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Il ritorno di Viviani

di Adela Gjata
  Viviani Varietà
Data di pubblicazione su web 06/07/2012  

Napoli. 1929. Piroscafo Duilio. Destinazione Buenos Aires. Queste le coordinate che guidano il Viviani Varietà di Maurizio Scaparro, rotta finale di quel viaggio dalla Mitteleuropa al Sudamerica che ha ispirato la 75ª edizione del Maggio Musicale facendo ritornare, dopo anni di assenza, il teatro di prosa all’interno della manifestazione fiorentina. A vestire i  panni di Raffaele Viviani è Massimo Ranieri che, dopo i viaggi di Pulcinella a Parigi (L’ultimo Pulcinella, 2009), continua il sodalizio artistico con Scaparro rintracciando le orme degli italiani in giro per il mondo. Lo spettacolo prende spunto dal viaggio del ’29 per raccontare vita e teatro del drammaturgo e attore napoletano, ma anche il più ampio contesto della Napoli del primo Novecento, terra dalle mille contraddizioni e dal grande patrimonio culturale e umano.

Scenografia di
Foto di Gianluca Moggi

Ecco che il palcoscenico della Pergola, trasformato nel ponte dell’imponente transatlantico, trasporta gli spettatori/viaggiatori nelle atmosfere calde e colorate del Varietà, variante napoletana di quel Caffè Chantant che viveva nei primi decenni del Novecento il suo periodo aureo. La messinscena, immaginata come prova dello spettacolo che Viviani portava agli italiani in Argentina, raccoglie commedie, poesie, corrispondenze e testimonianze curate dal nipote Giuliano Longone Viviani. Ne viene fuori un racconto di parole e musica che alterna canzoni e siparietti performativi, registri espressivi comici e melanconici, divertenti e riflessivi. A orchestrare le vivaci prestazioni degli attori c’è un energico Ranieri/Viviani, capocomico regista e interprete del suo teatro. Lo vediamo coordinare la gara canora degli interpreti, mentre cerca di placare il narcisismo delle vedettes o il candido esibizionismo dell’“acquaiolo”, ingaggiato a bordo del Duilio. L’ensemble degli attori si distingue per affiatamento e vitalità, crea un vivace e colorito mosaico le cui tessere sono ben distinte nella loro coralità, a partire dall’istrionico Ernesto Lama, le sciantose Ester Botta e Angela de Matteo, ma anche Roberto Bani, Ivano Schiavi e Mario Zinno.

Protagoniste della messinscena sono le musiche e i canti elaborate dal maestro Pasquale Scialò, che coinvolgono gli spettatori in un’atmosfera da festa popolare e riscattano lo spettacolo dalle difficoltà di comprensione dovute al serrato dialetto napoletano. La musica, suonata dal vivo da un quintetto situato sotto il proscenio, accende l’atmosfera con canzoni celeberrime come Bambenella, L'emigrante e Piedigrotta, brechtianamente interpretate. E tra una canzone e l’altra si parla d’amore, di miseria, d’immigrazione e del destino, della crisi dell’arte scenica e del precipitoso avvento del cinematografico; si attendono notizie dal telegrafo, oggetto feticcio dell’ascesa della tecnologia, utile persino in caso di naufragio. Momento simbolico della messinscena è il passaggio dell’equatore, spartiacque di due mondi, avvertito come potenza misteriosa e oscura che si cerca di esorcizzare con il canto e il buon umore.

Un momento dello spettacolo
Foto di Gianluca Moggi

Lo spettacolo parla del passato per raccontare il presente, allude con sottile ironia a recenti fatti di cronaca e alla crisi economica. In mezzo a sciantose, guappi, scugnizzi e poverelli emerge un Viviani conteso tra timori e speranze, nostalgico e melanconico mentre legge le lettere della sua amata Maria, eppure estremamente lucido e disincantato quando canta «a terra promess è chella ca’ si lascia ppe necessità cu tanta nostalgia, non quella (l’America) aro’  va a zapparè». La prova di Scaparro, posta di fronte alla necessità di far risaltare lo scetticismo e la spietata ironia di Viviani, ha il merito di scuotere il suo teatro dalla polvere dell’oblio, coniugando la versatilità istrionica dell’artista alla solitudine esistenziale dell’uomo che nell’anno della grande depressione cercava fortuna in terra straniera. Dal velo di nostalgica malinconia che innerva la messinscena si avverte comunque l’estro pungente di Viviani, quell’epicomicità che trae linfa vitale e dolente dalle strade e dai rioni di Napoli, dove affiorano “tipi” e macchiette squisitamente teatrali, situazioni e atmosfere della quotidianità partenopea esenti da orpelli e idealizzazioni che contrassegnano una presa di posizione lucida e disincantata.

 

Viviani Varietà
cast cast & credits
 




































Foto di Gianluca Moggi
















Foto di Gianluca Moggi
 
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