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Gipi l'alieno

di Paolo Grassini
  L置ltimo terrestre
Data di pubblicazione su web 10/09/2011  

Si scrive Gian Alfonso Pacinotti ma si legge Gipi, autore di fumetti pisano (segno sgangherato, ma storie lunari e talvolta struggenti), la cui fama ha ormai da tempo passato i confini nazionali. Per lui è la prima prova da regista, o almeno il primo confronto con il cinema che aspetta risultati al botteghino, dato che al suo talento grafico aveva già aggiunto la direzione di alcuni cortometraggi.

Pacinotti per questo esordio adatta in un’unica storia i racconti grafici di Giacomo Monti (Nessuno mi farà del male, ed. Canicola) e li amalgama togliendo e aggiungendo quando opportuno.

 


 

La terra attende un’annunciata invasione degli alieni e Luca Bertocci conduce la sua esistenza timida e scontrosa tra il lavoro di cameriere in una sala bingo e sesso a pagamento con prostitute che non mantengono quanto promesso dagli ingannevoli annunci sui giornali. D’altra parte cosa potrebbe fare? È un inadatto alla vita, educato alla misantropia e soprattutto alla misoginia, l’unico amico che ha è un trans, l’unico desiderio vero la vicina che lui spia con binocoli destinati a osservare gli imminenti ufo e che, per quanto vicina pare a lui inarrivabile. Luca ha poi un candido cipiglio (donatogli dal bravo interprete Gabriele Spinelli) che non piace ai colleghi e un padre contadino (un ottimo Roberto Herlitzka) che però non la conta giusta. Un giorno gli alieni calano davvero sulla terra e nonostante le loro buone intenzioni non ci mettono molto a capire di che pasta sono fatti gli umani (di sesso maschile in particolare) ma da questa specie di grottesca apocalisse  l’infelice Luca non avrà che da guadagnarci.

 


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Pacinotti fa muovere i suoi poveri terrestri in periferie e ambienti che potrebbero realmente accogliere gli alieni in quanto (sia consentito un termine ormai demodé) ‘alienanti’, spersonalizzanti e freddi come corpi morti e in questo viene bene aiutato dalla ottima qualità della fotografia di Vladan Radovic.

La bruttezza del perimetro in cui i personaggi si muovono non è nuova ma comunque accattivante, la notte delle zone industriali animate dai trans, i capannoni delle esposizioni mobiliere, gli appartamenti che sembrano costruiti per far giocare a nascondino gli inquilini, sono ormai diventati emblemi frequenti di un certo cinema italiano, ma sono un elemento scenografico necessario.

Si capisce che siamo in Toscana (niente dolci colline da esportazione però, il poco verde che si vede non ha niente di armonioso), ma dopotutto certi sfondi, come le sale del bingo non sono simili ovunque? 

Si può poi immaginare che dalla distanza siderale i marziani o venusiani che siano abbiano visto gli abitanti del nostro caro globo terracqueo come creature mosse solo da pulsioni sessuali o economiche, facili al risentimento e alla violenza bruta e inaspettata.

 


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Chissà se i simpatici ominidi dalla pelle argentea e dalla grande testa sanno che l’atmosfera sul pianeta è quella di un fine millennio che sembra non avere mai termine? Sciocche teorie new age hanno subito trovato imbroglioni pronte a divulgarle e platee molto ricettive e anche i ministri del culto cristiano vogliono dire la loro, naturalmente da un pulpito mediatico. La maggioranza però sembra non scuotersi poi troppo. Arrivano i marziani, stiamo un po’ a vedere che succede, che sarà mai. Un pensiero qui va senz’altro a Kunt, il marziano che Ennio Flaiano fece atterrare a Roma in suo celebre racconto e che dopo gran clamore finisce avvilito dalla cinica indifferenza capitolina.     

Intorno a Luca gli umani vanno dunque avanti nella loro stoltezza minati da solitudini diverse mascherate in modi altrettanto vari, anestetizzati e assuefatti al peggio.

 

La natura episodica della materia narrativa si rivela non troppo insidiosa per il neo regista perché appare ben capace di legare le brevi unità del soggetto originale in un insieme. È un film che senz’altro beneficia anche di buone prove di adatti comprimari i quali emergono a turno in quadri che hanno il vigore iconico delle tavole delle graphic novels, ma L’ultimo terrestre non si può certo attaccare sostenendo che è “fumettistico”. Al più si può dire che il produttore Procacci nel credere in tale soggetto e tale regista abbia pensato anche ai fruitori di fumetto d’autore, ma ciò non è peccato né fa male al cinema.

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