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Il fascino indiscreto della gelosia

di Lorenzo Galletti
  Un amore di Swann
Data di pubblicazione su web 04/06/2012  
                                 

Dall’estate 2007 si rinnova ormai annualmente il sodalizio tra la Compagnia Lombardi-Tiezzi e il Museo del Bargello di Firenze, che offre al teatro il suo cuore di pietra, la magnifica corte interna. A inaugurare la felice unione fu il tragico dannunziano Sogno di un mattino di primavera, a cui sono seguite nell’ordine l’Erodiàs di Giovanni Testori, Il riformatore del mondo di Thomas Bernhard firmato da Giovanni Scandella, L’uomo dal fiore in bocca di Luigi Pirandello con la regia di Roberto Latini e, lo scorso anno, La morsa dello stesso scrittore siciliano per la regia di Arturo Cirillo. Quest’anno l’ambizione, ma anche l’esperienza della navigata e qui ritrovata coppia ha proposto a un pubblico sempre numeroso Un amore di Swann, parte seconda del primo libro dell’imponente À la recherche du temp perdu di Marcel Proust, con Federico Tiezzi a guidare in scena Sandro Lombardi, anche adattatore del testo.

 

La vicenda, ambientata nella Parigi di fine Ottocento, racconta la parabola di un amore che cresce dapprima ostinatamente come un fiore in un groviglio di erbacce, per poi bruciarsi una volta raggiunti i raggi del sole. Swann incontra Odette nel palco di un teatro, e da lei è introdotto nel «piccolo clan» di Madame Verdurin, esempio eccellente di una borghesia rampante, bigotta,  presuntuosa e sostanzialmente invidiosa. Infiltrato discreto dell’aristocrazia parigina, il protagonista guarda con indulgenza alla millantata esclusività del circolo. Eppure, innamoratosi di Odette per la sua somiglianza a Sefora, la figlia di Jetro dipinta da Botticelli nella Cappella Sistina, Swann si lascia affascinare dalla semplicità dei personaggi che popolano quel mondo, e perfino dalla loro piccineria, come ha fatto per l’ignoranza e la civetteria di Odette. Ma quest’ultima si rivela ben presto poco sensibile ai giochetti da cicisbeo con cui Swann tenta di riattizzare continuamente la loro intesa e con cui finisce per accendere soltanto la propria gelosia: una passione ancora più vorace dell’amore, che lo travolge e lo consuma, fino a fargli odiare quel mondo che aveva fatto suo.

 


Un momento dello spettacolo (Foto di Marcello Norberth)

 

Dopo il riuscito esperimento pirandelliano del 2011, Lombardi torna dunque a indagare il tema della gelosia, sentimento forte quanto quello amoroso e candidato a suo reale antagonista. Lo fa mettendo accanto, o in mezzo, ai due personaggi principali un meneur de jeux d’eccezione: Madame Verdurin è prima artefice insistente (e a tratti volgarmente ammiccante) dell’unione tra la sua adepta preferita e il nuovo affascinante ospite, e poi vera e propria fautrice del tradimento con l’ultimo – quindi sempre più simpatico e attraente – fedele, il Conte di Forcheville. Non è infine sbagliato sospettare, perché il racconto ce lo suggerisce, che sia lei stessa uno dei tanti amanti della giovane. La gelosia è dunque il tema guida della storia, che garantisce, sebbene non le sia dedicato troppo spazio in termini di tempo, almeno qualche intensità spettacolare e permette, con la sua strutturale accelerazione dei battiti cardiaci, un positivo cambio di direzione sulla linea della partecipazione emotiva.

