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Ahó!

di Roberto Fedi
  Amendola in Amore mio
Data di pubblicazione su web 20/01/2003  
Come i più fedeli fra i lettori si saranno accorti, non ci piace recensire gli spettacoli del sabato sera. È perché siamo del parere che ogni tanto uno dovrebbe uscire, andare fuori a cena, al cinema, al teatro, in discoteca, a spasso, a trovare gli amici. Insomma, ci sono mille modi migliori per passare il sabato sera che vedersi, schiantati su una poltrona, Morandi o Panariello (lo scorso anno), la De Filippi - che abbiamo servito a dovere, tempo fa, oppure l'ultimo arrivato, Claudio Amendola, il 18 gennaio (Amore mio - diciamo così, Raiuno).

Bene che vada è una noia; se c'è di mezzo un cantante, ci si deve sorbire le sue canzoni a tutto spiano, perché ci mancherebbe altro che costui non si facesse pubblicità a spese della Rai (Morandi). Altre volte ci vuole proprio una risata liberatoria, perché altrimenti ci sarebbe da buttare il televisore dalla finestra (De Filippi). In qualche altro caso, c'è da vergognarsi di essere toscani (Panariello). E così confessiamo che abbiamo attaccato il registratore, e sabato 18 siamo usciti a cena. Siamo stati benone, se proprio volete saperlo.

Ci eravamo quasi dimenticati della registrazione, a dire la verità. Così ce la siamo ritrovata il giorno dopo.

Il programma, come da titolo, si occupa fra balletti e scenette di alcuni fra i più grandi amori, insomma 'storie' come si dice oggi, di personaggi di spicco della cultura e dello spettacolo del XX secolo. È noioso e dilettantesco. Lo conduce Claudio Amendola (con Matilde Brandi e Roberta Lanfranchi), che così a occhio e croce dovrebbe fare un altro mestiere. Figlio d'arte, è un attore modesto e monocorde, che - a nostro parere - va bene appena appena in qualche filmetto in romanesco (poliziotti, tifosi di curva sud: insomma, quelli dove si dice "ahó" ogni tre battute). Come showman è una pena. Come intrattenitore è di una goffaggine imbarazzante anche per lo spettatore. Ha 'detto' - accidenti che originalità - una celebre poesia di Prévert dedicata all'amore, come l'avrebbe letta un dilettante allo sbaraglio. Abbiamo infatti pensato che avesse sbagliato trasmissione: dall'altra parte, su Canale5, c'era infatti La corrida.

Parla normalmente in romanesco: dice per esempio "sabbado" invece di "sabato", "ghe" invece di "che", e così romaneggiando. Anzi, di questa sua 'qualità' stilistica ha fatto quasi una poetica: Va in onda il coatto del sabato sera è il servizio di copertina che gli ha dedicato "Sette" n.3/2003, settimanale del "Corriere della Sera" : nel quale si pubblicano anche un paio di involontariamente comiche foto nude del suddetto ("le famo nude?", disse l'Arbiter Coattorum alla fotografa nel 1994: che ammette "che nudo era proprio bbono, perché er coatto ha sempre il suo perché" [sic]: no comment - ma tutto il box relativo, a p. 54, è da antologia del cattivo gusto, quasi da parodia involontaria, domande e risposte comprese).

Ora, lo confessiamo: noi non siamo coatti, la Tv coatta ci sembra solo l'ultimo anello del degrado, e la sottile distinzione fra Tv trash, Tv spazzatura e Tv coatta la lasciamo ai cultori e agli epistemologi del genere; e anche questo elegante dibattito è una delle tante prove dell'imbarbarimento intellettuale di questo paese governato dai maestri del pensiero della Tv.

Per esempio, quando l'Arbiter Coattorum dichiara, come se fosse Benedetto Croce che fa i suo distinguo fra poesia popolare e poesia d'arte, che "c'è una grossa [sic] differenza tra la volgarità e la coattagine [ri-sic]… La coattagine, come la intendo io, non è sinonimo di volgarità, come qualcuno erroneamente ritiene. Io passo per coatto ma l'eleganza la conosco bene, e non c'entra con i vestiti che scegli" (intervista a "La Nazione", 17 gennaio 2003, p. 37), beh a noi, che ci volete fare? ci viene voglia di non ordinare più in vita nostra l'amatriciana, per reazione. E invece, per sei settimane, la Tv "de gualidà" di Raiuno e di Fabrizio Del Noce, raffinato figlio del filosofo, ci serve, il sabato in prima serata, questo bel piattino. Bon appetit.


Nota
Qualcuno potrà obiettare che non abbiamo parlato del programma, neanche registrato. Chiediamo venia. Ma non penserete mica che anche la domenica non abbiamo proprio niente di meglio da fare? Ahó!?

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Amore mio (diciamo così)

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