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Sorprese e creatività al Festival dei Due Mondi

di Gabriella Gori
  Il Wiener Staatsballett a Spoleto (foto di Micheal Pohn)
Data di pubblicazione su web 21/10/2012  
                                 

Sorprende, affascina e lascia increduli vedere come un grande della danza possa a sessantaquattro anni compiuti tenere ancora in pugno la scena con un insospettato talento di attore e mostrare intatta quell’inconfondibile padronanza del corpo, quella grazia del movimento che gli derivano dalla sua formazione coreutica. Un sincretismo espressivo che rende Mikhail Baryshnikov un artista fuori dal comune e dimostra la capacità di trovare in se stesso le ragioni di una prodigiosa metamorfosi teatrale confermata da In Paris. A Paly, un atto unico di Dmitry Krymov tratto da un racconto di Ivan Bunin, Premio Nobel della Letteratura nel 1933.

 

Presentata al Teatro San Nicolò in prima italiana al 55° Festival dei Due Mondi di Spoleto e diretta da uno dei più famosi registi d’avanguardia russi, la pièce è ambientata nella Parigi degli anni Trenta e narra della breve ma intensa storia d’amore tra un ex-generale dell’Armata Bianca scappato dalla Russia e Olga, una cameriera russa. Un rapporto necessitato dal bisogno di eludere la solitudine di due esuli che cercano di colmare il senso di lontananza dalla patria, di riempire il vuoto della loro esistenza e trovare una speranza per un futuro pieno di amarezza.

 

In una carezzevole atmosfera malinconica, e a tratti surreale, Parigi diventa teatro di questo idillio fatto di gesti quotidiani, di abbracci sfuggenti, di dialoghi concitati, di ricorrenti pause, di frasi sospese, in un misto di russo e francese (sottotitolato in italiano) che si trasforma in una nostalgica melodia sonora.

 


Un momento dello spettacolo con il Wiener Staatsballett 
(foto di Micheal Pohn)


Fabula stataria e al tempo stesso motoria, In Paris si sviluppa per quadri che raffigurano gli interni di una sala da pranzo con tanto di tavolo o gli esterni di boulevard parigini attraversati dalla sagoma di una macchina di cartone e movimentati da proiezioni della Russia imperiale o da frasi del racconto di Bunin.

 

Con un taglio registico serrato e dinamico Krymov mette in scena un lavoro che è moderno nell’apporto multimediale curato da Tei Blow ma tradizionale nell’avvalersi di servi di scena che spostano gli arredi ideati da Maria Tregubova o di anonimi personaggi impersonati dai componenti del Laboratorio Teatrale Krymov.

 

Immersi in questa Parigi da cartolina illuminata dalle luci grigio-perla di Damir Ismagilov e accarezzata dalle suadenti musiche di Dmitry Volkov, i due protagonisti agiscono con estrema disinvoltura e se l’attrice Anna Sinyakina è perfetta nella parte di Olga, dosando con maestria stati d’animo diversi eppure accumunati da un languore esistenziale che incombe su tutto e su tutti, Mikhail Baryshnikov si rivela un eccellente attore che ha nella misura la carta vincente del suo stile. Uno stile raffinato, lieve, sommesso, mai sopra le righe, che incanta per quel modo signorile di porsi sulla scena, di modulare la voce, di far capire e sentire allo spettatore la profonda umanità dell’anima russa.

 

Doti di un attore consumato a cui fa eco nell’epilogo, e a sorpresa, il ritorno di un vecchio e incancellabile amore: la danza. Così In Paris. A Play si chiude con una breve coreografia di Alexei Ratmansky in cui  Baryshnikov come un torero mima il duello mortale con la morte, ruotando con eleganza un enorme mantello rosso sangue. Un colpo da maestro che resta impresso negli occhi e nel cuore del pubblico confermando la grandezza di un artista salutato al Teatro San Nicolò da scroscianti applausi e da una inevitabile standing ovation finale.

 

Applausi calorosi e convinti non sono mancati neppure al Teatro Romano che ha visto il debutto del  Wiener Staatsballet. L’ottimo corpo di ballo viennese che ha avuto l’onore di aprire la sezione danza del Festival dei Due Mondi con un programma creato ad hoc per Spoleto dal direttore artistico Manuel Legris.  

 

Legris, étoile dell’Opéra di Parigi e ospite a Spoleto quattro anni fa insieme a Laurent Hilaire nel celeberrimo Le chant du compagnon errant di Bèjart, si ripresenta questa volta in veste di direttore di un corpo di ballo su cui ha già impresso il proprio marchio di fabbrica. Un marchio che si vede nell’eccellente preparazione tecnica dei ballerini, nella raffinatezza della loro presenza scenica, nella scelta del repertorio che spazia dalla tradizione ballettistica ottocentesca, all’espressività coreografica novecentesca senza dimenticare la coreografia contemporanea.

