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Tradimenti falsi, amori veri

di Fabiana Campanella
  L'amante
Data di pubblicazione su web 07/02/2011  

La cosa più incredibile in questa storia raccontata da Harold Pinter nel 1963 è che i due protagonisti si amano. Così tanto da reinventarsi amanti, in diverse forme, nomi, orari della giornata. Così tanto da esserne gelosi, fino a farsi male, come se la necessità di un amante fittizio finisse col rivelare un bisogno reale. E se c’è quel bisogno, l’amore è tradito, più delle persone. Si amano probabilmente anche nella realtà, Elena Bucci e Marco Sgrosso, i due bravi attori delle Belle Bandiere, compagni d’arte dai tempi di Leo De Berardinis, poi fondatori nel 1992 di un proprio gruppo, di stanza a Russi (Ravenna), che ha fatto della messinscena dei classici contemporanei il proprio tratto distintivo. Lei è bellissima, diafana, quasi plastica nel danzare le sue emozioni, ansante dal desiderio di non svelare le carte in gioco. Lui, perfetto nel suo essere viscido, troppe pieghe sul viso per sembrar sincero, è il vero motore dell’azione: è lui che esce, va al lavoro, si traveste, fa domande impertinenti, accusa, ingiunge. Mentre lei “spolvera” sventolando due drappi di seta bianca. Una voce meccanica fuori scena racconta ciò che si vede e che si potrebbe vedere - come una didascalia radiofonica, come un disco che s’inceppa - e si ripete, amplificando l’ossessione e l’alienazione. La tensione. L’infelicità di lei, che trasfigura il suo matrimonio nelle visite pomeridiane di un amante affettuoso. La supponenza di lui, che trascorre i pomeriggi con una prostituta, per puro trastullo, poiché non cerca e non vuole altro che la grazia e l’eleganza di sua moglie, guardata e ammirata da tutti. Nonostante il clima di sospetto sia instillato dai suoni da thriller di sottofondo ai dialoghi, lo spettacolo regala nel complesso ben poche incertezze, e pochissima suspence, per lasciarsi dominare dall’atmosfera trasognata di una “Lady Jane”, dai Rolling Stones del ‘66, che lo percorre per intero, e dalla passione onirica di “Amsterdam blue”, dal soundtrack di Million dollar hotel.

  


 

Se l’amore viva e si rigeneri nelle bugie, è il dubbio che Pinter lascia che si insinui tra le note di tromba di Jon Hassel. Quando l’hanno insignito del Nobel per la Letteratura nel 2005, gli Accademici di Svezia hanno scritto: "nelle sue commedie [egli] scopre il baratro che sta sotto le chiacchiere di tutti i giorni e spinge ad entrare nelle stanze chiuse dell'oppressione". Alla fine, un brano dolcissimo e travolgente dal Köln Concert di Keith Jarrett commuove e induce a sperare nel finale mélo. Ma è pur sempre Pinter, e il suo modo sorridente e amaro di raccontare “le chiacchiere di tutti i giorni” già filtra nelle stanze chiuse di tutti gli spettatori.


L'amante
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