamicizia con una donna famosa. La sua presentazione non lascia presagire alcun mistero sulla personalità latente della sua ospite. Marika Pugliatti, una marchesa Boveno di carnosa sovrabbondanza, civetta e ride con ammiccamenti volgari. Giovanni Moschella è un conte Mola dimpeccabile eleganza formale, ma lontano dalle esigenze autentiche del nipote orfano. Monia Alfieri è Nina, linnamorata di Elj; saccente e presuntuosa, giudica in funzione di sentimenti netti, rapporti schematici. Improbabile come ragazzina, si affidata alle mossette maliziose e scontrose e allabito da signorina perbene. Antonio Lo Presti figura un Giviero serioso nel diagnosticare scientificamente la personalità dellartista, in base alle fotografie delle sue espressioni. Laitante marinaio Elj è reso da Angelo Campolo che, dimenticando il côté artista (è pittore, nel copione) si compiace desuberanza sportiva e spirito naturista e si sfoga in solitarie regate temerarie in barca a vela. Interpretata da Mascia Musy, la figura di Donata è la più credibile e sensibile, coerente per adesione al personaggio e per capacità espressive. Prevale in lei lintrospezione – malgrado qualche raro scarto reattivo esteriorizzato in grido o esasperazione – e il suo tormento riesce infine umano e attuale, attraversando e superando le formule pirandelliane più distanti e scontate.
Con una lettura riferita in chiave biografica allautore, i registi inquadrano ragioni e comportamenti coinvolgenti i due protagonisti, in soluzione filologicamente forzata. Se la dedica di Luigi a Marta suggellava un doppio vincolo di sentimenti e affinità artistica, i registi la prendono a modello diretto della relazione rappresentata, rilevando: «Lui, che ha scritto Trovarsi per Marta Abba, vive nel terrore che qualcuno giovane e impetuoso come Elj, possa arrivare da lontano e portargliela via». Lipotesi di «un viaggio allindietro nel tempo, un sogno tra maschera e vita dentro la mente di Pirandello», invece, meglio sadatta al dramma di Donata, che accetta lincomprensione dellimmaturo amante, per restare fedele a se stessa. Pur quando, rivolta al mare su cui probabilmente Elj veleggiando sè allontanato, lei per lultima volta lo chiama.
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