Salome (1905) è lopera che diede a Richard Strauss fama e ricchezza. Per lui, direttore dorchestra e compositore sinfonico già stimato, ma che stentava ad imporsi come operista, buttarsi sullomonima tragedia di Oscar Wilde fu la mossa risolutiva. Si trattava di una pièce molto appetibile per il teatro musicale (conteneva tra laltro belle pronto un numero danzato, la danza dei sette veli), ma era anche una pièce estremamente rischiosa: dalla sua pubblicazione (1891) Salome aveva scatenato le censure di tutta Europa, e solo a stento e per mezzo di sotterfugi era potuta finalmente approdare sulle scene. Il pericolo che una volta composta lopera potesse essere bloccata dalle pubbliche autorità cera, eccome. Il boccone, però, era anche molto ghiotto. Ai primi del Novecento, di amori sublimi e sfortunati il teatro dopera ne aveva già visti a sufficienza; nel nuovo secolo il pubblico mostrava di gradire un erotismo più audace e consapevole. Se con Thais (1898) Massenet aveva mostrato eremiti cristiani presi dalle tentazioni della carne, Puccini riscuoteva ormai enormi successi con le seduzioni violente di Tosca (1900), o con le ciniche avventure sessualcoloniali di Madama Butterfly (1904). Insomma, Strauss capiva bene che per la sua materia insieme delicata e attuale Salome poteva offrirgli una grande occasione. E così fu. Nonostante gli anatemi di cattolici e protestanti, anzi, forse proprio a causa di quelli, la prima a Teatro reale di Dresda il 9 dicembre del 1905 ebbe esito trionfale. Salome entrò da subito stabilmente in repertorio. Strauss si ritrovò dun colpo ricco e famoso.
Cristina Baggio (Salome) e Anna Maria Chiuri (Herodias)
A due anni dalla fortunata Elektra (2010), una nuova coproduzione del Teatro Comunale di Bolzano con i Teatri di Piacenza e Modena riporta Salome in un circuito in cui, almeno in Italia, normalmente non è presente. Anche stavolta, quindi, il regista Manfred Schweigkofler si è dovuto confrontare con il problema di unopera dallorganico orchestrale troppo grande per le buche di teatri di provincia, e, come per Elektra, ha fatto di necessità virtù, disponendo lorchestra nel fondo del palco (per loccasione hanno unito le forze lOrchestra Haydn di Bolzano e Trento e lOrchestra Regionale dellEmilia Romagna), e spostando lazione sul proscenio e sulla buca, coperta da praticabili scorrevoli e grate.
Schiacciato tra orchestra e platea, lo spazio scenico costituisce un elemento fondamentale della regia di Schweigkofler. Egli fa del palazzo di Erode un luogo fisicamente angusto, come le due-camere-e-cucina di una villetta a schiera che però un ammasso di oggetti e arredi sberluccicanti e iper-dozzinali pretende di mascherare da residenza principesca (scene di Walter Schütze). Questo spazio ridotto e sovraccarico serve al regista per portare in scena il trionfo del cattivo gusto senza freno e senza tempo. Anche grazie ai costumi moderni di Kathrin Dorigo, tutto, infatti, risulta molto familiare, e la corrotta corte di Giudea del I secolo d. C. rivela (purtroppo!) malinconiche analogie con le Gomorre contemporanee: Erode è un ridicolo tirannuccio in preda a lussurie senili, i suoi soldati somigliano a delinquenti comuni, i suoi ospiti sono tipi dallaria loschissima, sua moglie Erodiade veste come la tenutaria di un bordello. E Salome poi non è altro che il prodotto di questo deserto etico ed estetico: unadolescente cresciuta in fretta e da sola, del tutto incapace di gestire la propria sessualità incipiente. Lattualità, non cè che dire, è dietro langolo.
Scott MacAllister (Herodes) e Cristina Baggio (Salome)
Di ottimo livello il cast. Cristina Baggio ha saputo dare uninfinità di sfumature ai turbamenti erotici della protagonista: la sua è stata una Salome molto ragazzina, sfrenata e insieme impacciata di fronte alle irresistibili seduzioni del corpo/giocattolo di Jochanaan. Dal punto di vista vocale la qualità della sua prestazione è cresciuta nel corso della serata, e nellimpegnativa scena finale la cantante ha potuto sfoggiare un registro acuto sicuro ed energico. È davvero un peccato, quindi, che nella recita di Piacenza la sua danza dei sette veli sia stata penalizzata dalla inspiegabile assenza delle cinque danzatrici previste dalla locandina; senza di loro, malgrado le ottime capacità della protagonista, nella seconda parte la coreografia ha perso di mordente. Molto bene anche Scott MacAllister (un Herodes insicuro e nevrotico, a perfetto agio nella tessitura ingrata del ruolo), Anna Maria Chiuri (ormai maestra indiscussa nei ruoli da cattiva, qui nei panni di Herodias), Samuel Youn (Jochanaan scenicamente tormentato e dalla vocalità vigorosa). Bene anche il resto della compagnia. Niksa Bareza ha diretto con precisione, ma con poca fantasia e, soprattutto, ha spesso sommerso le voci con un suono troppo forte e compatto, nonostante lorchestra fosse relegata nel fondo. Grande successo di pubblico, con numerose chiamate e applausi in particolare per la protagonista.
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