«Dramma giocoso in due atti»: questa la dicitura che appare sul frontespizio di Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni, di Wolfgang Amadeus Mozart, e che il musicista nel suo catalogo correggerà in «opera buffa». Se ci si sofferma sullariosa leggerezza e sullo schietto procedere della musica, è facile riconoscere come sia la partitura strumentale, sia lassegnazione dei registri vocali ai diversi personaggi concorrano a questa categorizzazione: non a caso al protagonista è data una voce baritonale, tipica dei personaggi minori. Se da un lato questo espediente serve allautore per sottolineare la propria condanna delle abitudini di vita del «dissoluto», dallaltro abbassa Don Giovanni alla stregua dei veri buffi: il servo Leporello e il villano Masetto, anchessi baritoni. Al mondo di questi ultimi appartiene anche Zerlina, seppure più per condizione sociale che per il ruolo sopranile. Su una tale base si innestano anche alcuni personaggi propri dellopera seria, quali Donna Elvira, la dama sedotta e abbandonata, e Donna Anna, vittima delle violenze del libertino. E tuttavia entrambe, coinvolte nel gioco di inganni che Don Giovanni e Leporello mettono in atto per soddisfare le smanie erotiche del primo, suscitano più ilarità che compassione.
Tutto questo per sottolineare come il seme della comicità, qui in senso lato, sia profondamente radicato nella musica di Mozart, prima, e forse meglio, che nel libretto di Lorenzo Da Ponte: nella sovrapposizione e nel contrappunto delle linee vocali come nella dinamicità del tracciato orchestrale. I Sacchi di Sabbia colgono magnificamente questo aspetto quando scelgono di intitolare il loro spettacolo, tratto dal celebre melodramma, Don Giovanni di W. A. Mozart (2010). Unopera davvero buffa, anzi buffissima!
La continua, variegata e (veramente) originale sperimentazione delle tecniche teatrali messa in opera dalla compagnia pisana, conduce qui ad una splendida rilettura dellopera del maestro austriaco. Lo spazio è vuoto, privo di inutili orpelli. Lazione tutta concentrata entro la superficie di un praticabile con due scalini, e poco più. Apre la rappresentazione una voce fuori campo, che racconta per sommi capi la vicenda del libertino più famoso del mondo, mentre un attore solo in scena illustra con i noti ed eloquenti gesti di uno steward i diversi passaggi. Poi subentra la musica. Gli strumenti in scena sono soltanto sei, quante le bocche delle persone sul palcoscenico, ma le loro possibilità sono sorprendenti. Così, organizzandosi perlopiù in tre gruppi di due voci ciascuno, i sei attori riproducono con smorfie, gargarismi, «boccacce e rumorini» le arie e i duetti più celebri, alternando sovrapposizioni e interferenze a momenti dialogici, come nella migliore delle partiture musicali. Sul fondo, sopra le loro spalle, la proiezione simultanea del libretto permette in certo modo una dilatazione dello spazio e fa esplodere, soprattutto tramite lestensione enfatica delle vocali o il ripetersi meccanico di alcuni versi, la comicità dellopera musicale.
La grandiosa fastosità della macchina scenica tipicamente operistica è qui azzerata e vinta nel ripensamento minimalista dello spazio e dellattrezzeria, mentre la tecnologia – seppure elementare – dellaltoparlante e del proiettore, irrompe fino ad ergersi a voce guida. Lorchestra è sepolta e dimenticata nella sua buca. Tutto si concentra nella mimica facciale e nei bizzarri vocalizzi dei sei bravissimi interpreti (Arianna Benvenuti, Giulia Gallo, Maria Pacelli, Matteo Pizzanelli, Federico Polacci, Giulia Solano), per un capolavoro di precisione, fantasia e versatilità, che non corre mai il rischio di cadere nel baratro del virtuosismo fine a se stesso. Per quaranta minuti si assiste a una secca e divertente caricatura dellopera mozartiana, la cui fresca ironia è valsa giustamente al gruppo il premio dellAssociazione Nazionale dei Critici di Teatro 2011. Del resto labilità parodica di questo gruppo bello e giovane non è una novità: qui ci piace ricordare almeno Abram e Isac. Sacra rappresentazione in cartoon (2010) e La passione di Clermont-Ferrand (2008), spettacoli in cui limpianto dellinvenzione sul testo antico, e addirittura sacro, non rischia mai il rigetto, ma anzi apre a nuove affascinanti prospettive di lettura.
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