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Tv inter( c )attiva

di Roberto Fedi
  Megafono
Data di pubblicazione su web 03/02/2011  

Si fa un gran parlare, in mancanza di meglio e prima che Sanremo azzeri tutti i dibattiti (ma anche lì si è cominciato presto: Belen è incinta? Risposta: e chi se ne frega), di interventi di gente, gente ‘che conta’ vogliamo dire, in diretta nei programmi, preferibilmente quelli di discussione politica (a senso unico, aggiungiamo).

 

Inutile dire che ci sarebbero, per queste persone, luoghi più appropriati della cosiddetta piazza mediatica. O anche varrebbe la pena, secondo noi, lasciar perdere: se uno dovesse stare a controbattere tutti, i capi di stato non farebbero altro tutto il giorno. Va anche detto, però, che il caso Italia è singolare, probabilmente unico al mondo: a nostra conoscenza, non esiste un infoltimento mediatico anti-capo del governo in nessun paese del mondo come da noi. Si dirà che una ragione, allora, ci sarà: può essere, ma questi esagerano, e alla fine ottengono il risultato della noia, e anche scontata. Soprattutto sulla Rai, che è una Tv pubblica, è a nostro parere inconcepibile che il conduttore, chiunque sia, appaia e si comporti come il despota assoluto del suo spazio televisivo, quindi svincolato da qualsiasi obbligo anche deontologico. E che, di fatto, faccia propaganda. Qui ci sono io, insomma, e faccio quello che voglio. Non esiste una cosa simile in nessun mestiere del mondo, converrete.

 

Ma, se Silvio Berlusconi (sbagliando), chiama in diretta Ballarò e il conduttore, padrone unico di quello spazio pubblico, non gli dà la parola, commette un abuso d’ufficio (Floris, non Berlusconi). Se Gad Lerner, a nostro parere insopportabile, uno che in nessuna televisione del mondo avrebbe neanche cinque minuti (verboso, chiacchierone, fa domande che durano cinque minuti), inscena con il suddetto onnipresente Berlusconi una piazzata da mercato rionale, con offese e quant’altro, vuol proprio dire che siamo, come suol dirsi, alla frutta. Da parte di tutt’e due, vogliamo dire.

 

Nessuno ha notato, ci sembra, che questa niente altro è che la deriva, che era logico aspettarsi, della cosiddetta Tv interattiva. In altre parole: lo spettatore che interviene nel programma, critica, offende, commenta, blatera o più semplicemente si impappina. Anche il capo del governo è uno spettatore, al limite. È un modo orrendo di fare televisione, che gioca tutto sui più bassi istinti dell’audience. Come dire: vediamo che razza di parolaccia dice questo qua, così alzo gli ascolti. È falsamente democratico, come modo, perché dà voce alla pancia e non al cervello, e solo agli sfacciati che si vogliono esibire. Non insegna nulla. Esime, anzi, il conduttore da fare il suo mestiere, che è quello di condurre, e lo fa sentire spalleggiato dalla piazza.

 

Non abbiamo citato Santoro. Che è un attore, non un conduttore. Recita una parte. In questo, il suo mestieraccio ce l’ha. È infatti, checché se ne dica, una spanna più su di tutti. Capopopolo, lo aspettiamo però al varco quando l’Italia diventerà una nazione normale e la Rai sarà finalmente privatizzata.

 

Quindi, può stare tranquillo.

 

PS. Quanto alle libertà di opinioni. Chiunque scrive su un giornale, qualsiasi esso sia, dal Manifesto a Libero, sa ovviamente che l’articolo lo firma lui, ma c’è un Direttore responsabile. Che, in quanto tale, dà la linea editoriale, e ne risponde presso la proprietà. Non si scappa. L’anomalia è, quindi, lo status pubblico – da noi: partitico – della Rai: unico network pubblico al mondo che ha tre reti, pagate da noi tutti. È lì il bubbone: che dovrebbe essere tagliato o almeno inciso, secondo noi. Ovviamente non sarà mai fatto, figuriamoci – altrimenti come fanno i politicanti a metterci i loro servetti? È, duole ammetterlo, un cane, anzi un cagnaccio, che si morde la coda.

 

 




 
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