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Diverbio insanabile fra l’arte e la vita

di Gianni Poli
  Trovarsi
Data di pubblicazione su web 04/12/2012  

 

L’allestimento di opere classiche del repertorio italiano moderno comporta ormai una motivazione o giustificazione necessaria, alla luce della sensibilità attuale. Quest’anno appaiono quasi contemporaneamente in cartellone due titoli di Pirandello. Tutto per bene conferma, nello stile di Gabriele Lavia, una variazione significativa attorno alla tematica più profonda e originale dell’autore, come mostra la recensione di Adela Gjata (pubblicata sulla nostra rivista). L’edizione di Trovarsi diretta da Vetrano e Randisi (ripresa in lunga tournée e vista al Teatro Duse di Genova) ricorre all’adattamento per fare emergere costanti e sorprese di un’opera tardiva e meno celebre. La novità consiste principalmente nell’impaginazione insolita, con un Prologo e un Epilogo inventati e l’apertura a spazi imprevisti rispetto al testo originale. Per il resto, con l’eliminazione di quattro personaggi minori (Salò, il Dottore e i due Camerieri) l’attenzione si concentra sul rapporto fra attore e personaggio, realtà e finzione, arte e vita comune. Il palcoscenico resta il luogo del dibattito sull’identità mutevole e inafferrabile della persona, divisa fra la coscienza di sé e l’immagine rinviatane dal consorzio civile.

 

L’autore dedicava a Marta Abba, sua interprete d’elezione e d’affezione, codesto dramma dalle allusioni biografiche, tortuoso viaggio nei labirinti della personalità. Lo spettacolo non semplifica, nei dialoghi, le formulazioni concettuali della visione pirandelliana della conoscenza e dell’arte e anzi rafforza con proiezioni e segni simbolici le situazioni emblematiche dei protagonisti, in particolare dell’eroina, la cui vicenda attraversa tormentose verifiche della propria coscienza divisa e frustrata. Indagine psicologica (o rovello), piuttosto che metafisica ricerca di un senso dell’esistenza. L’attrice Donata Genzi, che si è offerta («donata», appunto) interamente alla sua Arte, si sente realizzata recitando, ma sperduta (non «si trova») fuori dal palcoscenico. Tant’è che quando si innamora del giovane Elj e crede di potersi completare e riconoscersi finalmente, l’amato reagisce inducendola nuovamente al dilemma insolubile: l’amore per lui presuppone l’abbandono del teatro. Infatti, vedendola recitare con sublime immedesimazione una situazione amorosa, il ragazzo deluso e indignato fino alla gelosia, la disprezza e la insulta. Inoltre, in questa convenzione drammaturgica, sconfinante nella visione del teatro nel teatro e nell’esplicitazione dei rapporti deformati o turbati dal gioco sociale, i registi propendono per la testimonianza diretta e sconvolgente della protagonista. Non tanto con un verismo recitativo e un’ambientazione storicizzata, ma mediante la motivazione psicologica dell’attrice di fronte al bivio decisivo della vocazione. E ancora, tra felicità propria e soddisfazione dell’amato, per cui anche pulsioni sessuali e preoccupazioni relative affiorano, nel cercare il senso e l’autenticità del sentimento neonato. Soluzioni che appaiono sottolineature interpretative in un testo evasivo al riguardo.

 


Angelo Campolo (Elj) e Mascia Musy (Donata).
Foto di Tommaso Le Pera

 

In apertura, la sorpresa è data dalla figura in tailleur, giacca bianca e pantaloni grigi, dell’attrice Donata Genzi, che compare scendendo una scala su uno sfondo marino. La donna stanca e dolente, si ritira davanti allo specchio del suo camerino. Trova un biglietto con un messaggio: «Soffro troppo a vederti recitare», del quale restano oscuri sia il senso sia il mittente. Forse è il rammarico e il rimpianto dell’autore, nel ricordo della sua musa reale. Poi, dal palco di un teatro (immagine in proiezione), un gruppo di spettatori commenta il personaggio dell’attrice, prima di spostare l’azione nella villa della signora Elisa Arcuri che ospita la sua amica ritrovata. Qui s’avvia la conversazione sulla problematica della condizione teatrale, che Donata conferma con le sue prime battute. Poi l’incontro con Elj, nipote del conte Mola, scatena la passione reciproca. Nella progressione rivelatrice delle difficoltà per «trovarsi» (progettata in tre atti e ora divisa in due tempi, con interpolazioni e integrazioni), l’interprete trova pronuncia e intonazioni sincere, mentre i  momenti di confronto con lo specchio, ad esempio, gravano sul senso già evidentemente simbolico del testo. Un bell’episodio risulta lo slancio spontaneo e felice col quale Elj abbraccia Donata, le offre il «mare infinito» e scherzando la trasporta nel suo mondo più libero e naturale.

 

La recitazione è precisa e sicura, anche se la Compagnia offre qualche squilibrio di distribuzione, con i comprimari ridotti a funzionali comparse. Ester Cucinotti interpreta Elisa, l’amica dell’adolescenza, signorile e sobria, fiera dell’amicizia con una donna famosa. La sua presentazione non lascia presagire alcun mistero sulla personalità latente della sua ospite. Marika Pugliatti, una marchesa Boveno di carnosa sovrabbondanza, civetta e ride con ammiccamenti volgari. Giovanni Moschella è un conte Mola d’impeccabile eleganza formale, ma lontano dalle esigenze autentiche del nipote orfano. Monia Alfieri è Nina, l’innamorata di Elj; saccente e presuntuosa, giudica in funzione di sentimenti netti, rapporti schematici. Improbabile come ragazzina, si affidata alle mossette maliziose e scontrose e all’abito da signorina perbene. Antonio Lo Presti figura un Giviero serioso nel diagnosticare scientificamente la personalità dell’artista, in base alle fotografie delle sue espressioni. L’aitante marinaio Elj è reso da Angelo Campolo che, dimenticando il côté artista (è pittore, nel copione) si compiace d’esuberanza sportiva e spirito naturista e si sfoga in solitarie regate temerarie in barca a vela. Interpretata da Mascia Musy, la figura di Donata è la più credibile e sensibile, coerente per adesione al personaggio e per capacità espressive. Prevale in lei l’introspezione – malgrado qualche raro scarto reattivo esteriorizzato in grido o esasperazione – e il suo tormento riesce infine umano e attuale, attraversando e superando le formule pirandelliane più distanti e scontate.

 

Con una lettura riferita in chiave biografica all’autore, i registi inquadrano ragioni e comportamenti coinvolgenti i due protagonisti, in soluzione filologicamente forzata. Se la dedica di Luigi a Marta suggellava un doppio vincolo di sentimenti e affinità artistica, i registi la prendono a modello diretto della relazione rappresentata, rilevando: «Lui, che ha scritto Trovarsi per Marta Abba, vive nel terrore che qualcuno giovane e impetuoso come Elj, possa arrivare da lontano e portargliela via». L’ipotesi di «un viaggio all’indietro nel tempo, un sogno tra maschera e vita dentro la mente di Pirandello», invece, meglio s’adatta al dramma di Donata, che accetta l’incomprensione dell’immaturo amante, per restare fedele a se stessa. Pur quando, rivolta al mare su cui probabilmente Elj veleggiando s’è allontanato, lei per l’ultima volta lo chiama.

 

Trovarsi
cast cast & credits
 


Mascia Musy
(Foto Tommaso Le Pera)


 
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