La 75a edizione del Maggio Musicale Fiorentino ha inaugurato il programma con una nuova messinscena di Der Rosenkavalier di Richard Strauss. Lopera, scritta poco più di un secolo fa, era già comparsa in passato sul palco del Teatro Comunale, la prima volta nel 1942, ma mai prima dora era stata realizzata una produzione originale a firma del Festival.
La commedia per musica in 3 atti, caratterizzata da una trama complessa e da una profonda introspezione, è fitta dindicazioni lasciate dallautore del testo, lo scrittore, poeta e fedele co-autore di Strauss, Hugo von Hofmannsthal, non permettendo molta libertà nella realizzazione scenica. Eccoci così di fronte a una rappresentazione tradizionale, nel pieno rispetto della volontà originaria, di questopera il cui carattere predominante è lessere scandita dai tempi della parola.
Un momento dell'opera
Una regia essenziale e brillante, quella di Eike Gramss, ritornato al Maggio dopo Die Entführung aus dem Serail (Il ratto dal serraglio) di Mozart del 2002 (ripreso anche in unedizione del 2010) e arricchita da unimponente compagine, soprattutto nel terzo atto. Le scene di Hans Schavernoch seguono anchesse la lettura di moderna semplicità nelluso parco di elementi in scena e nella rappresentazione di opulenza solo tramite la sobria prospettiva mobile di un interno barocco. Lidea principe sta nelle dimensioni spropositate dello specchio, nel testo una specchiera da toilette nel primo atto, ora abnorme, quasi ad avvolgere lintero palco, presente per tutta lopera e via via sempre meno incombente fino a divenire marginale. Lelemento appare centrale nellazione in special modo durante il monologo di una bravissima Marescialla, Angela Denoke, la migliore di un cast eccellente, favorita anche dalle possibilità espressive del personaggio. La Denoke appare sempre padrona del ruolo, affrontando le difficoltà tecniche con naturalezza e musicalità. Anche lo stesso pubblico è riflesso e trasportato così alla ribalta insieme ai cantanti durante i momenti dintrospezione, o mentre i personaggi diventano pubblico essi stessi durante lesibizione della celebre aria del cantante italiano (Celso Albelo). Altro egregio interprete è stato Kristinn Sigmundsson nei panni di un credibilissimo Barone Ochs. Le capacità attoriali, richieste anche in questo caso dalla parte (lo si è apprezzato soprattutto nel secondo atto), gareggiano con la limpidezza della performance e fungono da spalla alla Denoke. Degna di nota anche linterpretazione del mezzosoprano Caitlin Hulcup nella parte dellamante della Marescialla, il cavaliere della rosa, giovane e nobile Octavian. Buone le luci di Manfred Voss, che, in alcuni passaggi, avrebbero potuto indugiare in una maggiore ricerca dintimità.
Un momento dell'opera
Nel finale, le scene dinterno finalmente si fanno da parte per appagare la vista con la vera protagonista dellopera, la Vienna al tramonto, fulcro di un impero mitteleuropeo in dissoluzione, nominata ripetutamente da Ochs, come immaginaria persona, richiamata in eco dal tema del valzer, fil rouge tra secondo e terzo atto. Nelle nebbie di una sehnsucht precoce, nella malinconica ironia in continuo bilico tra eleganza e grottesco, risuonano le parole della Marescialla: «Das alles ist geheim, so viel geheim, und man ist dazu da, daß mans etragt. Und in dem Wie da liegt der ganze Unterschied» (È tutto un mistero, un grande mistero, ed esistiamo per questo, per sopportarlo. E nel come sta la differenza.)
Una commedia tragicomica, il cui mondo costruito intorno ai personaggi sta per sgretolarsi, idea rafforzata anche dai costumi inizio secolo di Catherine Voeffray, non più settecenteschi, ma contemporanei al periodo in cui lopera fu scritta. “La fine della storia” che ascoltiamo appare un monito che Hofmannsthal e Strauss sembrano voler indirizzare per primi a loro stessi: «Ist halt vorbei!» (finisce e basta!), che siano nobili o innamorati, consci o volutamente riluttanti ad accettare la realtà, non importa, la fine di unepoca non concede rinvii a nessuno e a pagarla è chi più ne ha fatto parte da protagonista.
LOrchestra del Maggio è apparsa attenta nel Vorspiel, lintroduzione, come in tutti i momenti musicalmente rilevanti, in perfetto raccordo con lingresso dei cantanti e dei cori. Purtroppo luscita in proscenio degli interpreti alla fine di ogni atto contribuisce a spezzare la magia e il mistero regalati nei singoli atti a discapito della continuità della messinscena. Zubin Mehta, per la prima volta alle prese con questopera così importante nella letteratura del Novecento, appare perfettamente a suo agio e visibilmente soddisfatto del risultato, con riscontro del pubblico, tanto da portare lorchestra in scena a fine rappresentazione. Si segnala inoltre la novità, da questa produzione e per tutto il festival, di un servizio di accesso ai sottotitoli in qualsiasi lingua tramite cellulare o tablet, grazie alladesione del Maggio ad una nuova applicazione, OperaVoice, messa a disposizione in occasione di ogni singola opera in programma.
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