Eterno ritorno: provini, il titolo del film di Kira Muratova è già una minaccia. Un uomo fa visita a una vecchia compagna di studi per chiederle un consiglio: si è innamorato di una donna, ma ama anche la moglie e non sa cosa fare. Coinvolge così anche lamica nelle sue sofferte riflessioni, torturandola.
Lo stesso episodio torna ossessivamente (ecco spiegato leterno ritorno del titolo nietzschiano), rivisitato in varie salse e con diversi attori e set, tutti simili eppure differenti. Uninfinità di variazioni sul tema, in bianco e nero e interrotta solo da una breve sequenza esplicativa a colori, nella quale un regista spiega a un possibile finanziatore che si tratta dei provini effettuati da un regista semisconosciuto, morto improvvisamente e che ora di quei provini vorrebbe farne un film.
Si crea così una sovrapposizione metalinguistica col film vero e proprio per cui i due livelli quello del film (da fare) nel film (che stiamo vedendo) finiscono per sovrapporsi. Estenuati (ma anche un po divertiti) dalla sequela di scenette tutte praticamente identiche, capiamo il senso di questa operazione soltanto alla fine, quando una nuova sequenza a colori svela le trattative del regista per cercare di convincere il produttore.
Si dice che sì sarebbe interessante ma il grande pubblico si annoia di fronte ai cosiddetti “film dautore”; qualcuno lo troverà troppo lungo (in effetti!)… il produttore temporeggia, promette, mette in dubbio, finché entra un uomo che millanta di essere un finanziatore col quale il regista aveva già preso precedenti accordi e di fronte allo spauracchio della concorrenza, il produttore che abbiamo visto fin dallinizio, finalmente, cede.
Non era che una messa in scena per far capitolare questultimo e il finale si perde nelle risate assordanti dei due attori improvvisati (il regista e il suo compare): un nuovo escamotage metalinguistico in un film articolato come un gioco di scatole cinesi, nel quale lultima, a sorpresa, non contiene niente. Uno scherzo sul cinema che è una vera e propria tortura per lo spettatore, fino alla sequenza finale, che in una manciata di minuti svela il senso delloperazione e la finzione (nella finzione). Non un capolavoro, ma qualcosa di originale, esasperante e divertente, che rinnova il senso della parola “sperimentazione”, cinematograficamente parlando.
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