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Homo Videns

di Roberto Fedi
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Data di pubblicazione su web 22/06/2003  
Nel film di Muccino Ricordati di me, a un certo momento la fanciulla che per fare la velina è disposta a tutto spiega al suo occasionale amico perché vuol andare in televisione: perché, dice, in televisione c’è la gente comune. Non è come al cinema, dove qualcosa bisogna saper fare, per esempio un po’ recitare, parlare, muoversi. In Tv non bisogna saper fare nulla. Basta esserci.

È l’unica battuta apprezzabile in un film come pochi banale. È quasi crudele nella sua semplicità. E naturalmente è verissima. Basta accendere, per esempio, la Rete Tre in questi giorni, nel pomeriggio. Non vorremmo sembrare banali anche noi, e ne abbiamo già accennato in una recensioncina ciclistica di qualche mese fa, per il Giro d’Italia (Rosa, rosae). Ma ci serve per chiosare la battuta di Muccino.

Il Tour – è di questo che ci serviamo per scopi esplicativi – è una bella gara, solo un po’ sciovinisticamente francese. Ma da qualche anno è più avvincente: ci sono uomini in bicicletta, non figurine Panini come qualche volta succede al Giro d’Italia. Dopo le prime tappe dove vincere è poco più che un gioco in pista, cominciano i Pirenei. Le figurine Panini abbandonano dopo il primo cavalcavia (e poi si lamentano perché non li vogliono l’anno dopo). Cominciano a farsi vedere e spiccano quelli che sono grandi davvero: Ullrich, Armstrong. Anche qualche outsider niente male. Ci sono fughe di centinaia di chilometri. È forse la corsa che più si avvicina all’idea storica del ciclismo, a parte vari infortuni (leggi: doping) degli anni scorsi.

Beh, questa occasione notevole dal punto di vista spettacolare (le immagini sono eccezionali) è affidata a due perfetti rappresentanti della ‘gente comune’. Auro Bulbarelli e Davide Cassani sono i due incaricati per il ciclismo Rai. Non sono spregevoli: in questo meglio di tutti i cronisti Rai del calcio messi insieme. Sono informati. Si alternano al microfono anche abbastanza bene, senza sovrapporsi. Non si tolgono la parola a vicenda. Non dicono castronerie. Usano il congiuntivo, quasi sempre. E allora?

E allora non sono né buoni né cattivi. Sono medi. Hanno di fronte un Evento, e lo commentano con la stessa tranquilla medietas con cui chiosano le corsette dei dilettanti del sabato. A scuola sarebbero sempre stati promossi con la media del sei, e qualche mese dopo nessuno, né i professori né i compagni, si sarebbe ricordato di loro. Si parla per esempio di Anquetil, in una delle tante digressioni del commento (troppe: è il vizio tipico di chi non riesce a descrivere, anche nei romanzi), e Bulbarelli lo definisce così: “uno dei più grandi campioni di ogni tempo”. Stop. Accidenti che sfrenata fantasia. Cassani cita l’immagine stra-abusata di chi disse di lui che poteva mettersi sulle spalle una bottiglia di champagne, e non ne sarebbe uscita nemmeno una goccia, tanto era elegante in sella. È già qualcosa, ma è il massimo consentito, e poi è di seconda mano. Intanto la corsa davanti a loro procede in scatti formidabili sul Tourmalet, in discese da spavento, e questi due chiacchierano come nel dopocena.

Ecco come l ‘homo videns’ televisivo si immagina chi lavora in Tv. Come lui. Basta saper parlare. Basta dire ‘incredibile’ per qualsiasi cosa. Non importa di che, né come. Così come le veline non cantano ma debbono far finta di cantare (altra grande invenzione metatelevisiva di Ricci), così Auro e Davide non commentano, ma fanno finta di raccontarci quello che vediamo benissimo da soli: che sul monte c’è la nebbia, che la folla è in delirio, che Lance è un po’ in crisi, che il sole picchia forte quando c’è. Le scritte in sovrimpressione ormai dicono tutto: distacchi, nomi. Il cronista non dovrebbe limitarsi a dire che “oggi sarà la giornata della resa dei conti” (che è il massimo che si permette l’immaginifico Auro), o che i Pirenei talvolta sono avvolti dalle nuvole (la più emozionante pennellata di colore che si concede Davide). Dovrebbero, loro che sono lì, darci il ‘senso’ dell’Evento: sennò che ce li abbiamo mandati a fare? Il resto lo vediamo da noi, mica siamo scemi.

Per questo ci viene da rimpiangere Sandro Ciotti. Che un po’ gigioneggiava. Che giocava con la sua voce di cartavetrata. Che qualche volta faceva uscire dalla radio raschiori incomprensibili: ma con lui, comunque, avevamo l’impressione di capire tutto. Con questi qua, perfetti esemplari di homines televisivi, ci sembra di intendere tutto, e non capiamo nulla.

Buona estate. E senza Tv: è una promessa.

Tour de France

[ www.letour.fr ]







La caduta di Armstrong


 
 
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