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Il filosofo Kant sulla nave degli eroi senza destino

di Carmelo Alberti
  Immanuel Kant
Data di pubblicazione su web 25/06/2010  

Nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia 2010, sul palcoscenico del Teatro Mercadante, è stata presentata un’attesa novità italiana, la messinscena di Immanuel Kant di Thomas Bernhard, diretta da Alessandro Gassman, in co-produzione con il Teatro Stabile del Veneto, di cui Gassman è da pochi mesi direttore artistico, e dello Stabile delle Marche. Se da una parte l’attore-artifex ama studiare, già da tempo, le stravaganti composizioni teatrali dello scrittore austriaco, che considera confacenti alla propria vocazione artistica, dall’altro va percorrendo una personale idea di teatro, fatta di acuti ragionamenti sul testo e, soprattutto, di un coinvolgimento collettivo degli interpreti nella fattura della rappresentazione.

Lo dimostra il Kant, un testo ostico e privo di azione, ma che, al pari delle altre scritture bernhardiane, risulta segnato da un umorismo tagliente, affilato, e da una visione nichilista estremizzata. I personaggi della non-storia paiono sconclusionati, maniaci, nevrotici fino all’esasperazione; sono tali condizioni quelle che permettono di mostrare meglio la rovinosa situazione del mondo contemporaneo.

 


 

Sulla tolda di un transatlantico una combriccola d’inconsapevoli folli si agitano intorno a Kant, in occasione del suo improvabile viaggio negli Stati Uniti, per ricevere la laurea honoris causa presso la Columbia University e per farsi curare il fastidioso glaucoma che provoca la progressiva perdita della vista in un intellettuale abituato a osservare i fatti e la natura con lucida chiarezza. Lo sconfinamento di tempo che contrassegna la ricostruzione scenica consente a Bernhard di porre in relazione la ferma razionalità del filosofo settecentesco con l’ebbrezza per i grandi viaggi oceanici secondo il costume europeo del primo Novecento, proprio negli anni dell’inabissamento del Titanic. Le stazioni dello spettacolo costituiscono altrettante mosse di avvicinamento verso una conclusione in grado di smascherare l’inconsistenza del paradosso e delle eccentricità di facciata e di sterilizzare l’illusione di chi si dice soddisfatto di assaporare le meraviglie del progresso.

 

Gassman sa sfruttare le potenzialità inventive offerte dal testo, arrivando persino a rinunciare alla linearità della soluzione finale; preferisce, infatti, attualizzare il martellante ricorso a spezzoni di frasi apparentemente prive di significato, il gioco sulle storpiature delle parole e sulla vacuità del senso. Dimostrando un buon intuito drammaturgico, il regista attrezza un baraccone delle inezie, governando una schiera di 14 attori, due dei quali recitano en travesti, scelti con cura, sul filo di un’esaltante coralità. Inoltre, invita gli spettatori, fin dal loro ingresso in sala, a cogliere a pieno l’insensatezza di quegli eroi senza destino. In scena, infatti, le figure di Bernhard si trasformano in esseri che ripetono parole vuote, come sprazzi del loro piccolo mondo, pronunciate alla stregua di grandi verità.

 



Il palcoscenico, progettato da Gianluca Amodio, mostra la tolda della nave in alto mare, dove i frenetici naviganti divengono prototipi dell’assurdo, vestita dai costumi accurati di Gianluca Falaschi. Il filosofo, affidato al bravo Manrico Gammarota, abile nel modulare la serietà filosofica e il delirio verbale, insiste nel rimarcare la distanza che lo separa da un’umanità immersa nel nulla, tanto minuscola quanto presuntuosa; via via il personaggio s’identifica con l’autore stesso, sovrapponendo ai suoi sproloqui alcuni passaggi dei discorsi sulla futilità dei premi e dei riconoscimenti pubblici.

 

Nel corso del viaggio verso il precipizio e la catastrofe, Kant non si separa mai da Federico, un inesistente pappagallo che incarna l’eterna ripetitività dell’azione artistica, e da Ernst Ludwig, il servo balordo, maltrattato per la sua bestialità, interpretato con efficacia da Emanuele Maria Basso. La signora Kant, proposta con garbata eleganza da Paolo Fosso, si staglia come una moglie sottomessa ma preziosa, disponibile ma puntigliosa, specie nel correggere le storture di forma. Un altro ruolo centrale è quello della bizzarra Milionaria, che Mauro Marino recita con sicurezza senza preoccuparsi di esibire i tratti maschili e la stupida pazzia di chi elargisce denaro per sentirsi un po’ invidiata e meno sola. Un buffonesco Ammiraglio che non vuole navigare, ruolo affidato a Giacomo Rosselli, gracchia racconti di contrade lontane e di un passato misterioso. La tipizzazione del Cardinale, reso da Massimo Lello, si sofferma sulla svagatezza e sulla trasgressività sessuale, rivolta verso l’inseparabile giovane segretario, che è Matteo Fresch. Il Collezionista d’arte, ruolo di Nanni Candelari, è circoscritto nella macchietta del sordo menomato. Gli altri personaggi definiscono un insieme caratterizzato dal divertimento e dalla leggerezza, per uno spettacolo sostenuto dalle musiche e dalle canzonette divertenti di Pivio&Aldo De Scalzi, reso vibrante da feste e conversazioni continuamente interrotte, fino all’apoteosi tragica di un finale in cui la condanna dell’umanità risulta totale.

 

Immanuel Kant
cast cast & credits
 


La locandina




 
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