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Chi sono i masnadieri di oggi?

di Adela Gjata
 
Data di pubblicazione su web 19/02/2012  

Al debutto dei Masnadieri, nel 1782 a Mannheim, si narra che il pubblico fu travolto da un’onda emotiva così intensa da provocare abbracci di commozione e addirittura svenimenti di alcune gentildonne. Intriso di principi rivoluzionari contro le istituzioni politiche, sociali e i pregiudizi morali con il fermo proposito di fare del palcoscenico un nuovo «istituto morale», l’esordio letterario di Friedrich Schiller è summa di quel tempestoso movimento che fu lo Sturm und Drang. Audace e anticonvenzionale, oggetto di diverse censure e altrettanti guai personali, I masnadieri toccano vette di pensiero e di poesia paragonabili alla grande drammaturgia shakespeariana, il cui genio veniva scoperto in quegli anni.

Gabriele Lavia ritorna al testo che lo vide regista e memorabile protagonista (Franz) nel 1982, accanto a Umberto Orsini (Karl) e Monica Guerritore (Amalia). Lo rivisita mettendo in risalto il malessere sociale della nostra epoca, segnata dalla morte delle grandi utopie e dal vuoto ideologico, momento storico prossimo a una svolta radicale secondo il regista, molto simile al tempo in cui visse Schiller, quello scorcio del Settecento che nel passaggio tra l’Illuminismo e il Romanticismo anticipava la Rivoluzione Francese. Ritornano, in quest’ultima opera, i tratti salienti della poetica scenica di Lavia: la lettura in chiave moderna dei classici; la ricerca di uno spazio scenico imponente e versatile, confrontabile, talvolta, alle architetture sceniche del Ronconi di un tempo; la scelta di costumi e musiche evocative; un’elaborata recitazione, tesa a caratterizzare minuziosamente i personaggi; gli intermezzi metateatrali e gli ammiccamenti brechtiani. I masnadieri irrompono sul palco con venti attori impegnati in uno spettacolo di grande impatto emotivo e scenico, impetuoso e pretenzioso, atto di nascita della Giovane Compagnia del Teatro di Roma.

 


Il gruppo dei masnadieri

Lo scenografo Alessandro Camera affoga il palcoscenico della Pergola sotto un fresco strato di terra dall’odore pungente, humus di una foresta di piantane, spazio drammaturgicamente attivo che diventa via-via la selva boema dei masnadieri, luogo di accampamenti, oppure l’interno del castello dei Moor. In primo piano, sulla destra, la poltrona del vecchio conte, simbolo della seduzione del potere, e qualche praticabile ligneo allineato in diagonale. In quest’atmosfera gotica, abilmente plasmata dalle luci di Simone De Angelis, si dipanano gli intrighi e i colpi di scena del capolavoro giovanile di Schiller.

Franz, intenzionato a diventare ad ogni costo signore della contea dei Moor, semina discordia tra suo padre e il primogenito Karl. Il vecchio Moor viene sepolto vivo in una torre del castello, mentre il fratello, afflitto per essere stato diseredato del capofamiglia, diventa capitano di una banda di masnadieri che erra nella selva boema per vendicare torti e ingiustizie. Al ritorno in casa paterna, spinto dall’amore per Amalia, Karl scopre le menzogne e i delitti del fratello, libera quindi il padre ancora vivo grazie alla pietà di un servitore. Il suicidio di Franz non risolve la situazione. Il vecchio conte riconoscendo nel figlio il capo dei masnadieri, muore di crepacuore. Karl, oppresso dal peso dei delitti e il giuramento indissolubile con i malviventi, uccide Amalia e si consegna alla giustizia, raggiungendo la consapevolezza di non poter ristabilire la legge con l’illegalità. Questo, grosso modo, l’intreccio dell’opera di Schiller che Lavia nel finale trasforma in tragedia. Prigioniero del proprio fallimento, arreso allo sconforto e alla disperazione, Karl spara al padre e all’amata. I buoni propositi dell’eroe schilleriano vengono disattesi dall’estetica rock che guida l’allestimento. Il capitano dei masnadieri viene ucciso dai suoi stessi uomini che non intendono assecondare le «manie di grandezze» del Moor. Come in Amleto tutto finisce in sangue e fango, irreversibile epilogo di un mondo impietoso, come cantava Cat Stevens nella sua famosa Wild World.

