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Un elogio della rinuncia

di Giovanni Pirari
  Edipo a Colono (foto Monika Rittershaus)
Data di pubblicazione su web 13/10/2010  

Ventiquattro secoli non hanno eroso la figura tragica di Edipo. Peter Stein ha saputo mostrarlo con una messa in scena dell’Edipo a Colono di Sofocle, tragedia in cui è narrata la misteriosa fine dell’eroe greco.

L’opera, ospitata negli spazi del Berliner Ensemble tra la fine di agosto e la seconda metà di ottobre, è una rappresentazione molto fedele al testo originale, del quale lo stesso Stein ha curato la traduzione in tedesco.

Klaus Maria Brandauer impersona il vecchio Edipo, giunto ramingo e reietto a Colono, una periferia di Atene, in sola compagnia della figlia Antigone (Katharina Susewind). La scena è semplice, e rende con pochi elementi l’atmosfera religiosa e arcaica del testo. Il boschetto sacro alle Emeunidi, delimitato da un muricciolo scrostato tendente al lilla, occupa il centro del palco. L’idea della vicina Atene è accennata da due canti di palazzo agli estremi del lato frontale della scena, le aperture dei quali servono per le entrate rispettivamente dei Tebani e degli Ateniesi.

Edipo, che per volere degli dèi si macchiò a sua insaputa di incesto e parricidio, è stato scacciato anni prima da Tebe dai due figli, ora in discordia tra loro, e giunge in scena cieco e in abiti laceri, stanco della vita e delle vanità umane, desideroso solo di concludere il proprio corso assecondando il fato, presso il bosco sacro di Colono.

 

Una scena dello spettacolo (foto: Monika Rittershaus)

I costumi di Moidele Bickel e gli accorgimenti scenici di Ferdinand Wögerbauer alternano continuamente elementi anacronistici alla ricerca di fedeltà di Stein. Un paio di vecchi anfibi spuntano dalla tunica sconcia di Edipo, che roso d’età e di sventura siede per quasi tre ore su una seggiola ben laccata. Il coro di Ateniesi lamenta la miseria del genere umano in giacca, coppola e scarponici, e Teseo (Christian Nickel), il pio re d’Atene, pare quasi un angelo, nel suo completo bianco smagliante.

Gli abiti di scena rappresentano una delle migliori qualità di questa produzione, alla quale danno un tocco di sorpresa e frivolezza che rinfresca il duro disincanto del messaggio di Sofocle.

Poiché una profezia dell’oracolo ha promesso il trono di Tebe all’uno dei figli d’Edipo che ottenesse l’appoggio del padre, vediamo giungere Ismene (Anna Graenzer), Creonte (Jürgen Holtz) e Polinice (Dejan Bućin) a implorare e ricattare il vecchio eroe.

Holtz ci offre un Creonte dandy e prepotente, che in sedia a rotelle e abito rosso fiammante rapisce le due figlie di Edipo per costringere questo a seguirlo a Tebe. I militi tebani indossano strette tute da motociclista in pelle verde, di cui è vestito anche Polinice, anche se in colore nero.

Da notare anche le musiche di Arturo Annechino e gli effetti luce di Joachim Barth: un dolce cinguettìo di uccellini e suoni solenni accompagnano l’epilogo dell’eroe, e un’imponente esplosione di luce e tuono, che ha fatto letteralmente sobbalzare più d’uno spettatore, segna il trapasso di Edipo dalla misera vecchiaia all’eternità del mito. Il lampo è generato nel punto d’intersezione tra la volontà individuale del protagonista e due profezie delfiche, che prevedevano la fine del vecchio in un luogo consacrato e la protezione degli dèi alla città che ne ospitasse le spoglia. Rassegnato e stanco della vita, Edipo si volta di spalle per addentrarsi nel boschetto e realizzare, con la propria fine, il volere degli dèi. Con quel lampo si compie l’annullamento dell’individuo nell’onnipotenza celeste, e così la sua redenzione: l’eroe che cercò di sottrarsi al destino affermando la propria astuzia e la propria individualità, ma così facendo, a sua insaputa, realizzò il fato cui non poteva sfuggire, nella rinuncia di sé si riconcilia con le potenze ultraterrene, e morendo diventa un protettore di Atene.

 

L'Edipo a Colono è un’opera profondamente religiosa, dalle chiare risonanze mistiche. Brandauer ha reso in modo convincente la stanchezza e la pietà dell’eroe, ed alla regia di Stein va riconosciuta la capacità di orchestrare una rappresentazione vicina al mondo classico, ma non distante neppure da noi.




Edipo a Colono
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