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Sant’Oro

di Roberto Fedi
  Paperone
Data di pubblicazione su web 21/05/2010  

Qualcuno ci chiede di esprimerci sul fatto televisivo del giorno: che non è un programma nuovo, ma un copione vecchio. Stiamo parlando di Michele Sant’Oro, come lo abbiamo sempre scritto noi – profetici, datecene atto. Il quale esce dalla Rai con una buonuscita stramilionaria, e ci rientra dalla finestra visto che produrrà, da esterno, le cosiddette docufiction per la Rai, a costo di mercato come è stato detto. Quindi, a costi milionari.

 

Inutile rilevare che – lo sappiamo tutti – il Paese nella sua generalità è in crisi nera. Con tempismo notevole, la Rai, servizio pubblico pagato dai cittadini, e il suo Consiglio di Amministrazione scuciono pacchi di milioni di euro a uno che se ne va; mentre, come è noto, le buonuscite degli statali saranno congelate. E si tratta di spiccioli. Converrete che questi della Rai, tutti, sono dei fenomeni. E ci rimane, proprio ingenuamente, un dubbio: ma il contratto di Sant’Oro cosa prevedeva? Dieci milioni sull’unghia alla scadenza?

 

Da anni ci occupiamo di televisione, e siamo, o pensavamo di essere, abituati a tutto. Per carità. Il bello di questo Paese, e di questa Rai, è che tutto sembra scontato, più o meno: ma che questi qua trovano sempre il modo di sorprenderci. Fenomeni, ripetiamo.

 

Sant’Oro ha dichiarato (testuale), che è «convinto di aver agito ancora una volta nell’interesse del pubblico» (citiamo dal «Corriere della Sera»). Onestamente, pur cercando di fare dell’ironia (per caso il suo secondo nome è Pubblico?), non abbiamo parole.

 

Quindi, venendo alle vostre legittime richieste. Non ci esprimiamo, perché non vorremmo incorrere in una querela, e non abbiamo i milioni di Sant’Oro per gli avvocati. Ma voi ci conoscete, e qualcosa forse vi immaginate.

 

Beh: è ancora poco. Immaginatevi, se vi riesce, il peggio.







 
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