Se nè andato con uno schianto dopo essersi buttato col paracadute a Terni. Era la sua passione, dicono. Così o guerriero, come veniva chiamato dopo il Grande Fratello 2000, la prima edizione, si è perso in un modo non comune. Non sono molti quelli che si lanciano col paracadute – per fortuna, aggiungiamo.
Ci era simpatico. Era, simpatico. Per un lapsus tutti, alla notizia, lo hanno definito il vincitore del primo Grande Fratello. Invece era arrivato terzo: ma dei primi due si è persa ogni traccia. Lui uscì dalla famigerata Casa come un vincitore, quale in effetti era. E fece alcune cose insolite, per lepoca – che era solo dieci anni fa, ma sembra il tempo delle Crociate.
Per prima cosa si rifiutò di entrare a far parte di quella corte dei miracoli (e dei miracolati) che è il post-reality. Giri fra discoteche, feste di paese, spettacolini, sagre, elezioni di Miss Pinco Pallino di cui abbonda questa stupida penisola. Si scocciò e smise quasi subito. Venne preso per uno sbruffone, e in una certa misura lo era perché il personaggio era quello, un po Maurizio Arena dei filmetti alla ‘poveri ma belli degli anni Cinquanta e un po ragazzo del centro-sud con la simpatia di chi ha locchio furbo e però sincero.
Per seconda cosa cercò di fare lattore. Ma non giocando alla bella statuina come tutti quelli che escono dalla Tv ed entrano nei cinepanettoni alla De Laurentiis. No: proprio lattore. Studiò, e cominciò sia al cinema, sia nei serial alla televisione. Ce la metteva tutta, ed era anche bravo per quelle parti: poliziotto, per esempio. Lo ricordiamo bravo e spiritoso, e straordinariamente autoironico, in Ricordati di me di Muccino, dove interpretava se stesso. Era una delle poche cose memorabili di quel film lungo e palloso, che aveva almeno unaltra scena degna di essere ricordata. Quando la figlia, che vuol essere velina a tutti i costi, proprio a Taricone dice che lei cerca di entrare alla televisione perché al cinema qualcosa si deve saper fare, ma alla televisione niente, basta esserci. Lì, anche Muccino era stato bravo, a scrivere quel pezzetto metanarrativo; e Taricone bravissimo a interpretarlo, visto che alla fine era di lui che si parlava, finzione a parte. Era infatti ironico e autoironico, come quando – è stato ricordato – a un dibattito disse che secondo lui bisognava che le varie Case produttrici di reality costituissero un fondo per la cura e la riabilitazione dei partecipanti ai reality, per rieducarli alla vita normale, come i drogati. Ne avrebbero bisogno anche gli spettatori, aggiungiamo noi, a cui si dovrebbe estendere la procedura durgenza.
Con la sua scomparsa, a 35 anni, finisce probabilmente anche una stagione a noi vicina ma così apparentemente lontana della televisione. Quando, per essere qualcuno, bastava essere se stessi. Se uno, naturalmente, era intelligente, ironico, e anche un po guerriero.
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