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Il romanzo è ancora criminale

di Luigi Nepi
  Vallanzasca - Gli angeli del male
Data di pubblicazione su web 07/09/2010  

A costo di rivelare subito il nome dell’assassino va detto che Vallanzasca – Gli angeli del male è innanzitutto un bel film: c’è più cinema in cinque minuti di questa pellicola che in gran parte del cinema italiano degli ultimi anni, compreso quel Grande sogno che lo stesso Placido aveva portato lo scorso anno proprio alla Mostra del Cinema di Venezia in concorso.

 

La storia è nota: la parabola criminale di Renato Vallanzasca dai suoi inizi come ladro-ragazzino di piccoli elettrodomestici, fino alla sua ultima, quasi casuale, cattura da parte di un carabiniere di vent’anni, ma, per fortuna, com’era già successo per Romanzo criminale, anche qui si va decisamente oltre i fatti di cronaca ed è questa la parte che ci interessa.

 


 

Placido costruisce Vallanzasca sul corpo dell’attore, prima ancora che sulla figura del protagonista; infatti il film si apre sul corpo nudo di Kim Rossi Stuart, sotto la doccia di un fetido carcere pugliese; la macchina da presa lo avvolge lentamente quasi a mostrarne l’assoluta integrità prima del devastante pestaggio da parte dei secondini che vogliono vendicare il collega appena umiliato da Vallanzasca. Il suo corpo viene così esibito, picchiato, ferito, insanguinato, martoriato, storpiato, esposto ed alla fine svelato con una lenta semi-soggettiva che indugia sulle innumerevoli cicatrici di cui è coperto, come se si trattasse di un paesaggio terremotato da uno spirito troppo inquieto, un’inquietudine interiore che diventa così fisica, tangibile, incancellabile. Kim Rossi Stuart ha il grandissimo merito di saper trasmettere questa inquietudine ed è quasi impressionante nel restituire il personaggio di Vallanzasca del quale prende anche la cadenza milanese senza manifestare alcuna forzatura. Ma in Vallanzasca non c’è solo Rossi Stuart e Placido conferma, una volta di più, la sua abilità nell’utilizzare gli attori, per cui quasi tutto il cast rende al suo meglio, dando una prova molto convincente nel restituire l’ambiente che girava intorno al “bel René”; con la sola, inaspettata, eccezione di Filippo Timi che, nel ruolo dell’amico fraterno tossico alla fine traditore, carica il suo personaggio di un istrionismo eccessivo, con una recitazione troppo sopra alle righe per il tono realistico che si vuole dare al film.

 

Vallanzasca è soprattutto un film sulla cattiva coscienza connaturata in ogni uomo e sul fascino che questa indiscutibilmente esercita. «Non sono cattivo. Ho soltanto il lato oscuro un po’ pronunciato» dice il protagonista nell’intervista rilasciata a Radio Popolare dopo la sua ennesima evasione. Ed è proprio su questo “lato oscuro” che insiste Placido, mostrandoci il male nella sua assoluta “normalità”, come se si trattasse di un modo come un altro per rapportarsi alla società e che proprio per questo agisce a volto scoperto, senza infingimenti, un “lato oscuro” che ha le sue regole e persino un suo codice morale, dove è prevista un’assoluta ed incondizionata fedeltà al gruppo, fino all’autolesionismo; una regola che porta il protagonista ad assumersi la responsabilità anche di quei delitti che non ha materialmente commesso e a presentarsi ad uno degli innumerevoli processi come l’ennesima reincarnazione del chapliniano Monsieur Verdoux, convinto di vivere in una società infinitamente più crudele di lui.

 


Il film ha un montaggio molto efficace: serratissimo nelle scene di azione e più discreto nelle altre, in modo da dare la giusta ritmica all’immagine, che viene supportata anche da una banda sonora estremamente curata, soprattutto per quanto riguarda il mixaggio delle voci nei dialoghi dove si alternano gli attori in presa diretta con quelli doppiati (la spagnola Paz Vega ed il tedesco Moritz Bleibtreu). Com’era già avvenuto con Romanzo criminale anche qui la ricostruzione storica degli anni Settanta è molto curata, al limite dell’impeccabile e gli anni che passano vengono visivamente scanditi dalle pettinature sempre diverse di Antonella, l’amica d’infanzia ed attuale moglie di Vallanzasca interpretata da Paz Vega.

Vallanzasca non è chiaramente esente da difetti, ma si tratta, spesso, di peccati filmicamente veniali come il ricorso al viraggio ed alla decolorazione dell’immagine, che, a volte, può risultare più calligrafico che necessario, mentre è certamente banale avvalersi di un montaggio disturbante per sottolineare lo stato di alterazione di Filippo Timi in una scena di delirio tossico con omicidio; altra cosa invece è la discussione sull’opportunità di una pellicola come questa.

Quando si vogliono affrontare personaggi come quello di Vallanzasca è inevitabile che questo susciti delle polemiche, così come è inevitabile andare ad urtare la sensibilità di molti e soprattutto quella dei familiari delle vittime, ma ciò rientra in una riflessione tanto complessa da affrontare quanto sterile nei risultati, poiché, in casi come questi, è inevitabile rimanere ancorati alle proprie convinzioni. In questo senso appare molto saggia la decisione dei responsabili della Mostra del Cinema di Venezia di non presentarlo in concorso, in modo da circoscriverne l’impatto escludendolo da eventuali premi. Resta comunque il fatto che Vallanzasca è un buon film e lo sarebbe stato anche se si fosse intitolato diversamente, ma ciò non avrebbe garantito lo stesso clamore mediatico e Placido non è certo tipo da rinunciarvi.

 

Vallanzasca - Gli angeli del male
cast cast & credits
 



 
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