Comincia benissimo il film di Alexander Mindadze dedicato alla notte di Cernobyl, la prima, quella in cui la vita scorreva normale, in attesa di un sabato innocente, come gli altri. Comincia con la corsa di Valery Kabysh lunghissima, affannosa, angosciosamente seguita con la macchina da presa addosso. Il giovane corre, inciampa, riprende, e langoscia diventa palpabile; il respiro sempre più rumoroso entra nella macchina da presa e dilata le immagini. La corsa prosegue verso limmenso edificio del reattore, visto però ancora dalla parte rassicurante e quasi meschina degli uffici, e si infrange nei primi piani di funzionari perplessi, angosciati più per le eventuali ricadute di carriera che coscienti del disastro. La concitazione cresce e la macchina sta sempre più addosso mentre la corsa riprende verso il reattore, per capire qualcosa, per correre eventualmente ai ripari. Mentre lottusa prudenza degli addetti indugia senza prendere provvedimenti il giovane percepisce immediatamente il pericolo e cerca almeno di mettere in atto lunica possibilità di salvezza, la fuga, non senza aver prima raggiunto e portato con sé la propria ragazza: la corsa dunque riprende, affannata ma più leggera, raggiunge la ragazza incredula, si arresta nella spiegazione. Una piccola pausa e il ritmo riprende: la corsa non è più solitaria ma in coppia, verso il primo treno, loro due soli mentre intorno la gente si prepara spensierata ad un normale sabato di festa, con matrimoni, concerti ubriacature.
Un tacco rotto e il treno perso sono il segno del destino: langoscia salvatrice di lui si stempera nella lieve frivolezza di lei, più intenta a gioire delloccasione immediata di un nuovo paio di scarpe che a turbarsi per la tragedia imminente. Nonostante qualche sussulto di coscienza la giovinezza prende il sopravvento e il destino stende la sua trappola. A questo punto il senso dellopera, la bellezza dellidea sono esauriti. Il film è praticamente finito. Anche se lombra del destino aleggia fino allultima inquadratura il regista prende unaltra strada e si incanta a stare addosso ai suoi personaggi, lei che non rinuncia a cantare ad una festa di nozze e lui che rimpiazza il batterista sparito della sua antica band, ad un'altra festa di matrimonio. Ma non è latmosfera del Titanic, il ballare sullorlo dellabisso: è proprio un altro film, anche il pubblico dimentica la tragedia incombente, e si annoia per quel seguito che appare lennesimo esercizio stilistico sulla condizione giovanile: feste, balli sbronze, liti, ubriacature, tradimenti forse etc.
Lalba, a questo punto è ovvio, si alza sul livido mostro dello scheletro bruciato. Una didascalia finale ci dice tutta la tragedia che sappiamo ma davvero appare come una didascalia posticcia, e quasi inutile, a suggellare unidea che poteva essere magnifica e si esaurisce nello spazio di un quarto dora.
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