È con vero piacere che salutiamo il ritorno della danza in scena alla Biennale di Venezia che, dopo un anno ‘sabbatico dedicato a riflessioni sulla coreutica odierna e a progetti formativi, nel 2010 rende di nuovo Tersicore ‘mattatrice di un nutrito cartellone intitolato Capturing Emotions. Il Festival, diretto per il sesto anno consecutivo da Ismael Ivo, ha ospitato artisti provenienti da Australia, Nuova Zelanda, Canada, Italia, che hanno proposto lavori ispirati a emozioni libere da sovrastrutture ideologiche e incentrate sulle capacità espressive del gesto corporeo. E fra i protagonisti di questa edizione, che ha consegnato il Leone dOro alla carriera a William Forsythe, il rivoluzionario innovatore del linguaggio post-accademico balanchiniano, uno sguardo attento meritano Les Grands Ballets Canadiens de Montréal e la Compagnie Marie Chouinard, che hanno presentato creazioni in prima italiana ed europea.
In unapplauditissima serata al Teatro Malibran Les Grands Ballets Canadiens, storica formazione canadese diretta oggi dal macedone Gradimir Pankov, ha interpretato un trittico composto da Le Sacre du Printemps, una versione attuale di Stijn Celis del capolavoro di Igor Stravinskij e Vaslav Nijinskij, e da due ‘perle del corpus coreografico di Jiří Kylián come Bella Figura e Six Dances.
Le Sacre du Printemps, un pezzo del 2009 in prima italiana, traspone in chiave contemporanea la vicenda dellEletta e si concentra sulleterno conflitto maschio-femmina, rappresentato da coppie che a turno e/o insieme si creano e si sfasciano, alludendo alla precarietà dei rapporti sentimentali nella nostra società. E se linizio di questa Sacre convince per limpostazione data alle sequenze e lespressivo linguaggio contemporaneo, poi tutto si ‘sgrana lasciando ‘sola la potente musica di Stravinskij che non trova sulla scena il suo corrispettivo coreografico ma ha ne Les Grands Ballets Canadiens de Montréal degli ottimi interpreti.
E ancora più bravi questi canadesi sono quando portano in scena i capolavori di Kylián, il maestro praghese Leone dOro alla Carriera della Biennale Danza nel 2009, che ha reso europeo lo stile neoclassico balanchiniano e intriso di liricità il linguaggio contemporaneo. Bella Figura, titolo italianissimo ma di derivazione latina nel significato proprio di figura intesa come immagine, forma di bellaspetto e, al tempo stesso, filosofico come ίδέα, idea, modello, è un balletto del 1995 di rara bellezza in cui il coreografo cèco dà corpo alle emozioni sulle musiche di G. Battista Pergolesi, Alessandro Marcello, Antonio Vivaldi, Giuseppe Torelli, per mettere in luce il potere fascinatorio del corpo e la poesia del movimento improntato allarmonia ed esaltato dallessenzialità delle scene dello stesso Kylián.
Di Bella Figura restano impressi i duetti e terzetti per la fluidità cinetica che, come per magia, origina tutta una serie di ardui e acrobatici passaggi che filtrano il vocabolario classico (arabesque, attitude, pirouettes) nello stile contemporaneo partendo sempre da unampia posizione à la seconde, senza mai perdere la tensione ‘kyliana verso unideale concinnitas e una reale venustas. Una bellezza che coglie di sorpresa quando ballerini e ballerine, a petto nudo, indossano dei larghi e lunghi gonnellini rossi di Joke Visser e danzano suadenti melodie secentesche con le braccia che passano da posizioni arrotondate e quasi barocche a spigolose pose contemporanee, mentre il busto, illuminato da Tom Bevvort, enfatizza con delicate torsioni la partitura musicale.
In Six Dances, un pezzo del 1986, Kylián crea unesilarante coreografia sulle Sechs Deutsche Tänz di Mozart e tra ludus (divertimento, scherzo) e lusus (raffinato gioco intellettuale) ricrea latmosfera libertina delle “relazioni pericolose” dellepoca dando vita ad una godibilissima parodia, che riflette la leggerezza musicale di Mozart. Composto di sei quadri, Six Dances scorre velocissimo mentre sulla scena si alternano gli interpreti con nasi incipriati, bustini, parrucche, codini infiocchettati e abiti-manichino ideati da Kylián e Visser, e la danza ‘strizza locchio allo spettatore completamente assorbito dallumorismo del balletto che ricorda Birth-day, altro storico pezzo di Jiří.
Di tuttaltro genere e natura è Le nombre dor (LIVE) di Marie Chouinard, presentato dalla Compagnie Marie Chouinard al Teatro Toniolo di Mestre in prima europea dopo il debutto a Vancouver a marzo 2010. Le nombre dor è per così dire uno spettacolo ‘a rilascio lento in quanto se allinizio è di non facile impatto, man mano poi cattura lattenzione del pubblico trasformando lo sconcerto iniziale in stupore per limpianto meta-teatrale e lutilizzo di video tecnologie di Guillaume Lord e Marie Chouinard, loriginalità dei costumi di Vandal, lammiccante satira politica della stessa Chouinard, la bravura degli interpreti, la fisicità del linguaggio contemporaneo, la disinibizione dei corpi nudi che non rasentano mai la volgarità.
Tutto inizia su una sorta di ‘braccio di palcoscenico che invade la platea del settore sinistro con i danzatori che si scaldano mentre gli spettatori si siedono in sala e cinque schermi video sono pronti a proiettare quanto avviene sulla scena e sulla pedana allungata. Da lì, su musica di Louis Dufort, figure misteriose e dorate con indosso maschere olimpiche e costumi trasparenti animano lo spazio e passando da sembianze umane a atteggiamenti ferini tra mugolii, ruggiti, urla, singulti, si lanciano in una danza fisica, viscerale, visibile nello spasmodico uso del diaframma, condizionato dalle maschere che costringono a respirare con questo organo periferico, negli esasperati cambrés, nelle contorsioni di busto e gambe, nelluso improprio di collo e testa. Appendici di anomali corpi primitivi che diventano surreali quando si presentano con enormi volti che ritraggono il primo ministro canadese Stephen Arper o quello ‘evergreen di Silvio Berlusconi che ‘balla con altri Silvio in una sorta di parodica ‘berlusconata che strappa le risa della platea. Ma accanto ai politici le facce ritraggono anche teneri neonati e sorridenti vecchietti in un ideale ciclo di vita e di morte che, forse, spiega il titolo Le nombre dor ispirato al concetto della sezione aurea, che nelle scienze artistiche e matematiche indica il rapporto tra due grandezze disuguali e larmonia di proporzioni.
Artista di talento, la Chouinard firma un lavoro che può piacere o non piacere o suscitare, come è successo al Teatro Toniolo di Mestre, riserve ma sicuramente non passa inosservato e le contrastanti opinioni testimoniano – per dirla alla Oscar Wilde – «che lopera è nuova, complessa, vitale».
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