 


Francesco Bonomo (Franz) e Daniele Gonciaruk (il servo Daniel)

Schiller dipinge con maestria i contorti intrecci familiari, la seduzione del potere, il richiamo della libertà, l’amore conteso, l’odio, la religione, la fedeltà, il tradimento, la morte, l’etica e la coscienza. La fabula si fonda sul motivo dei fratelli nemici, archetipo vecchio quanto il mondo, uno alter-ego dell’altro, entrambi antieroi. È la diversità il tarlo che rode Franz, il figlio storpio, gobbo, strisciante come un serpente, perfido e macchinoso, reso alla perfezione da un bravissimo Francesco Bonomo, discepolo fedele degli insegnamenti di Lavia. Ai difetti fisici si somma la sfortuna di essere nato secondogenito, quindi mancato erede, capriccio del fato e insieme di suo padre, frutto di «un impulso animale» e di «un caso fortuito». I sottili pensieri schilleriani, splendidi monologhi che tanto ricordano l’estro di Shakeaspeare, vengono sussurrati al microfono, come se volessero rendere palpabile quella voce interiore che spesso ci risuona dentro torbida e confusa.


Il gruppo dei masnadieri. In centro Simone Toni (Karl) 

Dall’altra parte c’è Karl (Simone Toni), il figlio prediletto, eroico e intraprendente, amato dal padre e dalla bella Amalia, capitano della banda dei fuorilegge, una combriccola di banditi un po’ punk un po’ heavy metal che rubano e uccidono in nome dello slogan «Libertà o morte!». È la caratterizzazione del coro dei masnadieri, rigorosamente vestiti di nero – lunghi impermeabili di pelle, bombette, occhiali scuri, stivali, collane e anelli – il tratto distintivo della messinscena di Lavia. In mezzo a loro si agita Karl von Moor, un Robin Hood dal peso della maledizione paterna che sceglie la via del delitto e della vendetta per ‘purificare’ il mondo. Lo vediamo errare col passo pesante e cadenzato, in lotta tra il bene e il male, questo assassino dal cuore tenero, ‘bello e maledetto’, che esprime i suoi crucci al suono di chitarre. Amalia (Cristina Pasino) fa parte della stessa schiera: una Giulietta dark, fedele fino alla morte al suo amore, romantica e tosta, che lancia grida di odio contro il potere e la falsità.

Al di là dell'esasperazione del tragico, di una recitazione a tratti esagitata e dell’adozione di certi stereotipi cine-televisivi che strizzano l’occhio ai più giovani, la forza dei Masnadieri di Lavia va ricercata nell’energia dei giovani interpreti, nell’uso sapiente delle luci – fulmini abbaglianti che puntano lo spettatore, disturbandolo e scuotendolo dalla comoda posizione di voyeur – e nelle musiche di Franco Mussida, chitarrista della PFM, che introduce le sonorità senza tempo della ghironda, strumento medioevale dei menestrelli francesi le cui note dal sapore celtico echeggiano nella mente e sulla bocca anche fuori dal teatro. 


I masnadieri
cast cast & credits
 

La locandina
La locandina









Gianni Giuliano (Conte Moor)
Gianni Giuliano 
(Conte Moor)






Francesco Bonomo (Franz Moor)
Francesco Bonomo (Franz Moor)






Simone Toni (Karl Moor)
Simone Toni 
(Karl Moor)






Cristina Pasino (Amalia)
Cristina Pasino 
(Amalia)

 
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