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Chiaroscuri di un microcosmo rurale

di Adela Gjata
  Un momento della performance
Data di pubblicazione su web 29/11/2011  

Le creazioni di Arca Azzurrra Teatro assomigliano a certe opere artigianali curate con pazienza e affetto, nelle quali si avverte quell’organicità e intesa riscontrabile nelle famiglie di vecchia data. Ad una famiglia longeva e coesa si può, di fatto, paragonare la loro storia. L’ensemble, nata nel 1982 in seguito a un laboratorio teatrale, è riunita attorno a Ugo Chiti, fondatore, drammaturgo e regista particolarmente legato all’immaginario popolare toscano. La vicenda teatrale della compagnia è segnata da collaborazioni con nomi celebri della scena italiana come Giuseppe Pambieri, Alessandro Benvenuti, Lucia Poli e Giuliana Lojodice, quest’ultima insuperabile interprete di Anna K., l’anziana serva di Casa Samsa che accudisce il protagonista kafkiano, trasformato in scarafaggio (Le conversazioni di Anna K, 2008). L’ultima ospite illustre è Isa Danieli per la quale Chiti ha riscritto Paesaggio con figure (1993), terza sezione di quella ricerca drammaturgica sulla provincia toscana affrontata con Allegretto (perbene... ma non troppo) (1987-’88) e La provincia di Jimmy (1989-’90).

Abissina. Paesaggio con figure dipinge uno spaccato del Chianti fiorentino del primo Novecento, paesaggio caratterizzato da pennellate di crudo realismo, ben lontano dalle immagini idilliache della campagna toscana. Al centro delle vicende di questo microcosmo rurale sta Lucesio, giacente sul letto di malattia, i cui alti e bassi tengono in pugno la sorte dei personaggi che gli vorticano attorno. La sua imminente morte, da tutti invocata, alimenta speranze, preoccupazioni e chiacchiericcio sull’erede degno della sua "roba", coinvolgendo in primis il nipote Volpino, in attesa del suo terzogenito; i giovani sposi Ersilia e Gedeone; e soprattutto Nunzia, serva e amante del despotico padrone, che cerca da una vita di riconoscere la paternità di Giacinta, la figlia respinta e disprezzata dal padre per la sua pronunciata gobba.

Giulia Rupi e Massimo Salvianti. Foto Bojola
Giulia Rupi (Ersilia) e Massimo Salvianti (Lucesio). Foto Bojola

La spoglia scatola scenica viene colorata dalle passioni dei personaggi, piccole storie che raccontano le conquiste e le sconfitte del mondo contadino, la codificata gerarchia familiare, la meschinità della miseria, la dura condizione femminile, gli amori, i dolori, i lutti e le nascite; tutto scandito da un continuo aprirsi e chiudersi di quinte e pareti che svelano ora l’imponente letto di Lucesio (vero e proprio fulcro dell’azione), ora la casa del dottore, o l’anticamera di Volpino e Argia, sua moglie. In mezzo a questi quadri spicca Nunzia, soprannominata “abissina” – termine dispregiativo coniato dalle prime invasioni etiopiche –, una “terremotata” del sud emigrata in Toscana in tenera età, accolta in casa da Lucesio, madre di una figlia ripudiata, sfruttata e relegata alla condizione di serva o poco più. Una microsocietà chiusa, come quella della Toscana degli anni Dieci, si confronta con una straniera, che dopo tanti anni di sottomissione e sacrifici intende esaudire i sogni di rivalsa.

Chiti sviluppa una drammaturgia in lingua toscana che supera gli aspetti meramente folcloristici e vernacolari dell’entroterra, sfruttandone appieno la vitalità sonora e gestuale. Una scrittura diretta e potente nello stesso tempo, che si esprime attraverso il corpo degli attori, e che in quest’ultimo “paesaggio” viene largamente incisa dal colorismo e dalla vivacità napoletane di Isa Danieli, interprete viscerale e verghiana del personaggio di Nunzia.

Barbara Enrichi e Isa Danieli. Foto Bojola
Barbara Enrichi (Giacinta) e Isa Danieli (Nunzia). Foto Bojola

La regia è essenziale, complementare al testo teatrale, attenta alla caratterizzazione dei personaggi, alla loro fisicità, ai gesti e atteggiamenti, al timbro di voce, elementi che concorrono al raggiungimento di un’intensità espressiva dal sapore naturalista. Giacinta (un’efficace Barbara Enrichi) è una ragazzona tenera e impacciata, inadeguata al contesto di vita rurale in cui è cresciuta e vive, facendo da contrappunto tragicomico alla storia. Massimo Salvianti è il greve, duro, cinico, disonesto e infelice Lucesio, il ricco padrone adulato quanto odiato, condannato a generare figli afflitti da gravi deformazioni fisiche. Volpino (Dimitri Frosali) è un contadino sanguigno e istintivo; sua moglie Argia (Lucia Socci) icona del dolore e del sacrificio femminile; la bella Ersilia (Giulia Rupi), una giovinetta fragile e opportunista; Gedeone (Lorenzo Carmagnini), amministratore dei possedimenti di Lucesio, un ometto meschino e vile. Completano il mosaico dei personaggi il Dottore (Andrea Costagli), pittore dilettante nel tempo libero; Narcisa (Giuliana Colzi), la sua badante/cameriera dal vizio dei pettegolezzi e una contessa (Cristina Torrisi) in bancarotta alle prese con la vendita degli ultimi cimeli dinastici.

Giuliana Colzi e Andrea Costagli. Foto Bojola
Giuliana Colzi (Narcisa) e Andrea Costagli (Dottore). Foto Bojola

La cifra stilistica della scrittura alterna il tragico con il comico, l’ironia con l’umorismo divertito e allusivo, sfumature complementari della vita stessa, il tutto immerso talvolta in una sospensione onirica. La teatralità del testo si coglie in svariati momenti: nello stridente contrasto tra l’estro artistico del dottore e la cruda povertà dei figuranti Volpino e Argia, ricurvi dalla fatica della vita; nella ricerca di soldi custoditi in vecchi e polverosi materassi; negli assolo di Isa Danieli, confessioni disincantate del proprio destino tra i quali non mancano episodi dal sapore esotico-macabro come il ricordo di anni addietro legato al furto dei denti d’oro ai cadaveri. Il ritmo e la suspense della messa in scena si scandiscono da un susseguirsi di nascite mostruose dagli esiti tragici, soprattutto per Ersilia, imprigionata nella rete della pazzia dopo aver messo alla luce una creatura deforme, morta poco dopo.

Ancora una volta Chiti riferisce il passato per riflettere sul presente, sull’angoscia dell’uomo contemporaneo, la sua angustia d’animo, intollerante verso ogni diversità, riscontrabili in tanta cronaca quotidiana. La rivelazione del segreto finale è un vero e proprio coup de thêâtre: la gravidanza di Argia è frutto peccaminoso di un abuso di Lucesio consumato in chiesa, estremo atto dissacrante di una storia dai risvolti drammatici.



L'abissina. Paesaggio con figure
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Ugo Chiti
Ugo Chiti




 
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