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Agnolo Bronzino: «La dotta penna a pennel dotto pari» (1503-1572)

di Lorena Vallieri
  Eleonora di Toledo col figlio Giovanni (1545, olio su tavola, cm 115 x 96, Firenze, Galleria degli Uffizi)
Data di pubblicazione su web 31/01/2011  

Il 2010 ha segnato un importante momento di riflessione sulla figura del pittore e poeta Agnolo di Cosimo detto il Bronzino (1503-1572). Dopo un’esposizione di disegni curata da Carmen Bombach in collaborazione con il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (New York, Metropolitan Museum, 20 gennaio-18 aprile), il 24 settembre è stata inaugurata a Palazzo Strozzi la mostra Bronzino pittore e poeta alla corte dei Medici, prima rassegna monografica dedicata a uno dei protagonisti della scena artistica fiorentina del Cinquecento.

Nelle intenzioni dei curatori, Carlo Falciani e Antonio Natali, l’evento doveva essere l’occasione per fare il punto storiografico e per stimolare una rinnovata lettura critico-filologica dell’attività di Bronzino, favorita sia dal restauro di molte delle opere esposte, sia dalla presentazione al grande pubblico di tre inediti: il Cristo crocifisso eseguito per Bartolomeo Panciatichi (1540 circa); il San Cosma per la Cappella di Eleonora di Toledo a Palazzo Vecchio (1543-1545 circa); il Cristo portacroce recentemente attribuito al pittore (1555-1560).

 


San Luca Evangelista (1525-1528, olio su tavola, cm 76/77,2, Firenze, Chiesa di Santa Felicita, Cappella Capponi)

 

Propositi mantenuti, come dimostra il percorso tematico che guida il visitatore attraverso una novantina di opere, di cui circa settanta di Bronzino. Punto di partenza è la produzione giovanile: dal discepolato presso Pontormo fino all’esperienza pesarese dei primi anni Trenta. A far da prologo all’esposizione gli Evangelisti della Cappella Capponi in Santa Felicita, portati a condizioni di più limpida leggibilità grazie al recente restauro e visibili per la prima volta a distanza ravvicinata. La decorazione del vano, è noto, fu commissionata nel 1525 a Pontormo che volle al suo fianco il giovane allievo. Vasari (che pure si rivela quasi sempre fonte attendibile sul pittore) mostra incertezza nell’indicare la paternità delle quattro tavole, limitandosi ad affermare che Agnolo collaborò alla realizzazione di uno o due tondi. Un nodo attributivo non ancora sciolto, ma che rende testimonianza del legame tra Bronzino e Pontormo, al punto da rendere difficoltoso distinguere le mani dei due artisti nelle opere realizzate prima della partenza di Agnolo per Pesaro, nel 1530.

Il soggiorno del Bronzino presso la corte dei Della Rovere si protrasse per almeno due anni. Qui l’artista ebbe modo di aggiornare la sua pittura grazie al confronto con i numerosi artefici impegnati negli affreschi della Villa Imperiale. Lo attesta il Ritratto di Guidobaldo della Rovere (1531-1532), primo dei numerosi dipinti di rappresentanza eseguiti da Bronzino e che gli valse, tra l’altro, la nomina a pittore ufficiale della dinastia medicea. Narra Vasari che Cosimo I, constatato «che era suo proprio ritrarre dal naturale quanto più con diligenzia si può imaginare», affidò a Bronzino il compito memoriale di tramandare le proprie fattezze e quelle della sua famiglia. Basti ricordare i due celebri ritratti ufficiali della coppia ducale, immagini esemplari di potere e orgoglio dinastico. Alludo a Cosimo I de’ Medici (1544-1545 circa) e a Eleonora di Toledo col figlio Giovanni (1545), entrambi presenti in mostra, assieme ad altri ritratti familiari.  

 


Ritratto del nano Morgante (ante 1553, olio su tela, cm 149 x 98, Firenze, Galleria degli Uffizi)

 

Committenti privilegiati del Bronzino furono anche i Panciatichi. Per Bartolomeo e la moglie l’artista dipinse, oltre ai ritratti, tre opere di carattere religioso: la Sacra famiglia degli Uffizi (detta anche Madonna Panciatichi, 1538-1540), quella del Kunsthistorisches Museum di Vienna (1545-1550) e il già nominato Cristo crocifisso descritto da Vasari e ritenuto perduto. Un’opera enigmatica che non raffigura soltanto una crocifissione, come sarebbe logico supporre, ma la nicchia di un altare con un crocifisso scultoreo, chiara allusione alla religiosità riformata dei due committenti, seguaci della dottrina professata da Juan de Valdés condivisa da ampia parte della corte di Cosimo.

Una sezione interessante è quella dedicata a Bronzino e le arti. Il pittore, infatti, fu anche poeta e membro della fiorentina accademia degli Umidi. La sua poesia spazia dal petrarchismo aulico a versi ironici e satirici, come quelli del Raviggiolo o della Cipolla, omaggio erotico alla donna. Da segnalare che in occasione della mostra la Fondazione Palazzo Strozzi ha tra l’altro commissionato al compositore americano Bruce Adolph un’opera musicale basata sulla poesia di Bronzino, poi eseguita in prima europea dal Currende Ensemble diretto da Erik van Nevel (Firenze, teatro Goldoni, 8 ottobre 2010).

 


Ritratto di Guidobaldo della Rovere (1531-1532, olio su tavola, cm 114 x 86, con cornice cm 150 x 125, Firenze, Palazzo Pitti, Galleria Palatina), particolare


 

Gli interessi di Bronzino non si limitarono ai nessi tra la pittura e la poesia: egli prese posizione anche nella disputa sul primato delle arti. La discussione era stata promossa nel 1547 da Benedetto Varchi che aveva sollecitato gli interventi di vari artisti, poi raccolti in un volume edito nel 1549. Bronzino rispose anche con un dipinto: il Ritratto del nano Morgante (ante 1553, olio su tela, cm 149 x 98, Firenze, Galleria degli Uffizi), un unicum nella pittura del Cinquecento. Il nano di corte di Cosimo I è raffigurato nudo sulle due facce della stessa tela che andava collocata al centro di una stanza, in modo da fruire l’opera come se fosse una scultura. Bronzino voleva così dimostrare non solo che la pittura, al pari della scultura, è capace di offrire più immagini di una medesima figura ma anche che la figurazione pittorica può mostrare lo scorrere del tempo. Nella veduta frontale Morgante è rappresentato con gli strumenti della caccia notturna, mentre nell’altro lato della tela costui ha in mano gli uccelli catturati a caccia conclusa.

L’interesse della mostra non si esaurisce nelle opere. L’esposizione ‘dialoga’ con la città, proponendo un itinerario attraverso i luoghi in cui il pittore operò, tra cui la cappella di Eleonora di Toledo in Palazzo Vecchio (di cui viene offerta un’inedita ipotesi di ricostruzione).

Il catalogo, edito da Mandragora e curato da Carlo Falciani e Antonio Natali, offre, insieme a puntuali schede, saggi di approfondimento.

 

 



Cristo crocifisso eseguito per Bartolomeo Panciatichi (1540 circa, olio su tavola, cm 145 x 115, Nizza, Musée des Beaux-Arts)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Sacra famiglia degli Uffizi (detta anche Madonna Panciatichi, 1538-1540, olio su tavola, cm 116,5 x 93,5 con cornice cm 158 x 134 x 14)


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Ritratto di Lucrezia Pucci Panciatichi (1541-1545, olio su tavola, cm 102 x 83,2, Firenze, Galleria degli Uffizi)




 
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