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La musica moderna spiegata ai bambini

di Donato De Carlo
  una scena
Data di pubblicazione su web 02/11/2010  

Sobria ed efficace la messa in scena che Dieter Kaegi (regia) e Italo Grassi (scene e costumi) hanno approntato per il Pollicino di Hans Werner Henze, al Comunale di Firenze. La misera famiglia vive accanto a un binario morto e ha fatto di un vagone abbandonato la sua casa. Dall’altra parte qualche asse sta poggiato a una parete, nel mezzo ciocchi, rami e sterpaglia sono il materiale da lavoro del padre taglialegna, e insieme il limitare del bosco in cui i bambini verranno smarriti. Il cielo stellato, da cui Pollicino trae ispirazione per poter tornare a casa, è proiettato sul sipario calato alle sue spalle. Allo stesso modo altre proiezioni (con video di Mauro Matteucci) mostreranno la paurosa traversata del bosco, popolato da minacciose formiche gigantesche (dai movimenti un po’ ingessati).

 


In contrasto col mondo grigio degli stenti, gli animali del bosco sfoggiano costumi buffi e variopinti, e anche la casa dell’orco è un colorato cartoon di orrori: dalle pareti pendono ritratti di succulente salsicce, hamburger torreggianti, rosse bistecche; al muro accanto al tavolo sono appese mannaie sanguinanti. L’orco e la sua signora vestono impeccabili abiti borghesi, anche se lui, a tavola, si sbrodola in abbondanza; le loro presunte figlie, che in un primo momento devono apparire piuttosto mostruose, sono ricoperte da veli che le fanno sembrare un po’ abat-jour e un po’ meduse. Il fiume che i bambini tutti devono attraversare alla fine è anch’esso una proiezione alle loro spalle, ma la salvezza è in platea, espediente registico a dire il vero ormai stanco. Peccato che le luci della fossa orchestrale abbiano sbiadito le proiezioni, ma nei ridotti spazi del Piccolo Teatro forse non lo si poteva evitare.


 

Poco incisiva la recita, soprattutto per via del cast secondario cui erano affidate le parti per bambini. Sfortunata la prova del protagonista Gregorio Spotti, con numerosi problemi d’intonazione ed emissione; decisamente più pronti i sei fratelli, ma non sempre precisi nell’intonazione degli insiemi; notevoli mancanze di volume per gli animali. L’assenza dei sopratitoli ha reso poi più evidenti le carenze nella dizione. Quanto agli adulti, Patrizia Orciani è stata corretta ma un po’ indulgente verso inflessioni convenzionali da cantante d’opera, che Henze intendeva invece evitare; piuttosto incolore la moglie dell’orco Barbara La Faro. Marcello Lippi, pulito e puntuale come padre di Pollicino nella prima parte, ha spiccato nella seconda vestendo i panni dell’orco con ottimo spolvero di cantante e d’attore, physique du rôle felicemente a metà fra Giorgio Bracardi e Mario Brega.

 


 

Buona la prova dell’orchestra, diretta da Francesc Bonnín, in una partitura molto colorata ma anche ‘culta’, che vorrebbe rendere innocue ai giovanissimi le insidie della musica moderna. Ma a giudicare dalle facce dei bambini spettatori, gli sbadigli hanno colpito più delle dissonanze.

Pollicino



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