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In sella a una bomba atomica

di Fabiana Campanella
  ITIS Galileo
Data di pubblicazione su web 27/03/2012  

 

A un anno dalla tragedia di Fukushima in Giappone, una specie di ordigno nucleare compare al centro della scena del nuovo lavoro di Marco Paolini, maestro della narrazione teatrale. Col rigore e la tecnica della Scienza, quella maiuscola, Paolini prende di petto le letture più ardue - i trattati scientifico filosofici di Aristotele, Tolomeo e Keplero - e ripercorre la storia della scienza e dell’umanità in una vertigine spazio temporale, inseguendo sul palcoscenico la velocità della rotazione terrestre.

 

Corre, letteralmente. Come la Terra, con la velocità di 1.800 km al minuto. 234.000 km percorsi in 130 minuti di spettacolo, per un numero incalcolabile di parole: una doppia ora di fisica storia e filosofia senza intervallo, davanti al professore che tutti avrebbero voluto. Che fa capire, fa ridere, fa vedere.

 

È in stato di grazia, l’arte del narratore bellunese, che sembra tornare alla leggerezza dei suoi Album, intrisi di ironia e memorie scolastiche, intime e italiane, a cui si è sommato il carico rivoluzionario del suo teatro civile. La scuola è qui solo il punto di partenza: l’attore ancora in platea divide il pubblico tra chi ha frequentato il liceo classico e lo scientifico, e i pochi ex alunni degli ITIS, gli Istituti Tecnici e Industriali italiani, moltissimi dei quali intitolati a Galileo Galilei. «Stasera parleremo di lui». «L’italiano con il nome uguale al cognome», quello che ci siamo sempre immaginati con la barba, tutto serio sopra un busto in mezzo alle scale della ricreazione. Dopo una breve carrellata di predecessori, si spengono le luci al suo nome, e si spalanca il palcoscenico, vuoto come l’universo che «il primo fiorentino nato a Pisa» si trovò a osservare con il suo cannocchiale. Galilei viene descritto ragazzo, figlio del musicista Vincenzo, intento a misurare l’isocromia del pendolo nel Duomo di Pisa, con gli unici strumenti che aveva a disposizione, gli intervalli musicali. Galilei è studente di medicina all’Università di Pisa, mai laureato, neanche dopo aver chiesto al padre di trasferirsi a matematica, che all’epoca, era «materia servile (…), più o meno come il Dams oggi…». Galilei è astrologo, che si guadagna da vivere costruendo oroscopi e calendari, proprio negli anni in cui si assume il calendario gregoriano, in uso ancora oggi, con i bisestili ogni 4 anni. Galilei è erede di Copernico, lo scienziato polacco che si accorge che la terra non è immobile ma gira intorno al sole, ma pubblica la sua scoperta solo in fin di vita, in un libercolo difficilissimo rimasto ignoto per 70 anni all’indice dei libri proibiti. Poi, però, nei dialoghi de La cena delle ceneri del 1584, Giordano Bruno difende Copernico e il sole immobile al centro di un universo infinito. Galilei ha 36 anni nel 1600, quando Giordano Bruno brucia in Campo de’ fiori, e quelle ceneri si spargono in tutta Europa.


Sfidare secoli di insegnamento aristotelico, per un tecnico di orologi, per «il primo di tutti i professori dell’ITIS», era una sfida irresistibile. Ma prendendo le distanze dall’ingerenza della Chiesa: “cervello in fuga” all’Università di Padova e Venezia, si avvicina all’industria bellica, da sempre grande motore della ricerca scientifica.

 

E corre, Paolini, e torna in mente il mototopo veneziano del Milione, lo spettacolo tratto dal libro di Marco Polo. Così Galileo si affaccia nella galleria di ritratti magnificamente costruiti dall’attore, dal mercante veneziano arrivato in Chatai, alla Margaret Thatcher de I Miserabili, a Mario Rigoni Stern ne Il Sergente. E sempre nei suoi lavori la storia si mescola al presente, compiendo il salto con un sorriso: «Galileo – spiega l’attore in un’intervista - era il simbolo di un pensiero che fa "resistenza" all’omologazione. È sempre facile irridere le teorie del passato. È più difficile metterle in discussione mentre ci si vive dentro. Ecco, Galileo è stato un maestro di ironia e in questo senso cerchiamo le sue tracce nel contemporaneo».

