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Politici (e giornalisti) de noantri

di Roberto Fedi
  Porta a porta
Data di pubblicazione su web 04/03/2011  

Dunque, la notizia sarebbe che durante la puntata del 3 marzo di quell’imitazione di un talk show politico che si chiama Porta a porta (il perché lo chiamiamo così dovrebbe essere chiaro se uno lo guarda spesso: sorrisi, salamelecchi, invitati che non si capisce che ci stiano a fare, spessissimo argomenti più da tabloid che da programma impegnato, superficialità sempre), il presidente della Camera, d’ora in avanti detto Terza Carica, e il conduttore Bruno Vespa, d’ora in avanti detto Chiaro, si siano accapigliati.

 

Non è la prima volta in quel programma che due se le danno: ci ricordiamo un match di anni fa non si sa se più grottesco o deprimente, fatto anche di pedate, fra Alessandra Mussolini e un’avversaria politica: signora (ci scusiamo con le signore) quest’ultima che non lasciò tracce, ci pare, nel panorama italiota se non quelle, si presume, sugli stinchi della Sguaiata (i.e.: la Mussolini). Qui non si è ricorsi ai cazzotti o alle entrate a martello, come dicono i telecronisti di calcio, ma conoscendo l’aplomb dei due la cosa è rimarchevole – in questo caso non stiamo facendo loro un complimento: è che hanno un pelo sullo stomaco lungo come le chiome di Gheddafi, figuriamoci. Solo frecciatine (molto poco divertenti, veramente), ma tanto basterà per scaldare i commenti sui giornali, c’è da scommetterci. Noi le registriamo non perché la cosa ci interessi (ci interessano di più i servizi sul tempo, tanto per dire), ma per qualche altra considerazione volante che seguirà in coda, come il venenum del proverbio.

 

Vedere i due che, fingendo di essere reciprocamente educati, si sarebbero volentieri dati le mani nel muso era già di per sé ben poco esaltante. E ditevi le cose che pensate! veniva da sbottare. La Terza Carica, un po’ imbolsito e invecchiato, due orecchie rosse da pensare che ce l’avessero appeso, se ne stava impettito sulla poltrona come sui carboni ardenti. Più d’una volta, cosa in lui effettivamente inconsueta, ha balbettato. Irritabile. Ha parlato bene, anzi benissimo di sé (cosa che denota una certa paura e incertezza, non importa essere psicologi per capirlo) e male, anzi malissimo di tutti gli altri ex alleati. Mai sorriso in un’ora di intervista senza contorni: il resto, cioè i pretoriani e le mezze cartucce, sarebbero venuti dopo ma non ci interessano né punto né poco. Mai a suo agio. Ha detto fra i denti a Chiaro Vespa cose del tipo «…Berlusconi, che lei frequenta…» – e l’altro, naturalmente, «no, veramente…». Qualcuno dirà: tutto qui? No. A un certo punto, a una domanda tutto sommato ben posta, e cioè se nelle prossime elezioni amministrative la Terza Carica avrebbe magari appoggiato, se capitava, un candidato dell’attuale maggioranza, la risposta incattivita è stata «lei offende la mia intelligenza», francamente poco congrua. «Questo mi fa piacere», ha ribattuto l’intervistatore (ma si riferiva, come ha spiegato, a ciò che la Terza Carica aveva detto poco prima). Gelo. Insomma, tutto come su un filo. Imbarazzo generale, soprattutto della Terza Carica, mai visto così poco disinvolto. Chiaro Vespa, da parte sua, ostentava sorrisi forzati.

 

Ora, si ripeterà: tutto qui? Beh, mica è colpa nostra se la politica italiana è così poco esaltante da far scrivere anche su queste cosette da quattro soldi (la Terza Carica, qui intervistato per quasi un’ora come se fosse chissà chi, ove si votasse rischierebbe, dicono i sondaggisti, di non entrare nemmeno in Parlamento). È che – qui sta il problema, amici – da queste parti i politici, che noi veramente preferiamo chiamare politicanti, sono abituati a interviste (in Tv, sui giornali, dovunque: parlano sempre, troppo, tutti i giorni) in ginocchio: tanto per fare un esempio, come quelle che fa Fabio Fazio (nel caso meno rozzo) o i mille giornalistucoli amici e compagni di partito che pullulano in questo paese di servi. Se gli fai una domanda appena appena fuori delle righe (in altre parole: quelle che gli farebbero i cittadini), non rispondono, si risentono, oppure replicano a denti stretti, e ti mettono sul libro nero.

 

Quando Chiaro Vespa ha accennato alla nota dichiarazione in Tv della Terza Carica, secondo cui se la celebre casa di Montecarlo fosse risultata del ‘cognato’ lui si sarebbe dimesso (cosa che poi non ha fatto, ovviamente, anche di fronte all’evidenza), chiedendogli se si fosse pentito della promessa, la Terza Carica suddetta, insofferente, ha risposto a denti stretti «assolutamente no», che non si è capito cosa volesse dire. Cosa avrebbe fatto allora un giornalista coi controfiocchi dopo una domanda come quella, e soprattutto una risposta-non risposta, offensiva non tanto per l’intervistatore quanto per i telespettatori? Avrebbe insistito fino a levargli la pelle. Cosa ha fatto Chiaro? Ha glissato.

 

Durante l’ultima campagna elettorale negli Usa, ed eccoci come annunciato al venenum, un giorno ci capitò di vedere in Tv un’intervista con Sarah Palin, candidata repubblicana alla vicepresidenza. Fu una trasmissione memorabile. La poveretta (si fa per dire) non sapeva che pesci prendere. Sbagliò citazioni di leggi, non capiva il significato di sigle di uso comune in politica estera, si impappinava, diceva banalità. Una figura da spararsi. Cosa fece l’intervistatore, che era (ci dissero) uno dei meno cattivi della Tv americana? Non lasciò la presa nemmeno per prendere fiato. La incalzò implacabilmente, con eleganza e sobrietà ma senza lasciargliene passare una sola. La fece, come suol dirsi, a pezzettini. Anzi: lasciò, ma senza concedere nulla, che la candidata si affettasse da sé.

 

Così fanno i giornalisti meno timidi. Ma quelli mica sono della Rai, che è mamma di tutti e perdona volentieri i suoi figli. E poi vorrebbero alternare i conduttori? Basterebbe, salomonicamente, mandarli tutti a casa (con i politici o politicanti, of course).

 

 




 
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