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Autoritratte. Artiste di capriccioso e destrissimo ingegno

di Lorena Vallieri
  Vanessa Beecroft, Autoritratto (2010, Digital c-print, cm 76 x 59)
Data di pubblicazione su web 11/02/2011  

I mai visti, annuale appuntamento promosso dagli Amici degli Uffizi, è sempre una gradita opportunità per riscoprire le opere conservate nei depositi delle Gallerie fiorentine. La mostra e il catalogo realizzati per la decima edizione sono dedicati all’autoritratto femminile dal Cinquecento a oggi. Un tema poco frequentato, nonostante non manchi in ambito nazionale e internazionale una bibliografia scientifica in costante crescita sul tema delle donne artiste.

Fulcro dell’indagine le sessanta pittrici presenti nella cosiddetta ‘sezione femminile’ della collezione di autoritratti degli Uffizi a cui, per l’occasione, si sono aggiunte venti artiste contemporanee che, rispondendo all’appello degli organizzatori, hanno donato i propri autoritratti. Un numero esiguo di nomi, visto l’ampio arco cronologico investigato, ma che ha permesso alla curatrice Giovanna Giusti di individuare alcune delle problematiche storiche legate all’affermazione della libertà creativa delle donne.

 

Marietta Robusti (la Tintoretta), Autoritratto (1575-1580, olio su tela, cm 93,5 x 91,5), particolare

 

Il merito maggiore della studiosa è quello di avere ricostruito filologicamente gli ingressi dei singoli pezzi dal punto di vista di quei collezionisti, mecenati e direttori che ne favorirono l’acquisizione. Emerge così una storia del gusto che oscilla tra mode, adeguamento ai modelli, accademismi e colpi di genio. Da segnalare specialmente l’ampio spazio dedicato alle committenze medicee. Basti qui nominare il cardinale Leopoldo. Già nel 1655 si aggiudicò un olio della fine del Cinquecento che documentava il volto in miniatura di Sofonisba Anguissola (1532/1533-1625); mentre nel 1674-1675 ottenne gli autoritratti di Lavinia Fontana (1552-1614) e di Marietta Robusti detta la Tintoretta (1554/1556-1590). Si tratta, in quest’ultimo caso, dell’unica tela ascrivibile con certezza alla figlia di Jacopo Tintoretto. La giovane, in un semplice abito bianco con un vezzo di perle, si presenta al nostro sguardo non nelle vesti di pittrice, ma in quelle di musicista e cantatrice, pronta a eseguire il madrigale a quattro voci Madonna per voi ardo di Philippe Verdelot, dipinto, in forma abbreviata ma corretta, su di uno spartito.

 


Maria Hadfield Cosway, Autoritratto
(1778, olio su tela, cm 71 x 57), particolare
 

Ricerche d’archivio di prima mano hanno permesso di sciogliere alcuni nodi attributivi. Anzitutto è stato riconosciuto in un dipinto anonimo l’autoritratto documentato e mai rintracciato della pittrice inglese Maria Hadfield Cosway (1760-1838), mentre quello che si credeva il volto di Teresa Arizzara (attiva tra il 1755 e il 1766) si è rivelato un’effige di Irene Duclos Parenti (1754-1795), ritrattasi durante una delle sue visite alla Galleria. L’inchiesta non è invece riuscita a svelare il nome di tre artiste che restano ancora «da battezzarsi», come si legge sul retro di una delle tele esposte. Due di loro rivelano nelle vesti eleganti e nell’atteggiamento l’appartenenza a un ambito sociale elevato, mentre la terza, entrata in collezione come autoritratto di un’inesistente Rosalba Fratellini, è oggi considerata un ritratto d’ignota.

 

Nel catalogo, edito da Polistampa, le schede ragionate dedicate ai dipinti sono precedute dai saggi di Giovanna Giusti, Autoritratte. Ombre e luci, e Maria Grazia Messina, Ritratto/Autoritratto. Questioni di genere nella prospettiva della contemporaneità.

 

 

  

Cecilia Beaux, Autoritratto (1925, olio su tela, cm 110 x 72)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

   

 


Irene Duclos Parenti, Autoritratto (1783, olio su tela, cm 59 x 47,5), particolare 


 

 
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