 

E proprio all’insegna della creatività odierna Legris ha presentato il Balletto dell’Opera di Vienna in due titoli di estremo interesse come Glow-Stop, una coreografia del finlandese Jorma Elo e Marie Antoniette, il balletto del tedesco Patrick de Bana, riadattato per il Festival spoletino dall’autore tedesco. Due pièces d’occasion in prima italiana che confermano l’egregio lavoro del direttore, alla guida dell’organico dal 2010, e l’alto livello raggiunto dalla compagnia austriaca.

 

Glow-Stop, creato da Elo nel 2006 per l’American Ballet Theatre, è una coreografia che si sofferma sui due momenti principali della carriera di un ballerino. Quello del pieno successo e quello dell’inaspettato e prematuro stop che spesso mette la parola fine alla carriera di un danzatore.

 

Nato per dodici elementi, il pezzo è astratto e sviluppa questo contrasto professionale anche attraverso la musica mettendo a confronto il Quarto movimento della Sinfonia in do maggiore KV 200 di Mozart e il secondo movimento del “Tirol Concerto” per pianoforte e orchestra di Philip Glass. Due compositori che consentono di esprimere quello che è stato definito il “neoclassicismo frenetico” di Elo. Un linguaggio coreografico di matrice balanchiniana che spinge al massimo i virtuosismi tecnici maschili e femminili, di coppia e di gruppo, senza però arrivare a forzature o asprezze forsythiane o a rallentare il ritmo. Ritmo che non è mai disgiunto da una controllata eleganza espressiva, da una momentanea stasi o da un equilibrio che rendono come sospeso il divenire ininterrotto dei legati.

 

Una dinamica ipercinetica esaltata anche dai colori rosso e nero dei costumi di Zack Brown, dalle luci di Brad Fields e dalla splendida resa del Wiener Staatsballet che mostra tutta la sua bravura anche in Marie Antoniette.

 


Olga Esina in Marie Antoinette 
(copyright Wiener staatsballett Dimo Dimov)


Balletto in due atti nella versione originale del 2010 e ridotto da Patrick de Bana per il Festival, Maria Antonietta si concentra sui momenti cruciali della vita della Regina di Francia prima di finire sotto la ghigliottina. Momenti narrati non cronologicamente ma attraverso le personificazioni del Fato e dell’Ombra di Maria Antonietta, le importanti presenze familiari di Luigi XVI, della cognata Elisabeth, del conte di Svezia Axel von Fersen e della madre  Maria Theresia e quelle istituzionali dei membri della corte parigina. Uno stuolo di personaggi veri e simbolici che attorniano la regina e mettono in luce la solitudine di una donna di fronte all’inevitabile e tragico epilogo che può essere affrontato solo con disperata dignità.

 

Balletto intimista e psicologico, tutto giocato sugli stati d’animo, questa Marie Antoniette convince per l’impostazione drammaturgica di Jaime Millás e per l’elegante fluire del dettato coreografico che fonde senza soluzione di continuità linguaggio neoclassico, stilemi moderni e pose barocche.

 

Un medley coreutico che corrisponde al medley musicale delle belle pagine di Vivaldi, Chevalier de Saint-Georges, Mozart, Bach, Rameau, Rebel, con quelle elettroniche di Georg Philipp Telemann e Luis Miguel Cobo, e costumistico curato da Agnès Letestu che firma i ricercati costumi d’epoca con ampie gonne, ruches e crinoline in tessuto trasparente per le donne e pantaloni al ginocchio e marsine per gli uomini.

 

Una mise en danse che sarebbe stato interessante vedere nel suo allestimento completo per apprezzare al meglio il recupero delle modalità compositive del balletto drammatico del secondo Novecento con i bei duetti di Maria Antonietta, la brava e bella Olga Esina, con il carismatico Luigi XVI di Roman Lazik, con lo straniante Fato di Kirill Kourlaev, con la delicata Ombra di Alice Firenze. Intensi passi a due intercalati dalle precise e puntuali presenze della cognata di Ketevan Papava, della madre di Dagmar Kronberger e del mosso corteggio dei dignitari della corona di Francia.       


                               
In Paris. A Play, Glow-Stop, Marie Antoniette


In Paris. A Play
cast cast & credits
 


Glow-Stop
cast cast & credits
 


Marie Antoniette
cast cast & credits
 



 
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