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Al di là del proscenio

di Assunta Petrosillo
  Don Chisciotte
Data di pubblicazione su web 01/03/2011  

Metateatralità e imitazione questi i due ingredienti utilizzati da Franco Branciaroli per l’adattamento del Don Chisciotte di Miguel de Cervantes Saavedra. Teatro classico e avanguardia si sfidano ‘vocalmente sulla scena’. Si assiste ad una rievocazione verbale di Vittorio Gassman (Don Chisciotte) da una parte e di  Carmelo Bene (Sancho Panza) dall’altra. Il regista, autore e protagonista seduto su una poltrona rossa – identificata come quella dell’ultimo Molière in scena – si muove dietro un sipario barocco che, in un’atmosfera rarefatta, resterà sempre semiaperto fino alla fine dello spettacolo. In un ambiente atemporale, riempito solo da un bancone da bar colmo di bottiglie alcoliche e da una porta dalla quale apparirà più tardi il fantasma del poeta Dante, Branciaroli, lascia parlare gli altri calibrando i registri vocali, in un crescendo di accenti, vibrazioni, timbri, colore. Il regista-attore incarna le inflessioni, le pause, le sonorità, le tonalità dei due attori senza fatica alcuna, nonostante resti lontano dalla lezione di Carmelo Bene che aveva fatto della voce non il veicolo, ma l’atto teatrale stesso.

 

Questa della ‘rievocazione verbale’  è una prassi che Branciaroli ha già sperimentato nei suoi ultimi spettacoli dall’ispettore Clouseau proposto in Finale di partita, alle coppie artistiche di  Stanlio e Ollio, Totò e Peppino alla prese con alcuni brani proprio del Don Chisciotte, in uno spettacolo  di diversi anni fa a Rimini. 

 


Franco Branciaroli

 

Il cavaliere hidalgo di Branciaroli ha il compito di giustificare l’esistenza della letteratura e del potere del libro. Non è un personaggio, è un segno, è una penna che verga il mondo. Il potere del libro è da ricercare nel suo interno, esso è uno specchio nel quale la vita e gli spettatori non solo si rispecchiano, ma si confondono con l’irreale, come in teatro, come in quell’aldilà del proscenio che esiste ogni volta che va in scena uno spettacolo. Ed è proprio in questa eterna  ricerca dell’esistenza che la letteratura guida gli uomini, e ancora prima che il fato umano intervenga, il libro racconta la vita, la realtà. Gassman-Bene diventano in questa ricerca le due facce della stessa medaglia.

 

Branciaroli-Don Chisciotte s’interroga sulle eterne questioni umane: la verità, l’entità dell’individuo e l’amore. E per cercare spiegazioni ‘scomoda’ Dante, mettendo a confronto i due attori nella lectura del Canto V dell’Inferno e soffermandosi sull’incontro di Paolo e Francesca, e su  quell’amore che li condusse alla morte. I due attori saranno giudicati dallo stesso Dante, che alla domanda su chi fosse stato più ‘bravo’ nella lettura, preferirà un terzo grande ‘assente’, Giorgio Albertazzi. Il regista per tratteggiare l’amore vagheggiato per Madonna Dulcinea ne descrive la ‘cara beltà’ con i versi di Leopardi, e folle come il furioso Orlando, si lascia trasportare dall’illusione dell’amore. Nella sua disquisizione, Branciaroli, evoca i grandi della letteratura e del teatro: Shakespeare, Camus, Beckett, Brecht.

 


 

E in qualità di attore sceglie di non portare sulla scena la morte di Don Chisciotte perché il teatro non può mettere in scena l’anticipazione della propria scomparsa− nonostante, a nostro dire, la crisi ‘mortifera’ in cui versa l’attuale situazione teatral-culturale italiana – e per questo il sipario non scenderà, ma resterà sospeso tra l’aldilà e l’aldiquà, e in questo modo Gassman, Bene e Branciaroli potranno ripetere all’infinito la rappresentazione, reinventandola ogni volta.



Don Chisciotte
cast cast & credits
 


Franco Branciaroli

 


 

 

 

 

 

 


 


Carmelo Bene
 


 

 

 


 


Vittorio Gassman


 

 

 

 
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