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Schermo nero

di Roberto Fedi
  nero
Data di pubblicazione su web 19/10/2010  

Qualche riflessione, che si rende necessaria anche se obtorto collo sul caso nazionale di quest’ultimo mucchietto di giorni, che sta diventando (scusate l’estrema sincerità) un mucchio di letame.

 

È nostra fondata opinione che tutto ciò a cui abbiamo assistito o ciò che abbiamo letto in questo periodo sul caso della povera ragazzina di Avetrana Sarah Scazzi è assolutamente inutile al 95 per cento. E dannoso al cento, per cento. Lasciamo perdere l’impatto, come suol dirsi, che la morte della poverina ha avuto sull’opinione pubblica, che lo ha preso come se fosse parte di un reality. Una volta scossi dal trauma psicologico, i cittadini di un paese normale dovrebbero per pura necessità di sopravvivenza passare oltre. Che si deve fare? Duole dirlo, ma anche quando viene a mancare un parente o un amico accade così: l’uomo, si sa, è fatto con altre cose anche di  necessità e di virtù, e qualche volta è onesto, è giusto, è inevitabile fare di quella, questa. Insomma: di necessità, virtù.

 

Al contrario, quando il circo dei media ci si mette, non c’è più né l’una né l’altra. Non stiamo qui a ripetere il già detto: ma la notizia della morte in diretta, e poi le migliaia di ore che tutte le reti Tv hanno dedicato all’argomento, sono un’evidente dimostrazione non di partecipazione al dolore, ma di sfruttamento della notizia, e quindi del dolore. Che viene creato ad arte: è del tutto ovvio che, se io metto una telecamera sulla facciona di una donnetta o di un ometto lì ad Avetrana o altrove, e chiedo a questa specie di zombie cosa prova, questo o quella si mettono più o meno a piangere, dicono ‘non ci posso credere’, bofonchiano che ‘non ci sono parole’, e così via. Sarebbe naturale obbiettargli che, se non ha parole e non ci può credere, perché si sono fatti intervistare? Ma sarebbe autolesionistico da parte del giornalista (giornalisti? e sono giornalisti quelli che abbiamo visto per ore in video? assomigliano tutti come fotocopie a quelli che fanno i collegamenti per il Grande Fratello) accettare il fatto, di cui probabilmente nemmeno si rende conto, che sta costruendo un falso, anzi sta eccitando un povero imbecille ad avere reazioni scomposte, lo sta insomma teleguidando (cosa facilissima con gente che partecipa con altre centinaia al turismo dell’orrore di questi giorni).

 

C’è esibizionismo in tutti: nei giornalisti (vedi sopra), nei parenti della vittima (macabre tutte le apparizioni di cugine & C.), nei turisti dell’orrore, in quelli che barbaramente applaudono la bara che passa, nei conduttori televisivi, e anche un po’ in chi guarda, in cui il voyeurismo si intreccia alla volontà spasmodica di partecipare. Partecipare a che cosa, di grazia? Allo psicodramma nazionale, si capisce.

 

Come in tutti i periodi di crisi, c’è sempre qualcosa che scaccia i pensieri. Una volta, in momenti simili, apparivano i dischi volanti o piangevano le madonne. Ora che i dischi volanti li vediamo meglio al cinema, e che la società si è laicizzata, c’è bisogno ogni tanto di una povera Sarah Scazzi.

 

Fra tutte le ingiurie che avrà subito, questa non è la più piccola.  

   




 
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