Napoli. 1929. Piroscafo Duilio. Destinazione Buenos Aires. Queste le coordinate che guidano il Viviani Varietà di Maurizio Scaparro, rotta finale di quel viaggio dalla Mitteleuropa al Sudamerica che ha ispirato la 75ª edizione del Maggio Musicale facendo ritornare, dopo anni di assenza, il teatro di prosa allinterno della manifestazione fiorentina. A vestire i panni di Raffaele Viviani è Massimo Ranieri che, dopo i viaggi di Pulcinella a Parigi (Lultimo Pulcinella, 2009), continua il sodalizio artistico con Scaparro rintracciando le orme degli italiani in giro per il mondo. Lo spettacolo prende spunto dal viaggio del 29 per raccontare vita e teatro del drammaturgo e attore napoletano, ma anche il più ampio contesto della Napoli del primo Novecento, terra dalle mille contraddizioni e dal grande patrimonio culturale e umano.
Foto di Gianluca Moggi
Ecco che il palcoscenico della Pergola, trasformato nel ponte dellimponente transatlantico, trasporta gli spettatori/viaggiatori nelle atmosfere calde e colorate del Varietà, variante napoletana di quel Caffè Chantant che viveva nei primi decenni del Novecento il suo periodo aureo. La messinscena, immaginata come prova dello spettacolo che Viviani portava agli italiani in Argentina, raccoglie commedie, poesie, corrispondenze e testimonianze curate dal nipote Giuliano Longone Viviani. Ne viene fuori un racconto di parole e musica che alterna canzoni e siparietti performativi, registri espressivi comici e melanconici, divertenti e riflessivi. A orchestrare le vivaci prestazioni degli attori cè un energico Ranieri/Viviani, capocomico regista e interprete del suo teatro. Lo vediamo coordinare la gara canora degli interpreti, mentre cerca di placare il narcisismo delle vedettes o il candido esibizionismo dell“acquaiolo”, ingaggiato a bordo del Duilio. Lensemble degli attori si distingue per affiatamento e vitalità, crea un vivace e colorito mosaico le cui tessere sono ben distinte nella loro coralità, a partire dallistrionico Ernesto Lama, le sciantose Ester Botta e Angela de Matteo, ma anche Roberto Bani, Ivano Schiavi e Mario Zinno.
Protagoniste della messinscena sono le musiche e i canti elaborate dal maestro Pasquale Scialò, che coinvolgono gli spettatori in unatmosfera da festa popolare e riscattano lo spettacolo dalle difficoltà di comprensione dovute al serrato dialetto napoletano. La musica, suonata dal vivo da un quintetto situato sotto il proscenio, accende latmosfera con canzoni celeberrime come Bambenella, L'emigrante e Piedigrotta, brechtianamente interpretate. E tra una canzone e laltra si parla damore, di miseria, dimmigrazione e del destino, della crisi dellarte scenica e del precipitoso avvento del cinematografico; si attendono notizie dal telegrafo, oggetto feticcio dellascesa della tecnologia, utile persino in caso di naufragio. Momento simbolico della messinscena è il passaggio dellequatore, spartiacque di due mondi, avvertito come potenza misteriosa e oscura che si cerca di esorcizzare con il canto e il buon umore.
Foto di Gianluca Moggi
Lo spettacolo parla del passato per raccontare il presente, allude con sottile ironia a recenti fatti di cronaca e alla crisi economica. In mezzo a sciantose, guappi, scugnizzi e poverelli emerge un Viviani conteso tra timori e speranze, nostalgico e melanconico mentre legge le lettere della sua amata Maria, eppure estremamente lucido e disincantato quando canta «a terra promess è chella ca si lascia ppe necessità cu tanta nostalgia, non quella (lAmerica) aro va a zapparè». La prova di Scaparro, posta di fronte alla necessità di far risaltare lo scetticismo e la spietata ironia di Viviani, ha il merito di scuotere il suo teatro dalla polvere delloblio, coniugando la versatilità istrionica dellartista alla solitudine esistenziale delluomo che nellanno della grande depressione cercava fortuna in terra straniera. Dal velo di nostalgica malinconia che innerva la messinscena si avverte comunque lestro pungente di Viviani, quellepicomicità che trae linfa vitale e dolente dalle strade e dai rioni di Napoli, dove affiorano “tipi” e macchiette squisitamente teatrali, situazioni e atmosfere della quotidianità partenopea esenti da orpelli e idealizzazioni che contrassegnano una presa di posizione lucida e disincantata.
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