 

Quell’ironia oggi, declinata dal fraseggio di una maschera da Commedia dell’Arte, dischiude con gran semplicità i misteri irrisolti della storia delle idee. Che poi è fatta di uomini, desideri, paure e ambizioni. E corre Paolini, avanti e indietro come quell’enorme clava rotonda e puntuta che nel frattempo ha cominciato a pendolare alle sue spalle, e ri-percorre rapido la storia di un uomo che trova anche il tempo per fare dei figli con una donna che non sposerà mai, e che porta il Doge in cima al Campanile di San Marco, per fargli guardare le navi che entrano in laguna col cannocchiale. Anche la storia più o meno nota dello scienziato-filosofo pisano diventa una scoperta, nel testo di Marco Paolini e Francesco Niccolini, elaborato con la consulenza scientifica di Stefano Gattei e la consulenza storica di Giovanni De Martis, un vero team di studiosi e scrittori abituati a guardare dietro le apparenze.

 

Per un vezzo filologico, lo spettacolo ha debuttato proprio a Pisa nell’estate 2010. All’epoca la scenografia era realmente la volta stellata del Giardino Scotto; con l’unico appoggio di un leggio, e gli autori Niccolini-Paolini si concedevano più particolari sentimental-biografici su Virginia e gli amori del week-end tra Padova e Venezia. Nel lungo rodaggio tra scuole e contesti urbani, lo spettacolo si è asciugato in un ritmo incalzante, che davvero trasmette l’ansia di sapere e far sapere del protagonista del racconto, e lo stupore di ogni scoperta.

 

Trionfante della sua invenzione, Galilei pubblica nel 1610 il Sidereus Nuncius, di cui vediamo una riproduzione di un frammento autografo, calato su un telo come una lavagna piena di scritte da decifrare. Col violoncello di Mario Brunello in sottofondo, la voce si fa roca, la parola «eresia» fa capolino nel racconto di un successo editoriale (672 copie!), il testo va in mano ai Gesuiti, un po’ modaioli ma di grande autorevolezza, neanche fossero il RIS di Parma… Dopo un respiro di paura, l’attore scivola ancora nel gigioneggiare più divertente, durante le audaci contrattazioni per la cattedra all’Università di Firenze, o i colloqui col papa, che sfoceranno nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo. Un dialogo, un’opera teatrale a più personaggi che nella narrazione diventano uno “con” e uno “senza” maschera.

 

Ma è solo Paolini, questa volta senza la musica dei Mercanti di Liquore o del violoncellista amico Brunello. Canta lui. E svela la differenza tra l’accumulo di nozioni e l’atto puro del ragionare con la propria testa. L’importanza di capire e riflettere. Mostrando immagini che non si vedono. Appassionando un pubblico diverso dalla solita platea teatrale, tutta cultura letteraria e poco scientifica.

 

Il Galileo di Marco Paolini è ben lontano da quello di Brecht, “didattico” e filosofico: è una macchina perfetta in equilibrio tra maestria sapienziale e comicità, tra l’inquietudine delle contraddizioni del singolo e la voracità di progresso e conoscenza del genere umano. Se da un lato non centra l’obiettivo che si era dichiaratamente preposto, di evocare i fantasmi della superstizione in un mondo di oroscopi e magia deluso dalla scienza, dall’altro ha il grande merito di riaccendere l’attenzione sul tema della censura. Quel santo uffizio che oggi è la crociata contro wikileaks o contro lo spettacolo di Romeo Castellucci, o twitter in Iran.

 

Ma soprattutto, con l’incombente pendolo-bomba, su cui compare alla fine un sellino da bicicletta su cui l’attore si arrampica, riesce a evocare l’eterno conflitto tra la smania della ricerca scientifica e la paura delle conseguenze, tra la scoperta della scissione dell’atomo e i morti di Nagasaki, tema centrale in un altro bellissimo spettacolo visto sempre al centro di ricerca teatrale Teatro Era di Pontedera: Copenhagen di Michael Frayn, con Massimo Populizio, Umberto Orsini e Giuliana Lojodice, nei panni di Werner Heisenberg, Niels Bohr e di sua moglie Margrethe, che si chiedono cosa sarebbe successo se non avessero portato prima in America lo studio della fissione nucleare.

 

Non ci sono risposte, non è certo il teatro che deve darle. Ma si offrono le basi per domande, riflessioni, dialoghi. Il progresso comincia da qui.


ITIS Galileo
cast cast & credits
 


  

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 
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