 

Nella sua riscrittura Sandro Lombardi compie un’operazione di drammatizzazione soltanto parziale, mantenendo lunghi passi narrati dai personaggi in terza persona nella traduzione di Giovanni Raboni. L’intervento più sostanzioso e necessario, ma anche delicato, è però l’espunzione delle tante macchiette di cui Proust popola il salotto di casa Verdurin, e di cui Lombardi lascia traccia soltanto nei monologhetti retorici e un po’ inopportuni della padrona di casa (del tipo: «Signor Cottard! Dunque già volete lasciarci? Come? Un malato in pericolo di vita? Ma non esageriamo!»). Personaggi certamente marginali sia nell’economia dello spettacolo che per l’argomento che sta a cuore alla coppia di autori, ma di cui si sente il bisogno, e che le tante sedie rivestite di velluto rosso disseminate da Pier Paolo Bisleri sulla scena non riescono a sostituire. Il senso di povertà, quasi banalità, che scaturisce da queste assenze è accresciuto dalle proiezioni un po’ troppo didascaliche che inondano la scala e il muro del cortile alle spalle degli attori: di volta in volta le rose dell’amore, il fuoco della passione amorosa prima e della gelosia poi, gli alberi fruscianti che accompagnano i rientri notturni in carrozza dei due amanti, per finire con i diagrammi degli indici della Borsa, già segno della crisi di quella borghesia che Proust fotografa al tempo della sua definitiva ascesa e che Tiezzi ricolloca negli anni Venti del Novecento. Il quartetto di Debussy, che sostituisce la sonata di Vinteuil del testo originale, non basta a rompere il sopore.

 


Iaia Forte nei panni di Madame Verdurin (Foto di Marcello Norberth)

 
La regia si eclissa dietro un testo ancora troppo grezzo, dalle cui radici letterarie gli attori difficilmente riescono a svincolarsi, rimanendone anzi spesso prigionieri. Da Sandro Lombardi, attore tra i maggiori in Italia, ci si aspetta una costanza maggiore lungo tutto il corso dell’interpretazione, che invece procede per lampi: il sacro fuoco sembra accendersi solo quando in Swann la gelosia subentra al coinvolgimento più genuino dei primi tempi; ma l’impressione è che il merito sia piuttosto degli squilli della follia che non della crescente consapevolezza dell’attore. Elena Ghiaurov sembra tradire inizialmente i propri trascorsi ronconiani, perlopiù fuori luogo qui, per poi sciogliersi in una lettura della civetteria di Odette efficace, seppure a tratti eccessiva; giusto invece il suo approccio alle parti narrate in terza persona, che cerca di ammorbidire e sottomettere alla drammaturgia del personaggio per ridurne l’estraneità. Iaia Forte, infine, subisce ugualmente la lentezza del testo nella prima parte preparatoria, ma è l’unica capace di colorare in termini veramente teatrali lo spettacolo quando, cappellone di piume in testa, ritrae le mille facce e l’arrivismo di Madame Verdurin esibendosi nel repertorio completo di un’intera uccelliera.

 

In definitiva questo Swann ci è sembrato ancora troppo debitore nei confronti di Proust, dalla cui lettera stenta a separarsi e di cui non restituisce certo tutta la teatralità che Lombardi e Tiezzi rintracciano nella Recherche. La regia, poi, che per natura quando non è geniale è spesso asfissiante, limita col suo ferreo controllo ogni iniziativa degli attori, tutti visibilmente in difficoltà quando non possono trarre qualche forza dal contatto con le sedie del disordinato salotto. Neanche la temporanea dichiarata uscita degli attori dai rispettivi ruoli per riepilogare la natura dell’amore e della sua sardonica antagonista sa più di novità; ed essi non sembrano voler approfittare della parentesi che è loro offerta per riprendere aria al di fuori dell’impacchettata vicenda principale. Eppure, siccome la loro storia è grande, nonostante la prova claudicante di quest’anno, sappiamo già che il prossimo saremo di nuovo al Bargello a vedere il nuovo spettacolo della Compagnia Lombardi-Tiezzi.



                               
Un amore di Swann
cast cast & credits
 

                 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                 


Elena Ghiaurov (Odette)




 
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