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Biennale Danza 2010

di Gabriella Gori
  Biennale Danza 2010
Data di pubblicazione su web 01/07/2010  

È con vero piacere che salutiamo il ritorno della danza in scena alla Biennale di Venezia che, dopo un anno ‘sabbatico’ dedicato a riflessioni sulla coreutica odierna e a progetti formativi, nel 2010 rende di nuovo Tersicore ‘mattatrice’ di un nutrito cartellone intitolato Capturing Emotions. Il Festival, diretto per il sesto anno consecutivo da Ismael Ivo, ha ospitato  artisti provenienti da Australia, Nuova Zelanda, Canada, Italia, che hanno proposto  lavori ispirati a emozioni libere da sovrastrutture ideologiche e incentrate sulle capacità espressive del gesto corporeo. E fra i protagonisti di questa edizione, che ha consegnato il Leone d’Oro alla carriera a  William Forsythe, il rivoluzionario innovatore del linguaggio post-accademico balanchiniano, uno sguardo attento meritano Les Grands Ballets Canadiens de Montréal e la Compagnie Marie Chouinard, che hanno presentato creazioni in prima italiana ed europea.

 

In un’applauditissima serata al Teatro Malibran Les Grands Ballets Canadiens, storica formazione canadese diretta oggi dal macedone Gradimir Pankov, ha interpretato un trittico composto da Le Sacre du Printemps, una versione attuale di Stijn Celis del capolavoro di Igor Stravinskij e Vaslav Nijinskij, e da due ‘perle’ del corpus coreografico di Jiří Kylián come Bella Figura e Six Dances.

 

 

Le Sacre du Printemps, un pezzo del 2009 in prima italiana, traspone in chiave contemporanea la vicenda dell’Eletta e si concentra sull’eterno conflitto maschio-femmina, rappresentato da coppie che a turno e/o insieme si creano e si sfasciano, alludendo alla precarietà dei rapporti sentimentali nella nostra società. E se l’inizio di questa Sacre convince per l’impostazione data alle sequenze e l’espressivo linguaggio contemporaneo, poi tutto si ‘sgrana’ lasciando ‘sola’ la potente musica di Stravinskij che non trova sulla scena il suo corrispettivo coreografico ma ha  ne  Les Grands Ballets Canadiens de Montréal degli ottimi interpreti.

 

E ancora più bravi questi canadesi sono quando portano in scena i capolavori di Kylián, il maestro praghese Leone d’Oro alla Carriera della Biennale Danza nel 2009, che ha reso europeo lo stile neoclassico balanchiniano e intriso di liricità il linguaggio contemporaneo. Bella Figura, titolo italianissimo ma di derivazione latina nel significato proprio di figura intesa come immagine, forma di bell’aspetto e, al tempo stesso, filosofico come ίδέα, idea, modello, è un balletto del 1995 di rara bellezza in cui il coreografo cèco dà corpo alle emozioni sulle musiche di G. Battista Pergolesi, Alessandro Marcello, Antonio Vivaldi, Giuseppe Torelli, per mettere in luce il potere fascinatorio del corpo e la poesia del movimento improntato all’armonia ed esaltato dall’essenzialità delle scene dello stesso Kylián.

 

 

Di Bella Figura restano impressi i duetti e terzetti per la fluidità cinetica che, come per magia, origina tutta una serie di ardui e acrobatici passaggi che filtrano il vocabolario classico (arabesque, attitude, pirouettes) nello stile contemporaneo partendo sempre da un’ampia posizione à la seconde, senza mai perdere la tensione ‘kyliana’ verso un’ideale concinnitas e una reale venustas. Una bellezza che coglie di sorpresa quando ballerini e ballerine, a petto nudo, indossano dei larghi e lunghi gonnellini rossi di Joke Visser e danzano suadenti melodie secentesche con le braccia che passano da posizioni arrotondate e quasi barocche a spigolose pose contemporanee, mentre il busto, illuminato da Tom Bevvort, enfatizza con delicate torsioni la partitura musicale.

 

In Six Dances, un pezzo del 1986, Kylián crea un’esilarante coreografia sulle Sechs Deutsche Tänz di Mozart e tra ludus (divertimento, scherzo) e lusus (raffinato gioco intellettuale) ricrea l’atmosfera libertina delle “relazioni pericolose” dell’epoca dando vita ad una godibilissima parodia, che riflette la leggerezza musicale di Mozart. Composto di sei quadri, Six Dances scorre velocissimo mentre sulla scena si alternano gli interpreti con nasi incipriati, bustini, parrucche, codini infiocchettati e abiti-manichino ideati da Kylián e Visser, e la danza ‘strizza l’occhio’ allo spettatore completamente assorbito dall’umorismo del balletto che ricorda Birth-day, altro storico pezzo di Jiří.

 

Di tutt’altro genere e natura è Le nombre d’or (LIVE) di Marie Chouinard, presentato dalla Compagnie Marie Chouinard al Teatro Toniolo di Mestre in prima europea dopo il debutto a Vancouver a marzo 2010. Le nombre d’or è per così dire uno spettacolo ‘a rilascio lento’ in quanto se all’inizio è di non facile impatto, man mano poi cattura l’attenzione del pubblico trasformando lo sconcerto iniziale in stupore per l’impianto meta-teatrale e l’utilizzo di video tecnologie di Guillaume Lord e Marie Chouinard, l’originalità dei costumi di Vandal, l’ammiccante satira politica della stessa Chouinard, la bravura degli interpreti, la fisicità del linguaggio contemporaneo, la disinibizione dei corpi nudi che non rasentano mai la volgarità.

 

 

Tutto inizia su una sorta di ‘braccio’ di palcoscenico che invade la platea del settore sinistro con i danzatori che si scaldano mentre gli spettatori si siedono in sala e cinque schermi video sono pronti a proiettare quanto avviene sulla scena e sulla pedana allungata. Da lì, su musica di Louis Dufort, figure misteriose e dorate con indosso maschere olimpiche e costumi trasparenti animano lo spazio e passando da sembianze umane a  atteggiamenti ferini tra mugolii, ruggiti, urla, singulti, si lanciano in una danza fisica, viscerale, visibile nello spasmodico uso del diaframma, condizionato dalle maschere che costringono a respirare con questo organo periferico, negli esasperati cambrés, nelle contorsioni di busto e gambe, nell’uso improprio di collo e testa. Appendici di anomali corpi primitivi che diventano surreali quando si presentano con enormi volti che ritraggono il primo ministro canadese Stephen Arper o quello ‘evergreen’ di Silvio Berlusconi che ‘balla’ con altri Silvio in una sorta di parodica ‘berlusconata’ che strappa le risa della platea. Ma accanto ai politici le facce ritraggono anche teneri neonati e sorridenti vecchietti in un ideale ciclo di vita e di morte che, forse, spiega il titolo Le nombre d’or ispirato al concetto della sezione aurea, che nelle scienze artistiche e matematiche indica il rapporto tra due grandezze disuguali e l’armonia di proporzioni.

 

Artista di talento, la Chouinard firma un lavoro che può piacere o non piacere o suscitare, come è successo al Teatro Toniolo di Mestre, riserve ma sicuramente non passa inosservato e le contrastanti opinioni testimoniano – per dirla alla Oscar Wilde – «che l’opera è nuova, complessa, vitale».

 

Biennale Danza 2010


Le Sacre du Printemps
cast cast & credits
 


Six Dances
cast cast & credits
 


Bella Figura
cast cast & credits
 


Le nombre d’or (LIVE)
cast cast & credits
 


Venezia Biennale Danza

 
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